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La formazione militare delle ragazze. Una situazione complessa.

Capitolo terzo

La ragazza bionda non degnò neppure di uno sguardo la mia faccia allibita e partì al contrattacco contro la sorella: “E’ stata Miriam a portarlo qui. Non io! Va bene? Io sono arrivata qui alle 4 del mattino. Sapevo che non c'eri ed ero da queste parti! Punto! E non avevo voglia di tornare a casa… Quando sono arrivata Miriam se ne stava andando. Mi ha detto che aveva da fare… Alle quattro del mattino. E poi voglio vedere se fai anche il terzo grado. Mi ha detto che c’era un uomo nel letto che però non mi avrebbe dato fastidio…” Mi guardò. “Mi ha detto che potevo stendermi sul materasso… Non è colpa mia se in questo cazzo di casa c’è un solo posto dove dormire. Mi sono stesa e mi sono messa a dormire.” Mi guardò di nuovo senza far trapelare niente su quanto era successo. Il viso assolutamente indifferente. Un’artista. “Ho dormito e poi sei arrivata tu urlando e mi hai accusata di aver infranto tutti i codici! E io non c’entro  un cazzo. E mi becco sempre le colpe tue e di Miriam!”
Interruppi la discussione: “Scusate: chi è Miriam?”
La biondina mi guardò stupita: “Miriam, mia sorella. Non la conosci?”
“Mi ha detto di chiamarsi Teresa…”
La donna in grigio sbotto: “Oh Santo Iddio! Ma quella è un’altra fuori di testa! Ma state ancora facendo i vostri giochini di manipolazione? No, io non ne posso più di voi due!”
La biondina si rifiutò di incassare l’accusa: “Senti Noemi: non mettere in conto a me quel che fa Miriam! Non parlare al plurale! Io non c’entro più con le sue storie del cazzo! Mi sono rotta di lei, delle tue sgridate, lasciatemi in pace!”
 

Si alzò portandosi via il piumone. Aveva addosso solo una maglietta. Se ne andò in bagno.
Restammo soli io e la donna in grigio.
Mi guardò. Ricambiai lo sguardo.
“Mi dispiace che tu sia restato coinvolto in questa rissa di famiglia.”
Avevo la testa pesante. Sospettai che Miriam-Teresa la sera prima mi avesse messo qualcosa nella vodka.
O forse erano solo i postumi dello stress.
La donna mi tese la mano: “Sono Noemi. Ester è mia sorella minore. Ho un po’ di problemi a gestirla. I nostri genitori non ci sono più e tocca a me fare da capofamiglia e imporre un minimo di regole. Mi dispiace per questo risveglio brusco…”
“Figurati!”
Mi osservò.
“Ma tu come sei capitato in questo letto?”
“E’ quello che vorrei sapere. Ieri è stata una giornata strana.” Non avevo niente da nascondere, non capivo nulla di quel che mi succedeva. Tanto valeva raccontare tutto e vedere se Noemi mi dava qualche informazione, magari per sbaglio...
Le raccontai della ragazza che mi chiedeva aiuto in sogno, del sito internet che si rivolgeva a me personalmente chiamandomi per nome e mi diceva di rispondere al telefono, della telefonata di una donna che mi diceva di scappare perché dei falsi poliziotti volevano uccidermi, l’incontro con Teresa-Miriam che mi aveva “salvato” con il suo scooter, la conferma su un blog di un mio vicino di casa dell’irruzione della polizia proprio nel mio appartamento, gli strani libri che avevo trovato in quella casa, con le copertine e le intestazioni delle pagine che non corrispondevano al contenuto.
“Una storia veramente assurda! E adesso cosa pensi di fare?”
“Non lo so. Vorrei capire cosa succede, perché questi presunti falsi poliziotti mi cercano… Sinceramente non mi sento a mio agio. Sono una persona normale, non frequento criminali, miliardari, agenti segreti, sette sataniche. Mi faccio i cazzi miei e parlo a bassa voce e ora mi capita tutto questo… Puoi capire che sono un po’ scioccato…”
Mi accarezzai il mento: “Questa è casa tua?”
“Si, come vedi la devo ancora arredare. Era dei miei genitori, l’avevano affittata. Ora gli inquilini se ne sono andati e mi sono trasferita qui io. Da una settimana.”
“E quei libri che ci sono di là? A che servono?”
“Quali libri?”
“In una stanza in fondo… Con una finestra piccola…”
“Non so di che libri parli. Fammi vedere…”
Mi alzai, mi infilai i calzoni dandole la schiena. Poi la guidai in fondo al corridoio. L’ultima stanza a destra. Aprii la porta. La luce del sole illuminava la stanza sufficientemente per vedere che i libri non c’erano più.
“Erano qui!”
“Se li sarà portati via Miriam. E’ fatta così. Lei è sempre in mezzo alle storie più incredibili del mondo. E’ una calamita naturale per spostati, guru, paranoici, teorici del complotto… Mi fa diventare pazza. Aveva giurato di piantarla ma per lei è una droga!”
Ci spostammo in cucina e lei iniziò a preparare un caffè.
“Miriam è sempre stata una ragazza ombrosa. Le perdite che ha subito l’hanno portata a cercare nel mondo dei medium, spiritismo, karma, reincarnazioni, riti magici, capoeira, paranormale insomma.”

