Dai una possibilità al cambiamento!
Inviato da Jacopo Fo il Mer, 03/13/2013 - 17:25Proporre per unire. Operare per costruire concretezza.
Trasformare l’incertezza in una grande occasione di riforma.
Ecco la nostra proposta come punto di partenza per una piattaforma di discussione che raccolga idee per un programma di leggi possibile per un governo progressista possibile, che vari finalmente riforme indispensabili per il Paese.
Chi crede nella possibilità concreta che la nostra nazione sia all’inizio di un grande percorso, e non sull’orlo di un baratro, oggi ha una possibilità.
Quello che ti chiediamo è di mandarci le tue proposte, menzionando in breve lo scopo e gli effetti.
Queste proposte saranno l’espressione del concreto desiderio e della concreta possibilità di vedere superato il clima di scontro e di stallo attuale, arrivando a un governo che sia vera rappresentatività del desiderio di riforme che gli elettori hanno espresso con il voto.
Abbiamo però poco tempo, e quindi pochi giorni per fare tutto questo, ma il gioco vale la candela. Aiutaci
Non vogliamo metterci a discutere dei grandi temi delle riforme “politiche” di cui si stanno occupando le segreterie di partiti e movimenti (finanziamento ai partiti, corruzione, legge elettorale, abolizione delle province eccetera) quello è territorio di mediazione tra le forze politiche.
Noi vogliamo occuparci di una parte specifica del possibile programma per un possibile governo.
Per maggiori informazioni su questo progetto clicca qui.
Ecco i primi contributi che abbiamo raccolto.
INDICE
- Efficienza della giustizia e garanzie per i consumatori
di Marco Marchetti, avvocato
Ridurre i tempi del processo civile concentrandone le fasi e rendendolo più snello. (CLICCA QUI)
Introdurre il garante dei contratti di massa per utenze e servizi di massa. (CLICCA QUI)
Snellire la burocrazia.
- Finanzia etica e microcredito
di Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica
UNA PROPOSTA PER LA FINANZA SOCIALE (CLICCA QUI)
Fabio Salviato fondatore e in passato presidente di Banca Etica e oggi Presidente di Sefea (Società Europea di Finanza Etica ed Alternativa)
PER UNA COSTITUZIONE E UN SUPPORTO AL MICROCREDITO IN ITALIA (CLICCA QUI)
- Efficienza dei controlli sulle merci
Dottor Corrado Giannone, tecnologo alimentare di Conal
Unificare i più di 20 organismi che vigilano sulla qualità della filiera alimentare (CLICCA QUI)
- Efficienza energetica e rilancio dell’occupazione
Maurizio Fauri - Presidente del Polo Tecnologico per l’Energia srl. Docente presso l’Università di Trento
Per lo sviluppo dell’efficienza energetica (CLICCA QUI)
Contributo di MARCO MARCHETTI, AVVOCATO
Ridurre i tempi del processo civile concentrandone le fasi e rendendolo più snello per decisioni più veloci. Introdurre il garante dei contratti di massa per utenze e servizi di massa – rendere possibile per le procure contabili recuperare i danni anche a carico dei privati che hanno beneficiato di un atto illegittimo del funzionario o dell’amministratore pubblico (oggi non prevista) – ed altro.
Proposte:
Niente sfascismi, e niente critiche facili a istituzioni o apparati dello Stato che sono ancora oggi garanzia di libertà, efficienza, competenza. Se, per esempio, è facile criticare la lentezza della giustizia civile ed è doveroso intervenire, non lo è per altri settori come la giustizia amministrativa, dove la giurisprudenza del Consiglio di Stato è baluardo di libertà e progresso civile, tutela dei valori fondanti: andate a leggere le sentenze sul tempo come bene della vita, sul danno da ritardo, sull’urbanistica, o la sentenza su Mantova del 2012 dove una orrida speculazione è stata interdetta utilizzando come paradigma del paesaggio italiano ed elemento identitario della nostra cultura un quadro del Mantegna come se fosse un codice!
Seguendo questo approccio ci sarebbero cose da fare facilmente e di grande rilevanza:
1. Garante dei contratti di massa
Scopo: introdurre una istituzione pubblica che tuteli la corretta esecuzione e interpretazione del contratto quando ha per oggetto beni o servizi di massa (energia, utenze, trasporti, comunicazioni, finanziamenti) sottraendoli alla contrattazione o alla predisposizione unilaterale del soggetto più normalmente più forte.
Effetti: moduli contrattuali predisposti per legge. Garante come Autorità Pubblica Indipendente che possa intervenire ripristinando legalità e corretta esecuzione con poteri autoritativi. Certezza al rapporto contrattuale, clima di fiducia dei cittadini nella fornitura dei beni primari.
2. Tutte le cariche pubbliche da assegnare mediante concorso
Scopo: aprire a competenze tecniche e ai giovani ruoli lasciati a soggetti compiacenti e selezionati sulla affidabilità politica e non sulla competenza.
Effetti: incentiva la cultura del merito e della competenza , erode la ingerenza partitica; eleva la qualità dell’attività.
