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Lettera aperta di 24 scienziati contro il nucleare

L'appello, sottoscritto da 24 tra ricercatori e professori di Universita' di tutta Italia (c'e' anche un ex ricercatore dell'Euratom), e' rivolto ai candidati governatori delle prossime elezioni regionali.
Non pubblichiamo la lettera che con belle parole invita a promuovere le energie rinnovabili, pubblichiamo l'allegato, dove si elencano e si spiegano i motivi del no al nucleare.
Buona lettura!

Energia per il futuro

Per leggere l'intero documento clicca qui

I motivi del no al nucleare
Come e' noto, il Governo centrale spinge per il ritorno dell’Italia al nucleare e l’ENEL ha stipulato un accordo preliminare con la ditta francese AREVA per l’acquisto di quattro centrali di tipo EPR da 1650 MW.
Per dar ragione di questa scelta si fa ricorso ad argomentazioni che a prima vista possono apparire fondate, ma che in realta' sono facilmente confutabili sulla base di dati ampiamente disponibili nella letteratura scientifica ed economica internazionale.
Si sostiene che l’energia nucleare e' in forte espansione in tutto il mondo, ma si tratta di un’informazione smentita dai fatti. Da vent’anni il numero di centrali nel mondo e' di circa 440 unita' e nei prossimi anni le centrali nucleari che saranno spente per ragioni tecniche o economiche sono in numero maggiore di quelle che entreranno in funzione. In Europa il contributo del nucleare alla potenza elettrica installata e' sceso dal 24% del 1995 al 16% del 2008. L’energia elettrica prodotta col nucleare nel mondo e' diminuita di 60 TWh dal 2006 al 2008. In realta', quindi, il nucleare e' in declino, semplicemente perche' non e' economicamente conveniente in un regime di libero mercato.
Se lo Stato non si fa carico dei costi nascosti (sistemazione delle scorie, dismissione degli impianti, assicurazioni), oppure non garantisce ai produttori di energia nucleare consumi e prezzi alti, il tutto ovviamente a svantaggio dei cittadini, nessuna impresa privata e' disposta ad investire in progetti che presentano alti rischi finanziari di vario tipo, a cominciare dalla incertezza sui tempi di realizzazione.
Negli Stati Uniti, dove non si costruiscono centrali nucleari dal 1978, il Presidente Obama, nel suo discorso di insediamento ha detto: “Utilizzeremo l’energia del sole, del vento e della terra per alimentare le nostre automobili e per far funzionare le nostre industrie”. La recente decisione del Governo americano di concedere 8,3 miliardi di dollari come prestito garantito ad un’impresa che intenderebbe costruire due reattori nucleari non modifica sostanzialmente la situazione. Obama e' evidentemente condizionato dalla fortissima lobby nucleare americana, capeggiata dalla Westinghouse che, volendo vendere all’estero i suoi reattori, deve costruirne almeno qualcuno in patria.
La notizia, peraltro, conferma la necessita' per il nucleare di ricevere aiuti statali ed e' accompagnata (si veda Chem. Eng. News 2010, 88(8), p. 8, February 22) da due interessanti informazioni: la Commissione di sicurezza ha riscontrato difetti nei progetti della Westinghouse e non ha dato il suo benestare alla costruzione dei reattori in oggetto, e l’Ufficio del Bilancio del Congresso ha manifestato preoccupazione perche' c’e' un’alta probabilita' che il progetto fallisca e vadano cosi' perduti gli 8,3 miliardi di dollari dei contribuenti.
Si sostiene che lo sviluppo dell’energia nucleare e' un passo verso l’indipendenza energetica del nostro Paese, ma anche questa e' una notizia falsa, semplicemente perche' l’Italia non ha uranio. Quindi, nella misura in cui il settore elettrico si volesse liberare dalla dipendenza dei combustibili fossili utilizzando energia nucleare, finirebbe per entrare in un’altra dipendenza, quella dall’uranio, anch’esso da importare e anch’esso in via di esaurimento.
Si sostiene che con l’uso dell’energia nucleare si salva il clima perche' non si producono gas serra. In realta' le centrali nucleari, per essere costruite, alimentate con uranio, liberate dalle scorie che producono e, infine, smantellate, richiedono un forte investimento energetico basato sui combustibili fossili.
In ogni caso, le centrali nucleari che si intenderebbe installare in Italia non entreranno in funzione prima del 2020 e quindi non potranno contribuire a farci rispettare i parametri dettati dall’Unione Europea (riduzione della produzione di CO2 del 17% per il 2020).
Si afferma anche che la Francia, grazie al nucleare, e' energeticamente indipendente e dispone di energia elettrica a basso prezzo. In realta' la Francia, nonostante le sue 58 centrali nucleari, importa addirittura piu' petrolio dell’Italia. E’ vero che importa il 40% in meno di gas rispetto all’Italia, ma e' anche vero che e' costretta ad importare uranio. Che poi l’energia nucleare non sia il toccasana per risolvere i problemi energetici, lo dimostra una notizia pubblicata su Le Monde del 17 novembre scorso e passata sotto silenzio in Italia: pur avendo 58 reattori nucleari, la Francia attualmente importa energia elettrica.
