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Perché in Iraq è in corso un massacro di civili di cui non parla nessuno?

Perché in Iraq è in corso un massacro di civili di cui non parla nessuno?

Chiunque abbia una minima infarinatura di storia sa che il modo più efficiente di combattere il terrorismo è quello di debellare la miseria e smetterla di foraggiare i dittatori.
Ma nonostante Obama sia da molti punti di vista un progressista non è riuscito a cambiare di molto l’essenza della strategia militare Usa. È stato un bene che abbia scelto di abbandonare la logica super interventista di Bush. Ma non è riuscito ad andare oltre. L’impegno Usa per lo sviluppo economico delle aree instabili continua a essere una frazione minima delle spese militari. E l’appoggio a politici locali antidemocratici e mafiosi continua ad essere forte (si preferisce finanziare carogne schifose perché è più facile corromperli).
Quando Obama fu eletto in molti sperammo che potesse portare un grande cambiamento. Oggi dobbiamo constatare che ci eravamo illusi. Obama ha ammorbidito la politica Usa ma non l’ha cambiata radicalmente, non ha messo al primo posto la solidarietà e la cooperazione. E ha fallito tutti gli obiettivi di pacificazione nelle aree di crisi. La strategia dei Bush ha generato mattatoi a tutt’oggi inarrestabili: Somalia, Afghanistan, Iraq... Obama ha la responsabilità di non essere riuscito a pacificare un solo teatro di guerra, anzi la situazione si è aggravata: la Siria è ormai un cumulo di macerie, la Libia e l’Egitto sono sull’orlo della guerra civile. Adesso non mandano più le truppe di terra, solo i droni: giovani statunitensi afflitti da tempeste ormonali guidano con un joystick, da uffici con aria condizionata e Coca Cola a volontà, aerei telecomandati che uccidono a migliaia di chilometri di distanza.
È come un videogame… E ogni tanto si sbagliano a fanno fuori qualche decina di donne e bambini… Da duemila metri di altezza sono tutti come formichine.
 
Vi ricordate i discorsi dei guerrafondai quando gli eserciti di Bush partivano per sconfiggere il terrorismo e punire le nazioni canaglia?
Dicevano che noi pacifisti eravamo pazzi a non capire che bisognava intervenire per salvare quei popoli.
Li hanno salvati?
Un milione di morti tra i civili, solo in Iraq. Gente uccisa dalla guerra e dai suoi effetti collaterali. Un calcolo a spanne, intendiamoci, nessuno è in grado di dire esattamente quanti sono stati i morti in questi dieci anni… Bel modo di liberare un popolo!

Ma bisogna dire anche che l’opposizione dei pacifisti è stata tenue. Dopo i grandi cortei, con una cosa come 100 milioni di persone scese in piazza a protestare, l’iniziativa pacifista si è affievolita.
È mancata la determinazione ma anche una chiara strategia per la pace.
Mi ricordo una leader dei Verdi che alla domanda in un'intervista televisiva: “Se non volete la guerra come pensate di fermare Saddam?” Rispose: “Non è compito nostro dire come fermare Saddam”.
E invece io credo che sia proprio compito nostro.
Dovremmo avere la voce per affermare che esiste un preciso livello di ricchezza economica e culturale dei popoli oltre il quale le dittature crollano, i fondamentalismi religiosi si ammorbidiscono, le donne acquisiscono parità di diritti, diminuisce il numero di figli, aumenta l’istruzione e i terroristi non trovano più giovani disperati da arruolare. E forse coinvolgendo dotti economisti e statistici potremmo anche calcolare quanto costa portare una nazione a questo livello di sviluppo sociale e umano.
E potremmo anche dimostrare che investendo la metà delle spese militari mondiali in sviluppo otterremmo la fine di tutte le guerre entro 10 anni. E il mondo diventerebbe veramente un bel posto dove vivere.
Perché le armi sono strumenti non solo orrendi ma anche antiquati e antieconomici al pari delle lampadine a incandescenza.
Ma perché i paesi industrializzati capiscano questo, comprendano che la politica di rapina e di speculazione contro i popoli più poveri è disastrosa e alla lunga conviene solo ai mercanti d’armi ci vorrà del tempo. E ancora milioni di morti.
Per fermare la guerra tocca che nasca un movimento pacifista che non si limiti a dire no alla guerra e servirà anche che qualche leader veramente amante della pace raccolga il grido di dolore dei popoli devastati dalle guerre.
Questo Obama non funziona, bisognerà aspettare il prossimo.
Ma soprattutto dovremo aspettare che un numero sufficiente di persone smetta di comprare i prodotti delle multinazionali che speculano sulla guerra.
Un grande passo in avanti lo avremo quando l’idea che si vota ogni volta che si fa la spesa sarà compresa da tutti gli amanti della pace.
È lì che sta il nostro grande potere, la forza dei consumatori etici uniti.
L’altro grande cambiamento indispensabile per fermare la guerra riguarda le materie prime e l’energia. Si deve diffondere la coscienza che razionalizzare i consumi, produrre energia dal sole, dal vento e dal mare, riciclare e riusare sono potenti strumenti di pace. Riciclare e produrre energia da fonti rinnovabili tolgono alla guerra di rapina la sua ragion d’essere.
Vuoi la pace? Installa un pannello solare!

Ma ancora sono poche le persone che ragionano in questo modo. Siamo fermi alle dichiarazioni accalorate e a qualche corteo nei grandi momenti di crisi. E se parli di consumo critico e ecotecnologie contro la guerra molti progressisti ti guardano strano.

Intanto proprio in questi giorni in Iraq si sta consumando un’immane massacro di civili. Due eserciti di pazzi sanguinari si stanno scontrando senza perdere occasione di compiere ogni sorta di crimine. Le truppe fondamentaliste islamiche massacrano i civili governativi, e le truppe governative vanno nelle case dei sunniti, prendono i giovani e li ammazzano.
Un grande orrore si sta consumando nell’indifferenza più totale e nel silenzio dei media.
Sulla situazione in Iraq e la storia di questa guerra ho scritto un articolo sul Fatto.