Applicabile anche sulle società a partecipazione pubblica, di enti locali, amministratori, ecc.
3. Nuovo codice della responsabilità amministrativa, azione di danno erariale esperibile dalle Procure della Corte dei Conti anche a carico dei soggetti privati che si sono avvantaggiati dell’atto dannoso del funzionario.
Scopo: rendere coerente il sistema con i principi processuali del giusto processo. Introdurre l’azione per danno erariale esperibile anche nei confronti dei soggetti privati che si sono avvantaggiati dall’atto del funzionario produttivo del danno (oggi non prevista).
Effetti: processo più efficace, tempi più rapidi, recupero più efficace di somme oggetto di danni agli enti.
Come: introdurre un nuovo comma nell’art.1 della legge 14 gennaio 1994 n.20 “ art. 1 comma 4. L’azione è esercitabile anche in solido nei confronti dei soggetti privati che si sono avvantaggiati o hanno comunque beneficiato delle conseguenze dell’atto o del comportamento generatore del danno posto in essere dal funzionario responsabile. Il soggetto convenuto in giudizio potrà effettuare la chiamata in causa di altri soggetti obbligati al risarcimento del danno secondo le regole del codice di procedura civile”.
4. Introdurre un nuovo reato di truffa – “truffa di massa”.
Scopo: introdurre un deterrente più efficace al reato di truffa quando questa sia organizzata in danno di una massa di persone (truffa di massa) mediante una nuova figura di reato. Pene più severe, non perseguibile a querela, patteggiamento non consentito senza il risarcimento del danno.
Effetti: limita le truffe organizzate su vasta scala. Tutela meglio le vittime. Crea una concezione adeguata ai tempi, e alle esperienze negative che abbiamo visto in Italia. Si colloca nell’ambito della tutela di massa costituisce il lato penale dell’azione civile risarcitoria (class action dell’art.140 bis codice consumo).
5. Accessibilità gratuita e pubblicità di tutti i dati pubblici.
Scopo: rendere effettivo il principio di trasparenza; facilitare la trasmissione di dati e informazioni, incentivare una cultura della trasparenza anche in ambito privato;
mediante: la libera accessibilità, senza necessità di istanza e senza oneri, dei dati di tutti gli uffici pubblici (autorizzazioni, titoli abilitativi, proprietà, società, ecc.)
Effetti: rende trasparenti e circolabili tutti i dati. Non lede la privacy perché tocca dati accessibili attraverso procedure inutilmente più complesse (visure, istanze, ecc.)
6.Territorio ed edilizia.
Costituire i piani di risanamento del territorio al fine di provvedere alla bonifica sotto l’aspetto idrogeologico e paesaggistico; introdurre agevolazioni per l’adeguamento degli edifici e sistemi di alimentazione energetica da fonte non fossile, bonifiche dei materiali da costruzione, consolidamento antisismico, adeguamento a rischio idrogeologico; bonifica paesaggistica su piano di risanamento approvato dalla Soprintendenza. Rottamare per migliorare.
Riforma del sistema sanzionatorio amministrativo e penale. Allungare i termini di prescrizione del reato.
7. Riforma del processo civile.
Scopo: concentrare le fasi del processo civile, uniformarsi ai principi del processo del lavoro, rendere il ricorso al giudizio di cognizione ordinario l’eccezione, privilegiando schemi operativi desumibili dagli istituti alternativi caratterizzati da una snellezza e velocità maggiore (696 bis; 702 bis c.p.c.), inserire nuove norme sul rispetto dei termini per le istruttorie. Snellire i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo mediante da un lato l’obbligo di decidere subito sulla provvisoria esecuzione del credito (a tutela del creditore e per scoraggiare opposizioni dilatorie) e ridefinire i presupposti della stessa.
Effetti: velocizza i giudizi civili, rende effettiva la tutela dei diritti e dei crediti, rende più efficiente il sistema.
Come: privilegiare il ricorso all’istituto dell’accertamento tecnico preventivo ai fini della conciliazione mediante applicazione dell’istituto previsto dall’art. 696 bis codice di procedura civile, in tutti i casi in cui si debba accertare l’esistenza e/o la quantificazione di un credito derivante da contratto, atto unilaterale o atto illecito, mediante una perizia tecnica (ad es. appalti, sinistri stradali, compravendite, ecc.) .
Inoltre rendere indisponibile la scelta e quindi riservare al giudice (e non più al resistente) la decisione sulla applicabilità della procedura degli art.702 bis e seguenti del codice procedura civile (processo sommario di cognizione) ove il Giudice ravvisi la possibilità di definire la controversia mediante una istruttoria semplificata. In questo modo la fase istruttoria può essere molto più veloce escludendo istruttorie defatiganti. Il vantaggio sarebbe notevole.
Oltre a questo sarebbe opportuna la abolizione dell’istituto dell’interrogatorio formale (interrogatorio della controparte finalizzato alla sua confessione che in pratica è solo perdita di tempo. La confessione può essere data in altra forma e non sarebbe certo vietata: forma scritta).