Ester era uscita dal bagno completamente rivestita, aveva detto un ciao frettoloso e se n’era andata.
Dopodichè anche Noemi, la donna in grigio, era andata dietro ai suoi impegni.
Ero restato solo ad aspettare Miriam.
Sul tavolo, sotto una rivista c’era un piccolo cordless. Non l’avevo visto. Mi accorsi della sua esistenza solo quando iniziò a suonare e a vibrare. Risposi. Era Teresa, cioè Miriam:
“Giovanni…”
 “Ma dove sei finita?” Chiesi.
“Non ho tempo, segnati questo indirizzo: Via Cappuccini 8, terzo piano, interno 6. Ripeti.” Ubbidii automaticamente. “Corri subito, ti prego.” Poi riattaccò. Decisi che tanto valeva correre un altro rischio, dovevo capire che cosa stesse succedendo. Vicino alla porta c’era una sedia impagliata. Sopra una scatola di plastica, dentro la scatola c’era un mazzo di chiavi. Corrispondevano alla serratura blindata della porta d’ingresso. Le presi.

Il morto era essenzialmente morto non vi era discussone su questo.
Sono perfettamente in grado di riconoscere un uomo morto quando lo vedo.
Di Miriam nessuna traccia.
E quello era proprio morto come tutti comunisti ammazzati da Sukarno.
Sukarno non c’entra niente con questa storia ma rende l’idea di quanto fosse morto: tanto.
Assassinato era stato assassinato, con un colpo di pistola, probabilmente, alla nuca. Poi gli avevano pure piantato un coltello, per l’esattezza un kriss malese, di quelli con la lama a serpente, in mezzo alla pancia. Qualcuno doveva essersi incazzato parecchio.
La pelle intorno al foro del proiettile non era bruciacchiata, quindi il colpo era stato esploso da una certa distanza, perciò il morto non si era sparato da solo prima o dopo essersi piantato la lama nelle parti molli del corpo. Non aveva le braccia abbastanza lunghe per spararsi da solo alla nuca da una certa distanza… Ho visto abbastanza telefilm da saperlo.
Questa parte era abbastanza chiara.
Sul resto buio totale.
Ero arrivato all’indirizzo che Miriam mi aveva dato. La porta dell’interno 6 al terzo piano, era socchiusa. Ero entrato.
Appurato il decesso avevo perquisito sommariamente la casa.
Non trovai niente di rilevante. Per altro non sapevo neanche cosa cercare. Prima di perquisire però mi premunii di trovare un paio di guanti di pelle e infilarmeli. Erano in un cappotto blu appeso vicino all’ingresso. Mi fece un po’ di impressione infilarmeli perché molto probabilmente erano del morto. Poi ripulii attentamente il pomello della porta che avevo toccato entrando. Non mi limitai a lustrarlo. Ci misi sopra una bella dose di varechina e poi strofinai. Questo i telefilm non te lo dicono. Sfregando con un panno non si cancellano le impronte digitali. L’impronta digitale va sciolta nell’acido. E se la picchi è meglio.
Feci un giro per la casa. Era grande. Tre camere da letto. Una sola evidentemente abitata. Nessun altro morto neanche in un armadio.
Non trovai nulla di insolito.
Niente lettera con scritto: mi ha ucciso il vescovo di Milano.
Peccato.
In un angolo della stanza dove giaceva il morto c’era un pesce rosso che nuotava in una palla trasparente piena d’acqua. Frase ridondante visto che difficilmente un pesce nuota in qualcos’altro. Gli omicidi mi rendono pedante.
Lo guardai. Il pesce.
Ho sempre avuto pietà per i pesci rossi, creature che a causa della loro bellezza vengono chiuse in bocce asfittiche di vetro.
Guardai il pesce che si muoveva indifferente. Il corpo del proprietario della casa era scompostamente disteso sul tappeto Ikea color avana, insanguinato.
Supposi che fosse lui il proprietario del pesce.
Immaginai di notare un lieve sorriso increspare la bocca del pesce.
Le creature acquatiche sono parenti dei rettili e sono vendicative.
Ma sicuramente non era stato un componente della fauna ittica a piantare un coltello lungo due spanne nel ventre del cadavere dopo avergli sparato.
Avere un movente per uccidere non è sempre una prova di colpevolezza.
Il pesce non aveva le mani. Quindi non poteva accoltellare nessuno.
Anche questo era chiaro.