Secondo voci ufficiali, la costruzione (si noti, solo la costruzione) delle quattro centrali EPR AREVA che si vorrebbero installare in Italia, costerebbe complessivamente 12-15 miliardi di euro, ma la costruzione in Finlandia di un reattore dello stesso tipo si e' rivelata un’impresa disastrosa. Il contratto prevedeva la consegna del reattore nel settembre 2009, al costo di 3 miliardi di euro: a tale data, i lavori erano in ritardo di 3,5 anni ed il costo era aumentato di 1,7 miliardi di euro; ma non e' finita, perche' in novembre le autorita' per la sicurezza nucleare di Finlandia e Francia hanno chiesto drastiche modifiche nei sistemi di controllo del reattore, cosa che da una parte causera' ulteriori spese e ritardi e dall’altra conferma che il problema della sicurezza non e' facile da risolvere.
L’Italia non solo non ha uranio, ma non ha neppure la filiera che porta, con operazioni di una certa complessita', dall’uranio grezzo estratto dalle miniere all’uranio arricchito utilizzato nei reattori. Per il combustibile dipenderemo quindi totalmente da paesi stranieri, seppure amici come la Francia. Non bisogna pero' dimenticare che la Francia a sua volta non ha uranio e che per far funzionare i suoi reattori ne importa il 30% da una nazione politicamente instabile come il Niger.
C’e' poi il problema dello smaltimento delle scorie, radioattive per decine o centinaia di migliaia di anni, che neppure negli USA ha finora trovato una soluzione. E c’e' il problema dello smantellamento delle centrali nucleari a fine ciclo, operazione complessa, pericolosa e molto costosa, che in genere viene rimandata (di 100 anni in Gran Bretagna), in attesa che la radioattivita' diminuisca e nella speranza che gli sviluppi della tecnologia rendano piu' facili le operazioni. Si tratta di due fardelli che passano sulle spalle delle ignare ed incolpevoli future generazioni!
Il rientro nel nucleare, quindi, e' un’avventura piena di incognite. A causa dei lunghi tempi per il rilascio dei permessi e l’individuazione dei siti (3-5 anni), la costruzione delle centrali (5-10 anni), il periodo di funzionamento per ammortizzare gli impianti (40-60 anni), i tempi per lo smantellamento alla fine della operativita' (100 anni), la radioattivita' del combustibile esausto (decine o centinaia di migliaia di anni), il nucleare e' una scommessa che si protende nel lontano futuro, con un rischio difficilmente valutabile in termini economici e sociali.
Di fronte ad una domanda di energia sempre crescente, fino ad oggi la politica adottata in Italia e negli altri Paesi sviluppati e' stata quella di aumentarne le importazioni. Continuare in questo modo significa correre verso un collasso economico, ambientale e sociale.
Oggi la prima cosa da fare e' mettere in atto provvedimenti mirati a consumare di meno, cioe' a risparmiare energia e ad usarla in modo piu' efficiente. Autorevoli studi mostrano che nei paesi sviluppati circa il 50% dell’energia primaria viene sprecata e che l’aumento dei consumi energetici non porta ad un aumento del benessere, ma semmai causa nuovi problemi: in Europa nel 2008 gli incidenti stradali causati dall’eccessivo uso dell’automobile hanno provocato 39 mila morti e 1.700.000 feriti. E’ possibile diminuire i consumi energetici in modo sostanziale con opportuni interventi quali l’isolamento degli edifici, il potenziamento del trasporto pubblico, lo spostamento del traffico merci su rotaia e via mare, l’uso di apparecchiature elettriche piu' efficienti, l’ottimizzazione degli usi energetici finali. Anche in sede Europea, la strategia principale adottata per limitare la produzione di gas serra consiste nel ridurre il consumo di energia (20% in meno entro il 2020).
Quanto alle fonti di energia, l’Italia non ha petrolio, non ha metano, non ha carbone e non ha neppure uranio. La sua unica grande risorsa e' il Sole, una fonte di energia che durera' per 4 miliardi di anni, una stazione di servizio sempre aperta che invia su tutti i luoghi della Terra un’immensa quantita' di energia, 10.000 volte quella che l’umanita' intera consuma.
Una corretta politica energetica deve basarsi sulla riduzione degli sprechi e dei consumi e sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. Come e' gia' accaduto in altri paesi europei, una diffusa applicazione delle energie rinnovabili creerebbe in tempi brevi nuove imprese industriali ed artigianali e nuovi posti di lavoro.
Bisogna anche sottolineare che l’eventuale rientro nel nucleare, proprio a causa dei gravi problemi che pone e dei tempi che ipotecano largamente il futuro, non puo' avvenire senza il consenso politico della grande maggioranza del Parlamento e delle Regioni, alle quali spetta la competenza dell’uso del territorio.
L’espansione del nucleare non e' una strada auspicabile neppure a livello mondiale in quanto si tratta di una tecnologia per vari aspetti pericolosa. C’e' infatti una stretta connessione dal punto di vista tecnico, oltre che una forte sinergia sul piano economico, fra nucleare civile e nucleare militare, come e' dimostrato dalle continue discussioni per lo sviluppo del nucleare in Iran. Una generalizzata diffusione del nucleare civile porterebbe inevitabilmente alla proliferazione di armi nucleari e quindi a forti tensioni fra gli Stati, aumentando anche la probabilita' di furti di materiale radioattivo che potrebbe essere utilizzato per devastanti attacchi terroristici.
Infine, e' evidente che, a causa del suo altissimo contenuto tecnologico, l’energia nucleare aumenta la disuguaglianza fra le nazioni. Risolvere il problema energetico su scala globale mediante l’espansione del nucleare porterebbe inevitabilmente ad una nuova forma di colonizzazione: quella dei paesi tecnologicamente piu' avanzati su quelli meno sviluppati.