Inoltre sarebbe opportuno responsabilizzare i CTU (consulenti tecnici di ufficio) al rispetto dei tempi per il loro lavoro e per il deposito delle relazioni che condizionano il giudizio, prevedendo l’automatica revoca dell’incarico in caso di omesso deposito nei tempi imposti dal Giudice salvo una sola proroga per giustificati motivi e per un tempo non superiore a trenta giorni. In caso di reiterazione della violazione del termine perentorio per il deposito della perizia il Consulente viene cancellato dall’albo dei CTU presso il Tribunale.
Infine sui crediti azionati mediante decreto ingiuntivo prevedere l’obbligo per il Giudice di pronunciarsi sulla provvisoria esecuzione alla prima udienza, prevedendo altresì l’obbligo di concedere la provvisoria esecuzione prevista dall’art. 648 c.p.c. qualora l’opposizione non sia fondata su prova scritta di fatti o atti estintivi modificativi o impeditivi del diritto azionato con il monitorio.
Come: Inserire una modifica all’art.648 c.p.cp. al primo comma come segue:” Il giudice istruttore, se l’opposizione non fornisce prova scritta di fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto azionato con il monitorio, deve concedere la esecuzione provvisoria del decreto con ordinanza non impugnabile”.
Contributo di UGO BIGGERI, PRESIDENTE DI BANCA ETICA
UNA PROPOSTA PER LA FINANZA SOCIALE: LOTTA AI PARADISI FISCALI – SEPARARE LE BANCHE COMMERCIALI DALLE BANCHE DI INVESTIMENTO - CREARE UN AZIONARIATO POPOLARE ED ABOLIRE L’IMPOSTA DI BOLLO SUI PATRIMONI INFERIORI A MILLE EURO – RIVEDERE L’ACCORDO DI BASILEA SUL RISCHIO BANCARIO SUPPORTANDO IL MONDO DEL NO PROFIT E REPUTANDOLO NON AD ALTO RISCHIO
Da “Cambiamo la finanza per cambiare l'Italia” - Alcune richieste al mondo politico
Prima delle elezioni la rete di Banca Etica ha lanciato l'appello “Cambiamo la finanza per cambiare l'Italia” contenente alcune domande in due direzioni complementari. Da un lato chiudere il gigantesco casinò finanziario che ci ha trascinato nella crisi, dall'altro favorire le esperienze di finanza etica e cooperativa. Riassumiamo due proposte per ognuna di queste due direzioni, su cui chiediamo un impegno concreto del prossimo governo. Un impegno per riportare la finanza a essere uno strumento al servizio dell'economia e dell'insieme della società, non un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi.
1. Contrastare i paradisi fiscali
Il problema. I paradisi fiscali hanno impatti devastanti tanto nel Nord quanto nel Sud del mondo. Dall'evasione fiscale alla fuga di capitali, dal riciclaggio alle attività criminali, dall'esasperare l'instabilità finanziaria a molti altri. L'approccio fino a ora seguito, a partire dall'identificare questi territori con l'isoletta tropicale di turno, si sono rivelati inefficaci.
Cosa fare. Introdurre la rendicontazione Paese per Paese (Country by Country reporting) dei dati contabili e fiscali delle imprese multinazionali. Queste ultime devono oggi riportare nei propri bilanci unicamente dati aggregati per macro-regioni. In questo modo è impossibile sapere se le imprese pagano in ogni giurisdizione le tasse dovute, quale sia il loro fatturato e via discorrendo. L'obbligo di pubblicazione dei bilanci Paese per Paese consentirebbe un decisivo salto di qualità nella lotta contro l'evasione fiscale, la corruzione, il riciclaggio e la criminalità organizzata.
Questa proposta è sostenuta da anni dalle reti della società civile internazionale, ma fino a poco tempo fa è rimasta confinata in ambiti accademici. Finalmente nelle ultime settimane l'Unione Europea ha fatto un passo in avanti così come alcuni Paesi in maniera autonoma, a partire dalla Francia. Parliamo quindi di una proposta facilmente implementabile, molto efficace e di grande attualità. Anche in ragione del peso dell'evasione fiscale e dell'economia illegale, l'Italia potrebbe agire da capofila su tale questione.
2. Separare le banche commerciali dalle banche di investimento
Il problema. Nel '29 le banche utilizzavano i risparmi dei correntisti per speculare in borsa. Dopo lo scoppio della crisi e gli enormi impatti sociali, gli USA hanno adottato una legge (Glass-Steagall Act) per separare le banche commerciali da quelle di investimento. La legge è stata abrogata a fine anni '90 sull'onda delle dottrine neoliberiste, il che ha dato vita alla nascita delle “banche universali”, in buona parte responsabili dell'attuale crisi. Parliamo delle istituzioni too big to fail che hanno di fatto ricattato i governi, costringendoli a giganteschi piani di salvataggio, quindi a socializzare le perdite dopo che i profitti erano rimasti in mani private. Oggi diversi conglomerati finanziari hanno un fatturato superiore al PIL del Paese dove sono registrati.