Ho sempre avuto feeling con gli animali.
Li rispetto e cerco di capirli.
E’ una cosa che anche i ragni e i serpenti percepiscono.
Ho girato per tanti anni in campagna con i sandali e non mi hanno mai morso. Ho fatto un patto mentale con loro: io non li uccido in nessun caso, loro non mi mordono.
Finora ha funzionato. Quando incontro un serpente ci guardiamo e lui lo sa. Dopodichè io vado da una parte e lui da un’altra.

Quindi provai a comunicare empaticamente con il pesce rosso.
Gli promisi che lo avrei liberato nel Naviglio. Speravo non facesse lo schizzinoso.
Gli chiesi mentalmente se mi poteva dare una descrizione dell’assassino.
Una foto telepatica.
I suoi occhi erano vuoti come un pomeriggio al centro commerciale a fare la corte a una ragazza che non ne vuole sapere mezza.
Non diede nessuna informazione utile. Non ci fu niente da fare.
Comunque mantenni la promessa.
Mi feci un chilometro a piedi per raggiungere il primo corso d’acqua urbano. Ci buttai dentro il pesce con l’acqua e mi parve che sgusciando via mi dicesse grazie. Ma non ci giurerei.
Lo so che è improbabile. I pesci non parlano. Oppure lo fanno a voce molto molto bassa.
Spaccai l’orribile cella sferica per pesci perché non potesse essere usata ancora contro un fratello.
Sapevo che con quel gesto avevo stabilito un patto con le creature acquatiche.
Ero abbastanza soddisfatto dell’impresa ma per il resto non sapevo cosa fare.
E avevo ancora voglia di capire che cosa stesse succedendo.
Decisi di ritornare nell’appartamento dove avevo passato la notte nello stesso letto con due donne diverse. (E per giunta sorelle).
Realizzai questo progetto sentendomi un po’ Mission Impossible e un po' pirla.

 

INDICE CAPITOLI

Capitolo 1 Ottima marmellata d’arance

Capitolo 2 Ragazze educate

Capitolo 3 Una situazione complessa

Capitolo 4 Agguati mentali

Capitolo 5 Eventi indecifrabili

Capitolo 6 La Fratellanza

Capitolo 7 Nera. Ma quanto nera?

Capitolo 8 Il tripudio della confusione

Capitolo 9 La Fortezza

Capitolo 10 Scatole dentro scatole dentro scatole

Capitolo 11 La Polizia Alchemica

Capitolo 12 Fisso il pensiero fisso

Capitolo 13 clicca qui

Capitolo 14 clicca qui

Capitolo 15 clicca qui

Capitolo 16 Pinin

Capitolo 17 Fine