Un muratore su cinque tira cocaina

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(Le indagini incredibili di Michele Lanzacurte)

Questo mondo annega nella mancanza di senso della responsabilità. Qualunque imbecille può dire “io non sapevo” e finisce lì. No, testina, comandi tu e tu paghi i danni!

Sterminati panorami di desolazione galleggiano sulla nebbia chimica che avvolge la città. Un muratore su cinque tira cocaina. E poi ti stupisci se vengono giù i palazzi.
Mi chiamo Michele Lanzacurte. Di mestiere faccio l’investigatore privato.
E sono incazzato perché gli amici degli amici si sono comprati Telecom prendendo i soldi in prestito se la sono passata di mano in mano e alla fine l’hanno mollata agli spagnoli dopo averla spogliata e riempita di debiti. Di passaggio in passaggio hanno rastrellato soldi sufficienti a dar da mangiare al Burkina Faso per 10 anni. Per dargli da magiare aragoste vergini. Facile comprarsi la Telecom con i soldi a prestito… Volevo farlo anch’io ma nessuna banca mi aveva voluto aprire uno scoperto di conto corrente di una decina di miliardi di euro.
Le solite cazzate… A me hanno chiesto garanzie per prestarmi 10mila euro. Bastardi!
Però questa storia che io non avevo potuto comprare la prima azienda telefonica italiana mi bruciava. Perché io no? Io o un qualunque muratore che si fosse tirato troppa coca… Perché un po’ di mania di grandezza ci vuole per comprarsi tutti quei cavi con 80mila operai intorno.
Ma forse è sufficiente che vai in banca, fai vedere quanto è bella Afef e quelli se ne vengono nelle braghette e ti danno tutti i soldi che vuoi.
Insomma ero incazzato. Così accolsi come un segno di Dio il fatto che Guido Maria Giovanni Aleandro Rossi mi stesse davanti, col suo sorriso pacione, e mi stesse offrendo mille euro al giorno più le spese.
Voleva un’indagine riservata.
Interpretai come un’incredibile coincidenza il fatto che volesse pagarmi per scoprire chi e come aveva deciso di dare i miliardi ai coraggiosi compratori di Telecom… Voleva capire come mai le banche avevano dato i soldi, se c’era la complicità con D’Alema, se era tutta una finta per far comprare Telecom a Silvio, se veramente il Tronchetti faceva spiare politici e giornalisti oppure erano i servizi segreti che spiavano per conto loro, oppure la Cia. E cosa c’entravano i rapimenti di islamici cattivi, le fatture false, le agenzie che ingaggiavano mercenari per l’Iraq e i tipi loschi con l’alito pesante che si spacciavano per agenti dello Stato e magari lo erano… E pure la Serbia… Perché dare miliardi al dittatore slavo?
Insomma Guido Rossi voleva sapere tutto. Un maniaco. Durante l’indagine per il calcio truccato aveva voluto che io gli portassi tutte le foto di tutte le fidanzate e di tutte le mogli di arbitri, calciatori e figli di Moggi. Ovviamente nude.
Ovviamente gliele avevo procurate. Erano quasi tutte disponibili su internet. E’ la democrazia. I ricchi si sposano le super fighe ma tutti possiamo masturbarci guardandole.
Avevo due strade per risolvere il caso: impiegarci mille anni (che a 1.000 euro al giorno sono sempre un affare) oppure darmi una mossa.
Siccome sono un sentimentale escrementizio e odio usare il mio onore per pulirmi le zone intime posteriori decisi di darmi da fare.
Così uscii dalla sede centrale della Rossi & Rossi di Milano, arredata da architetti con l’ulcera che non avevano mai sperimentato un vero orgasmo, respirai profondamente quell’aria al profumo Apocalisse, pensai che solo dei pazzi possono vivere in un posto simile e meditai sulla situazione.
Una volta mia nonna mi aveva detto: dietro tutti i grandi uomini c’è una donna stupita.
Grande saggezza.
Non dovevo fare altro che trovare Afef e farla parlare.
L’unico problema era abbattere la decina di guardie del corpo che fanno la ronda intorno alla villa dove abita. Intendiamoci, i guardiani non erano un problema insormontabile. Col fondo spese di Guido Rossi avrei potuto noleggiare 40 ex militanti del Servizio d’Ordine del Casoretto e radere al suolo tutta l’area.
Ma come approccio mi sembrava esagerato. Ultimamente sto meditando sull’inutilità della violenza e sulla necessità di immaginare un paradigma esistenziale basato sulla qualità delle relazioni umane.