Cosa fare. Proposte di separazione delle banche commerciali dalle banche di investimento sono allo studio in numerosi Paesi. All'interno della legge di riforma della finanza voluta dalla prima Amministrazione Obama (il Dodd-Frank Act), una regola (la Volcker Rule) va esattamente in questa direzione. Analogamente, dei progetti di legge sono stati presentati in Francia, Germania e Regno Unito4, e la discussione è portata avanti anche in sede di BCE. Nuovamente, l'Italia potrebbe dare un segnale di grande importanza adottando una misura che serva anche come apripista in Europa.
3. Azionariato popolare
Il problema. Il governo Monti ha introdotto con l'ultima legge di stabilità un bollo sul deposito titoli, prevedendo un'imposta minima di 34,20 euro anche per gli investimenti al di sotto dei 1.000 euro. Di fatto vengono pesantemente penalizzati i piccolissimi risparmiatori, e di conseguenza il mondo cooperativo. Chi acquista poche azioni per partecipare alla vita di un'impresa è costretto a pagare un'imposta in proporzione elevatissima. In pratica l'investimento finanziario viene ridotto alla sola ricerca di un profitto, mentre si penalizzano le esperienze di partecipazione e di democrazia economica e nello specifico il mondo della finanza etica e cooperativa.
Cosa fare. Il gettito che deriva dall'imposta di bollo sotto i 1.000 euro è molto basso, e rischia di diventare trascurabile in breve tempo, visto che una tale imposta costringerà moltissimi piccoli azionisti a dismettere le proprie partecipazioni. Il gettito ricavabile, inoltre, potrebbe facilmente essere compensato da una diversa modulazione della tassazione, in un'ottica di progressività e giustizia fiscale. Si chiede quindi l'immediata abolizione dell'imposta di bollo sui patrimoni inferiori ai 1.000 euro, come previsto dalla normativa italiana fino a fine 2012 e come richiesto da diversi parlamentari anche in sede di discussione dell'ultima Legge di stabilità.
4. Basilea per il sociale
Il problema. L'accordo di Basilea II sul rischio bancario prevede che le banche debbano tenere da parte un certo ammontare di capitale per ogni prestito erogato. L'ammontare è fissato all'8% del prestito, ma viene poi pesato a seconda del rischio. Così per i finanziamenti più sicuri basta il 50% di questo 8%, per quelli più rischiosi l'assorbimento di capitale sale. La traduzione in Italia delle norme di Basilea II ha previsto che il mondo del no profit sia considerato a massimo rischio, con un assorbimento di capitale del 100%. Questo pone enormi freni all'accesso al credito alle organizzazioni del terzo settore. Quelle che negli ultimi anni hanno mostrato una maggiore resilienza alla crisi e una capacità di creare posti di lavoro ed economia. Non solo. Il terzo settore si è dimostrato almeno altrettanto affidabile di quello “tradizionale”. La stessa Banca Etica lavora da quindici anni finanziando prioritariamente il no profit, e con tassi di sofferenza nettamente inferiori alla media del sistema bancario italiano.
Cosa fare. In altri Paesi europei l'implementazione dell'accordo di Basilea è differente, e in particolare il mondo del no profit è assimilato alle piccole e medie imprese, con un assorbimento di capitale del 75%. Una simile misura darebbe enorme stimolo tanto alla finanza etica e cooperativa quanto allo stesso terzo settore. Il recente rapporto Liikanen commissionato dall'UE, sottolinea il ruolo cruciale svolto dalle banche etiche e cooperative per uscire dalla crisi.
Andando oltre, negli ultimi anni sono circolate proposte per tenere conto anche del rischio e degli impatti ambientali nella valutazione complessiva di un prestito bancario, premiando nell'accesso al credito le imprese sostenibili e penalizzando chi inquina di più. Uno strumento concreto di politica economica per favorire le imprese più innovative e lavorare nella direzione della tanto sbandierata green economy, il tutto a costo zero per le casse pubbliche.
Contributo di FABIO SALVIATO, PRESIDENTE DI SEFEA
PER UNA COSTITUZIONE ED UN SUPPORTO AL MICROCREDITO IN ITALIA
COME: COSTITUZIONE DI UNA BANCA PER IL MICROCREDITO
“Banca per il Microcredito”
Il promotore
L’idea di creare una Banca per il Microcredito in Italia nasce da SEFEA, Società Europea di Finanza Etica ed Alternativa, braccio operativo di FEBEA, Federazione Europea delle Banche Etiche ed Alternative, che rappresenta le banche etiche europee. SEFEA opera a livello europeo per il sostegno della finanza etica, e dal 2010 sta lavorando con il FEI – Fondo Europeo Investimenti – per convogliare in Italia parte dei fondi europei a disposizione per l’ampliamento del mercato del microcredito locale.
Obiettivo Generale
SEFEA ha maturato l’idea di creare una Banca per il Microcredito in Italia in seguito all’analisi di tre diverse
constatazioni.
La prima riguarda la definizione di microcredito: il microcredito è uno strumento di sviluppo del potenziale e dell’autonomia delle persone che rovescia la pratica bancaria convenzionale e crea un sistema bancario basato sulla fiducia, sulla responsabilità, sulla creatività e partecipazione.
