Ecologia e Ambiente

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Notizie sull'Ecologia e sulla salvaguardia dell'Ambiente

Malintesi ecologisti. Se sprechi acqua in Italia NON aumenti la sete in Africa.

Ricevo questa lettera da Andrea:
Ciao Jacopo, leggo sempre cacao e uno degli ultimi numeri ha risvegliato un vecchio interrogativo: mio padre un giorno mi ha chiesto "si ok, l'acqua potabile è preziosa e in Africa non ne hanno, ma se io apro il rubinetto e ne faccio scorrere un pò quest'acqua pulita prima o poi torna al fiume/mare e la prossima acqua che getterò verrà dalla fonte e finirà ancora in mare. Cosa cambia per un africano che io la butti o meno? In una zona arida dell'Africa senza fonti continuerà a mancare, a meno che non mettiamo quella risparmiata in una botte e la portiamo lì."

Forse di primo acchito può sembrare un ragionamento banale, ma non sono riuscito a contraddirlo. Ho cercato anche sul web ma non ho trovato nessun discorso che colleghi lo spreco di acqua potabile in alcune aree del mondo alla mancanza in altre aree geograficamente molto distanti. L'unica possibilità mi è sembrata veramente quella del trasporto ma mi sembra poco convincente. Prendere l'acqua nelle Alpi caricarla su un aereo e portarla in un altro continente? Mah! Tu che sai essere conciso e chiaro potresti dedicare a questo argomento uno dei tuoi prossimi articoli? Te ne sarei grato.
Ciao, Andrea

Ecco la mia risposta
Andrea hai perfettamente ragione.
Il risparmio idrico noi lo sosteniamo perchè consumare più acqua vuol dire consumar più energia. Non certo perchè quella che sprechiamo noi la togliamo all'Africa.

Aggiungo che dire una cosa senza senso a fin di bene è controproducente.
Peraltro il problema idrico nei paesi del terzo mondo potrebbe essere facilmente risolto, abbiamo le tecnologie e anche qui c'è la convenienza economica a farlo.
Come?
Con i sistemi che si usano nelle oasi del Sahara. Captando l'umidità dell'aria semplicemente accumulando pietre sotto le quali c'è una cisterna, costruendo muri a secco e scavando tunnel faggare o qanat.
Spiega Pietro Laureano a Repubblica:"... le foggare, cioè i vecchi sistemi drenanti, vengono recuperate dal punto di vista funzionale ma spesso non si coglie l'importanza tecnica delle scelte tradizionali e così, sostituendo il cemento alle pietre a secco, finisce che il sistema si blocca e l'acqua non arriva più. Noi vogliamo ricostruire l'unità dei due elementi: estetica e funzionalità devono tornare ad essere una cosa sola". La foggara è una galleria sotterranea che permette di creare un flusso idrico in zone aride: una sorta di scivolo in pietra sepolto sotto uno strato di terra e capace di catturare e convogliare sia l'acqua delle piogge che l'umidità della notte. Secondo i dati di Ipogea, il centro studi di Matera sulle conoscenze tradizionali, nella regione sahariana del Touat- Gourara ci sono un migliaio di tunnel sotterranei drenanti per un totale di seimila chilometri e 300mila persone vivono ancora oggi grazie a quest'acqua. Anche negli altopiani iraniani l'80 per cento dell'acqua disponibile è fornito da 30mila chilometri di foggare. Sistemi analoghi si trovano in Cina, Giappone, Afganistan, Medio Oriente, Perù, Messico. Se si utilizzassero di più si potrebbero scavare meno pozzi, aiutando a salvaguardare le falde freatiche. E si risparmierebbe energia: non ci sarebbe bisogno di usare le pompe, visto che basta la forza di gravità." (http://dweb.repubblica.it/dweb/2008/02/09/attualita/attualita/062dun5846...)

per approfondire
http://it.wikipedia.org/wiki/Qanat
I libri di Pietro Laureano

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Il commento a questo articolo, di Fabio Silva, mi ha convinto che sono stato tropo estremo.
Silva mi fa osservare che in alcune zone d'Italia vi sono condizioni particolari che rendono l'acqua preziosa anche da noi. Ad esempio sulla costa romagnola c'è infiltrazione di acqua di mare nelle falde a causa dell'eccessivo consumo di acqua di falda.
In altre zone ci sono problemi di picco di consumi estivo quando c'è poca acqua.
Comunque, resta il succo di quel che volevo dire. Se non spreco acqua in Italia non aiuto molto chi ha sete nel Sahara.