Quindi optai per una soluzione più complessa: Anita. Estrassi il cellulare e mentre mi recavo in un ristorante salutista dietro il grattacelo Pirelli, fissai un appuntamento con lei nella sua boutique in corso Garibaldi.
Anita è un travestito barese che una volta si è trovato nei guai con un giovane rampante che si era fatto troppa coca. Mi aveva telefonato, ero arrivato con una fiala di adrenalina e gli avevo salvato la pelle (al rampante).
A tempo perso faccio il pronto soccorso per gente che preferisce evitare gli ospedali e i giornali. Ho fatto sei esami di medicina e sono capace di cavare una cistifellea bendato. Ma preferisco non farlo perché generalmente la gente poi si incazza.
Dopo aver mangiato un tofu che avrebbe fatto resuscitare i morti (resuscitare e fuggire) andai dall’Anita e le dissi: “Devo parlare con Afef”.
“Niente di più semplice, stasera ti porto alla festa del Buby, lei passerà di certo”.
“Chi è questo Buby?” Chiesi io professionale.
“Uno ricco, etero, bruttino, con la mania di farsi le ragazzine e tanti debiti...”
“Anche tu con questa storia… Perché dici che è ricco se c’ha un pacco di debiti?”
“Michele… Ma come sei arretrato… Il solito paleo-leninista… C’è chi con i debiti è ricco e chi è povero… E’ una questione di savoir faire.” Lasciai perdere. Se Marx fosse rinato avrebbe dovuto riscrivere Il Capitale e intitolarlo Il Look.

Anita pretese di vestirmi elegante per la festa. Mi sentivo un sarcofago. Mettermi la giacca e la cravatta mi fa questo effetto. Arrivammo verso le 23 perché arrivare prima è da cafoni. Avevo una fame boia ma mi resi conto che le tartine del buffet facevano schifo. I ricchi con i debiti saranno anche furbi ma non sanno mangiare. Non hanno ancora capito che il salmone deve essere rosa salmone e non rosso aragosta. Se il salmone è rosso non è né emozionato né comunista, è tinto. E questo non è bene. Ma i ricchi con i debiti non ci fanno caso. Credono che tutto quello che costa caro sia buono. Per sapere cosa mangiano non usano il palato, guardano gli estratti della carta di credito. Poveracci…
Alla fine vedo Afef, tutta contornata da squaletti con la pancetta e la gastrite e tigresse con le labbra tumefatte. Avete presente quelle tipe talmente liftate e tirate che non possono mai abbassare le palpebre perché sennò gli si apre il buco del culo? Ecco quelle. Mentre mi avvicinavo a lei riflettevo sulla quantità incredibile di gente che era in quella sala solo grazie all’indulto di Bertinotti e C.
Non ci sono più i comunisti di una volta…
Da vicino è veramente uno schianto di ragazza… “Buona sera signora Afef, possiamo scambiare due parole in privato?”
Lei mi guardò di traverso come se fossi stato una cacca di cammello.
Io continuai a guardarla dritto negli occhi mentre immaginavo di essere Dio che ordina ai pianeti di iniziare a girare.
E’ una cosa essenziale nel mio lavoro. Quando parli a qualcuno DEVI essere assolutamente convinto di essere Dio.
E non è solo una questione di autostima. Lo devi sentire a livello cellulare.
Ti devi sentire come quando giochi a Doom (lo sparatutto videogame) usando i codici segreti che hai comprato da un ragazzino brufoloso che fa sesso solo col computer, e giochi in Modalità Dio, e sai che in qualunque momento puoi avere tutte le armi e tutta l’energia dell’Universo. E quando i demoni ti colpiscono i proiettili rimbalzano.
Ecco, se ti senti veramente Dio così, allora funziona.
Garantito. Mi sono trovato in  difficoltà solo una volta, con Silvio. Ma lì il problema è che anche lui è convinto di essere Dio. E’nata tutta una discussione che non finiva più “Dio sono io!” “No, Dio sono io.”…
Comunque Afef mi guarda, capisce che sono Dio, sente dentro una profonda emozione e mi risponde: “Certo!” Mi accompagna in una saletta al piano di sopra, chiude la porta a chiave e mi chiede: “Vuole anche che mi spogli?”. Succede sempre così, appena scoprono che Dio sei tu: vogliono provarti. Solo con le banche non funziona perché loro sono atee.