Oggi invece varie sono le forme di microcredito che vengono realizzate in Italia, ed il rischio che si sta correndo è che il reale significato di questo strumento finanziario venga perso, interpretando sempre più frequentemente il microcredito come un semplice intervento finanziario di “ridotto importo”.
La seconda constatazione riguarda l’elevata domanda potenziale di microcredito in Italia che rimane insoddisfatta perché non vi è una adeguata offerta. Un’analisi di carattere quantitativo del mercato del microcredito nazionale è stata sviluppata dalla dott.ssa Marine Hainguerlot, dell’università di “Paris Est Créteil Val de Marne” nel 20101 che ha messo a confronto il mercato del microcredito in 7 paesi europei (Germania, Belgio, Spagna, Finlandia, Francia, Italia e Regno Unito). Dalla ricerca è emerso che il valore del mercato potenziale più elevato, in termini di numero di microcrediti, si trova in Italia, sia a causa di un tasso di rischio di povertà che è il più elevato tra gli altri paesi, sia per la maggiore propensione della popolazione ad avviare un’attività autonoma, avendone ovviamente le possibilità.
Dal lato poi dell’offerta, è emerso che l’Italia ha un tasso di penetrazione nel mercato (ovvero la capacità dell’offerta di soddisfare e rispondere alla domanda) più basso rispetto agli altri paesi: il tasso di penetrazione in Italia è pari a 0,34%, ovvero trova risposta in Italia solo lo 0,34% della domanda di microcredito, a fronte di una media europea del 17% (media semplice tra i tassi di penetrazione di 7 paesi presi in esame).
La terza constatazione riguarda le nuove modifiche del Testo Unico Bancario (rif. Art. 111 del TUB), che come è noto, permetteranno anche agli enti no profit di erogare direttamente microcrediti, e di gestire autonomamente tutto il processo del credito. Tali modifiche pur introducendo una grande riforma in quanto riconoscono il microcredito come strumento finanziario e ne permettono la diffusione a costi probabilmente più bassi rispetto ad oggi, dall’altro lato però apriranno una serie di criticità legate alla gestione del microcredito stesso.
Gli enti no profit, anche i più avanzati in termini di organizzazione e struttura, risultano infatti oggi privi di quelle nozioni di tipo finanziario che permettono una buona gestione del credito, del rischio di credito, delle politiche dei tassi, ed è per questo che devono essere accompagnati sia nel processo di reperimento dei fondi sia nel processo del credito.
L’obiettivo che ci si pone è quindi quello di dar risposte concrete a questi 3 punti, ovvero:
1. riportare il microcredito al suo originale significato, cioè quello di strumento finanziario di sviluppo locale ed empowerment sociale che, dando risposte concrete ai bisogni riscontrati, possa attivare circuiti virtuosi di inclusione sociale e finanziaria
2. migliorare la performance dell’Italia in termini di risposta al bisogno di microcredito.
3. creare uno strumento che possa dare adeguata consulenza alle reti sociali che potrebbero avere in futuro la possibilità di gestire processi di microcredito.
Per raggiungere tale obiettivo i promotori dell’idea vogliono quindi promuovere lo sviluppo di una banca a vocazione nazionale che, attraverso il supporto delle reti sociali già attive in Italia nella lotta all’esclusione finanziaria e sociale, possa favorire una rete di servizi di micro finanza (quindi non solo microcredito, ma anche micro risparmio e micro assicurazione), rivolta alle fasce della popolazione che soffrono l’esclusione finanziaria.
Modello Operativo
Il modello operativo del progetto si basa sulla costituzione di banca dedicata alla micro finanza, che offra da un lato strumenti di microcredito sociale e imprenditoriale (importo < € 25.000), dall’altro lato offra prodotti di gestione per il micro-risparmio e le micro-assicurazioni, oltre ad un servizio di consulenza e sostegno.
Tale banca dovrà avere una struttura leggera che lavori IN RETE, appunto con i network sociali; la scelta dei promotori di sviluppare uno strumento che applichi il modello reticolare nello sviluppo degli interventi è legata alla capacità di tale modello di superare i limiti che possono sorgere qualora un ente a carattere nazionale realizzi interventi a carattere locale, permettendo così di aumentare l’efficienza e l’efficacia degli interventi in loco.
La banca potrebbe ispirarsi a quanto già sta facendo “Microbank la Caixa”, una banca spagnola che offre prodotti e servizi finanziari su misura per le esigenze dei micro-imprenditori e delle famiglie per aiutare:
la promozione delle attività produttive e la creazione di posti di lavoro attraverso il sostegno finanziario ai liberi professionisti e ai microimprenditori;
al lavoro autonomo attraverso la creazione di piccole imprese grazie allo strumento del micro-credito per i nuovi imprenditori
il supporto alle famiglie e ai singoli, rispondendo alle loro esigenze e facilitando il superamento delle difficoltà temporanee.
l’inclusione finanziaria, offrendo nuovi servizi bancari ai clienti attraverso la rete commerciale disponibile diffusa.
Dalla sua nascita (2007), Microbank la Caixa ha prestato circa 128.000 microcrediti per un totale di circa 800 milioni di euro; la raccolta per tale attività è fornita dalla Banca per lo Sviluppo del Consiglio Europeo (CEB Bank) che ha erogato alla Caixa 3 finanziamenti per un totale di 180 milioni di euro, mentre la copertura della garanzia è data dal FEI – Fondo Europeo d’Investimento.
I numeri della Banca2
Sulla scia e sull’esempio quindi della Microbank la Caixa, la Banca per il Microcredito avrebbe come obbiettivo:
l’erogazione di 50.000 microcrediti imprenditoriali nell’arco dei primi 5 anni di attività
la creazione di circa 100.000 nuovi posti di lavori, ivi compreso l’emersione del lavoro irregolare.
Relativamente al funding necessario per realizzate tale progetto, la banca richiederebbe :
una immissione di capitale sociale iniziale di circa 50 milioni di euro
una raccolta di fondi a debito iniziali di circa 200 milioni di euro.
Il Funding potrebbe essere intercettato dalle istituzioni europee ed italiane quali:
Fondo Europeo Investimenti
Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa
Cassa Depositi e Prestiti
Il target di riferimento
I beneficiari di microcredito in Italia sono i cosiddetti soggetti “non-bancabili” ovvero tutti quei soggetti che soffrono una situazione di esclusione finanziaria.
L’esclusione finanziaria ovvero l’impossibilità di avere accesso agli strumenti bancari e finanziari, anche ai più basilari quali i conti correnti (in Italia si stima che 1 famiglia su 4 non è titolare di conto corrente), è legata a vari fattori:
aumento del livello di povertà assoluta e percepita – oggi molte più famiglie vivono al di sotto della soglia di povertà o sono molto vicini alla soglia, a causa dell’aumento del livello di disoccupazione da un lato e dell’abbassamento del potere di acquisto dal’altro;
fattori culturali legati prevalentemente all’appartenenza ad etnie diverse, che rendono difficile il crearsi di un rapporto fiduciario tra il soggetto richiedente e il soggetto erogante un servizio finanziario;
fattori legati all’incertezza del mercato del lavoro che sempre meno fornisce adeguate garanzie per l’ottenimento di prodotti finanziari.
Efficienza dei controlli sulle merci
Dottor Corrado Giannone tecnologo alimentare di Conal
Razionalizzare il sistema ed evitare sovrapposizioni.
In Italia sono presenti più di 20 enti che a diverso titolo hanno competenza in materia di controllo della filiera alimentare, che perdipiù dipendono da diversi diversi (Ministeri della Salute, Politiche Agricole, Sanità, Economia ai quali vanno aggiunti entità sotto il controllo di regioni, province e comuni). Sarebbe il caso di istituire un solo organismo autonomo dai ministeri e da altri enti che vigili sull’intera filiera alimentare. Questo porterebbe maggiore efficienza e minori costi.
Contributo di Maurizio Fauri - Presidente del Polo Tecnologico per l’Energia srl – Università di Trento
Documento programmatico per una nuova politica energetica.
UNA LEGGE CHE IMPONGA L’EFFICIENZA ENERGETICA E UN NUOVO COMPORTAMENTO DEI CITTADINI PER RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO DEL PAREGGIO ENERGETICO
Il problema dell’energia in Italia, come nel resto del mondo, dipende da due fattori fondamentali:
dalle modalità di consumo;
dalle tipologie di produzione.
I due settori, del consumo e della produzione, si intrecciano spesso nelle discussioni, senza distinguere le modalità di intervento e mescolando tra loro rimedi e soluzioni. Sono due punti completamente distinti, da trattare separatamente anche da un punto di vista concettuale.
Il miglioramento della produzione e la distribuzione dell’energia ha una implicazione quasi esclusivamente tecnologica, mentre il consumo, nonostante possa essere "aiutato" dalla tecnologia, ha intrinsecamente un aspetto antropologico elevato attraverso gli usi, le abitudini, l’educazione, ecc..
Si pensi che il consumo medio annuale di energia elettrica pro-capite in ufficio (5.000 kWh/anno) è 5 volte superiore rispetto a quello domestico (1.000 kWh/anno) e cresce fino a 7 volte nel caso delle banche.
Quando si parla di energia è fondamentale, prima di tutto, agire sulle modalità di consumo. È uno spreco inutile cercare nuove fonti di energia per riscaldare case senza isolamento o con “le finestre aperte”. Occorre “chiudere le finestre” e isolare bene le case prima di pensare ad altre forme di energia. In altre parole occorre assumere la coscienza che l’energia è un bene primario che non va assolutamente sprecato. A nulla serve sostituire le vecchie lampadine a incandescenza con nuove lampade fluorescenti compatte a basso consumo se poi si lasciano comunque sempre accese anche quando non servono.
Ma vediamo l’attuale situazione italiana dei consumi e cerchiamo di capire come sia possibile intervenire distintamente per questi due settori.
I CONSUMI ENERGETICI IN ITALIA
Le forme di utilizzo dell’energia possono essere dirette (utilizzando i combustibili fossili per generare calore e/o movimento) oppure indirette (utilizzando i combustibili fossili per produrre energia elettrica che poi viene impiegata a sua volta per altri usi). In ogni caso l’impiego dell’energia richiede sempre una trasformazione fisica (per es. da energia chimica ad energia termica o meccanica od elettrica) e quindi delle perdite legate sia al rendimento della trasformazione che della distribuzione.