“Grazie, ma momentaneamente vado di fretta.” Fece un sorrisino deluso.
“Dimmi tutto quello che sai sulla Telecom, i rapimenti della Cia, le intercettazioni telefoniche eccetera.”
Mi guardò, sorrise e iniziò a parlare: “Dunque, in Italia ci sono due grandi gruppi di potere che a volte si menano a volte fanno affari insieme. Ognuno dei due ha i suoi cavalieri, i Re e i fanti. E’ come una partita a scacchi. Tu mi fai tenere le mie tv e io ti lascio arraffare l’Alitalia.” Sospirò e si scostò dagli occhi un meraviglioso ricciolo bruno.
“Ma ogni gruppo è composto da un nugolo di bande rivali e a volte una banda di qua si allea con una banda di là e il gioco si complica. Poi ci sono i pesci piccoli che corrono sotto i tavoli come ratti acchiappando le briciole e poi ci sono gli americani che si credono i padroni del mondo e non hanno tutti i torti. E tutta questa gente è impegnata 24 ore su 24 a vendere e comprare qualunque cosa, dalle fatture false, ai dossier fasulli, armi, cavalli, ville, autostrade. E sopra a tutto questo, dietro e intorno ci sono le banche… Ho reso l’idea?”
La guardai. Usai uno sguardo Dio, formato adesso mi girano le palle. Lei capì che le conveniva fare nomi e cognomi perché mi ero rotto i coglioni delle fregnacce. Li fece, in ordine alfabetico.
La mattina dopo andai da Guido Rossi e feci rapporto.
Alla fine disse: “Proprio come pensavo…”
Lo guardai.
Mi guardò.
Io parlai: “Guido, hai 5mila dipendenti e sei simpatico. Per 500 mila euro ti metto su un esercito di ex sessantottini ancora incazzati per la morte di Santarelli, che la polizia stese con un lacrimogeno, arruoliamo anche un migliaio di albanesi e polacchi, arrestiamo tutti i cattivi, nominiamo Del Piero capo del governo e il bene finalmente trionfa. Ti paghi tutta l’operazione mettendo uno scatto alla risposta su tutte le telefonate da cellulare alla rete fissa.”
“Merda.” Disse lui.”Ma non capisci che io…”
Non riusciva a dirlo.
Rimase lì con il dito alzato che faceva bbzz bzz grig grag con la bocca. All’inizio fui un po’ sorpreso dal fatto che anche Guido Rossi non fosse un essere umano. E mi chiesi pure chi aveva potuto sostituire il Guido Rossi vero e perché… Ma poi mi ricordai che ci sono troppi complotti, sottocomplotti e anticomplotti, perché sia possibile scoprire chi c’è dietro un complotto. Tutti fanno il triplo gioco e a metà del piano diabolico che hanno ordito si dimenticano da che parte stavano veramente all’inizio. Quindi me ne feci una ragione. Telefonai alla manutenzione. Dissi solo: “Coglioni, vi si è ancora grippato un androide. Cercate di ripararlo bene stavolta.”
Dall’altra parte mi rispose una voce femminile:
“Se hai scoperto che esiste un complotto planetario per farti il culo digita 1.
Se hai le prove che Bertinotti e D’Alema sono milanisti digita 2.
Se hai visto Berlusconi fare sesso con una o più presentatrici televisive, anche contemporaneamente, digita 3.
Se hai la copia dei documenti che dimostrano transazioni finanziarie tra Bush e Osama Bin Laden digita 4.
Se vuoi comunicare con un operatore buttati per terra e fai finta di essere morto. Un nostro incaricato ti contatterà direttamente.”
Misi giù. Adesso pigliavano anche per il culo!
Merda secca.
Me ne tornai a casa a esercitarmi a fare la faccia da Dio.
Non sarebbe stato bello come guidare un’epurazione alla testa di un esercito di reduci del ‘68 ed extracomunitari feroci, ma non sempre si può avere tutto dalla vita.
Mi consolai pensando che tutti quei bastardi prima o poi sarebbero morti.
E non gli sarebbe piaciuto per niente.
Certa gente non trova nulla di bello nel fatto di ricongiungersi con l’energia universale e passare i successivi miliardi di anni a cullarsi persi nelle correnti interplanetarie insieme a una massa incredibile di operai, contadini e servi della gleba. I ricchi hanno passato la vita a cercare di darsi un tono e a spendere fortune in ristoranti e hotel esclusivi per non incontrare mai certa gente. Quando arriva il momento di morire urlano di terrore.