Per confrontare i consumi indipendentemente dai rendimenti di trasformazione e distribuzione ci si riferisce al valore di “energia primaria” ossia alla quantità di energia adoperata alla fonte (all’inizio della catena di trasformazione) per soddisfare i consumi finali. Per comodità di confronto i consumi vengono quindi convertiti nell’unità di misura corrispondente alle tonnellate equivalenti di petrolio (TEP) che identificano l’energia primaria effettivamente o potenzialmente consumata. Qualche volta l’energia primaria si esprime anche in tonnellate equivalenti di carbone (TCE dall’inglese tonne of coal equivalent)
Ad esempio, per produrre una unità di energia elettrica (1 kWh) con un ciclo termoelettrico occorrono circa 2,3 unità (2,3 kWh) di energia primaria (ossia di combustibile fossile). Sapendo che l’energia contenuta in un litro di petrolio è di circa 10 kWh, ogni 4,3 kWh di energia elettrica consumata, si brucia un litro di petrolio. Un consumo elettrico mille volte superiore pari 4.300 kWh (si consideri che il consumo medio di energia elettrica di una famiglia italiana è di circa 3.300 kWh all’anno) si brucia una tonnellata di petrolio di energia primaria (1 TEP).
Per ogni TEP di energia primaria si emettono poco più di 3 tonnellate di CO2 nell’ambiente.
La quasi totalità dell’energia in Italia viene consumata per un terzo dal settore residenziale, un terzo dall’industria ed un terzo dai trasporti.
Il consumo di energia primaria in Italia è attorno a 180 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (MTEP).
Per quanto riguarda il costo dell’energia si possono fare due valutazioni considerevolmente diverse.
1. Costo alla produzione. Il costo all’origine del gas naturale si aggira intorno a 0,35 €/m3, mentre il petrolio è valutato circa 0,46 €/litro (considerando un prezzo di 90 $/barile ed un cambio Euro/Dollaro pari a 1 € = 1,3 $). Con questi valori, in base alla ripartizione dei consumi tra gas e petrolio, ne risulta un costo della bolletta energetica nazionale intorno a 70 miliardi di Euro all’anno.
Al prezzo dell’energia all’origine, l’efficienza energetica sarebbe remunerata con un valore di circa 0,04 €/kWh.
2. Costo al consumo. Il prezzo all’ingrosso del gasolio per riscaldamento comprensivo di accise e tasse (circa 50%) è di circa 1,45 €/litro. Il gasolio per autotrazione ha un costo di circa 1,7 €/litro (sempre comprensivo di una tassazione pari al 50%), mentre un litro di GPL costa 0,87 €. Il costo del gas naturale per un consumatore domestico è di circa 0,9 €/mc. Con questi costi al consumo, la spesa energetica vista dal lato dei consumatori diventa superiore di (3÷4) volte e quindi si aggira intorno a 250 miliardi di Euro.
L’efficienza energetica sarebbe remunerata con un valore di 0,14 €/kWh.
Già nel 2006, il piano di azione della Commissione Europea prevedeva una possibile riduzione dei consumi del 28% che porterebbe ad un risparmio tra 60 e 80 miliardi di Euro all’anno.
INTERVENTI DI RISPARMIO ED EFFICIENZA ENERGETICA
La riduzione dei consumi attraverso l’incremento dell’efficienza ed il risparmio energetico deve essere prodromica ad ogni intervento di produzione di energia con fonti rinnovabili o alternative.
Dal lato dei consumi, l’abbattimento delle emissioni di gas serra legate all’utilizzo dell’energia da fonte fossile può avvenire attraverso provvedimenti educativi, strumenti di incentivazione, nuove tecnologie, interventi legislativi, partecipazione e condivisione degli obiettivi.
Una drastica e sostanziale riduzione dei consumi è conseguibile, non solo con interventi tecnici e con il miglioramento delle tecnologie, ma deve essere necessariamente accompagnata da un forte cambiamento di mentalità, secondo quanto espresso anche da A. Einstein: “...non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che lo ha generato...”.
Per capire le potenzialità degli interventi di efficienza e risparmio energetico per la riduzione dei consumi, si riportano delle considerazioni di massima per alcuni macrosettori di intervento.
Energia termica per uso residenziale
Questo settore è quello con i margini di intervento più promettenti, considerato che nel corso dei prossimi decenni, con interventi di risanamento edilizio, nuove costruzioni ad elevata efficienza e modifica dei regolamenti edilizi, i consumi medi si potrebbero ridurre a valori inferiori della metà rispetto agli attuali con un potenziale contenimento dei consumi del (30÷40)%, corrispondente a circa 20 MTEP di energia primaria risparmiata e 60 milioni di tonnellate di CO2 di emissioni evitate.
Nell’ambito degli edifici esistenti, le azioni prioritarie di efficienza devono mirare a:
· incrementare il livello di isolamento termico degli involucri edilizi attraverso la coibentazione delle pareti e delle coperture e la sostituzione degli infissi;
· migliorare i rendimenti degli impianti termici, tramite la sostituzione dei generatori di calore obsoleti, con riferimento sia alle caldaie individuali che alle caldaie condominiali.
Per quanto concerne le nuove edificazioni, assume una particolare importanza la realizzazione di tutti i nuovi edifici pubblici ad emissione zero o quasi zero, la diffusione del teleriscaldamento a biomassa e l’applicazione degli impianti geotermici a bassa entalpia per il riscaldamento invernale ed il raffrescamento estivo.
I valori indicati sono realistici e facilmente dimostrabili dai risultati pratici ottenuti con i sopralluoghi ed i piani di efficienza energetica già realizzati per decine di Amministrazioni pubbliche del Centro Nord.
Energia elettrica
Grazie allo sviluppo di nuove tecnologie (come per es. l’illuminazione a LED, i sistemi elettronici di regolazione, la domotica, ecc.) è realistico ipotizzare, in uno scenario futuro, che i consumi di energia elettrica per uso civile si riducano del (35÷40)%, (ciò è giustificato dal fatto che oggi una quota parte consistente dell’energia viene utilizzata per la climatizzazione), quelli del settore industriale del (38÷42)% e dell’agricoltura del (25÷30)%.
Il 75% dei consumi elettrici industriali è dovuto al funzionamento dei motori elettrici. Risulta evidente, quindi, che una scarsa efficienza dei motori si ripercuote in modo considerevole sui consumi energetici. Inoltre, è importante tener presente che, mediamente, i costi di acquisto e di manutenzione dei motori elettrici rappresentano solo il 5% dei costi complessivi associati al loro ciclo di vita, mentre il restante 95% è costituito dalle spese connesse al consumo energetico. Si tenga presente che ad oggi non esiste alcuna normativa tecnica o legislazione che imponga un grado di efficienza minimo per i motori elettrici sia per applicazione industriale che civile.
La riduzione dei consumi di energia elettrica in ambito industriale è conseguibile tramite il rinnovo dell’attuale parco dei motori elettrici e l’impiego di elettronica di potenza (inverter), nelle numerose applicazioni che richiedono la variazione della velocità di rotazione delle macchine operatrici per rispondere alle diverse esigenze del processo produttivo (sistemi di pompaggio, ventilatori, compressori d’aria, gruppi frigoriferi, ecc.).
Nel settore industriale, fra le misure di miglioramento dell’efficienza energetica, assume una particolare rilevanza anche la cogenerazione (produzione combinata di energia elettrica e calore), le cui potenzialità, quale strumento per la riduzione dei consumi, risultano, ad oggi, sfruttate in minima parte.
Con un risparmio medio del 25% per i consumi elettrici, si ottiene una riduzione di quasi 80 TWh (ottanta miliardi di kWh che corrispondono a circa 20 MTEP) evitando l’emissione di oltre 50 milioni di tonnellate di CO2.
Trasporti
Insieme al riscaldamento degli edifici, questo è il settore dove si ha un’altissima percentuale di uso diretto dei combustibili fossili.
Proponendo dei provvedimenti legislativi per nuove e importanti realizzazioni e incentivazioni per il trasporto pubblico, per il miglioramento energetico dei mezzi di trasporto (il consumo medio delle auto a combustione può scendere da 10 litri/100 km a 5 litri/100 km e il consumo medio dei mezzi commerciali si può ridurre da 15 litri/100 km a 10 litri/100 km), si può prospettare uno scenario della mobilità al 2020 in grado di raggiungere una riduzione superiore al 30% rispetto agli attuali consumi.
Si consideri poi che il futuro dell’auto sarà elettrico e/o ad idrogeno e/o a biocarburanti (produzione di biometano e di biogas da biomassa vegetale ed animale) ed è assai probabile che nei prossimi anni queste tecnologie decolleranno e che entro i prossimi 10 anni una quota consistente del parco macchine circolante sarà a propulsione elettrica/idrogeno/biocombustibili.
La previsione di riduzione dei consumi può raggiungere 20 MTEP, corrispondenti ad oltre 74 milioni di tonnellate di CO2 di emissioni evitate.
Educazione e modifica dei comportamenti
La riduzione dei consumi si può conseguire sia mediante un miglioramento delle tecnologie, ma soprattutto mediante un loro corretto utilizzo. Contribuisce poco alla riduzione dei consumi il rifacimento di un impianto di illuminazione ad alta efficienza per ufficio se poi rimane acceso tutta la giornata per non curanza degli impiegati (o un moderno sistema di climatizzazione fatto funzionare con le finestre aperte).
A riprova della necessità di cambiamento dei comportamenti, si consideri che il consumo medio annuale di energia elettrica pro-capite è di circa 1.100 kWh per consumi domestici, mentre sale a valori circa 5 volte superiori in ufficio (questo rapporto sale fino a 7 nel caso degli istituti bancari). Attraverso esperienze già svolte in Italia ed in Europa (www.energytrophy.org), è stato dimostrato, che il solo cambiamento di comportamento (specialmente in ambito pubblico) può ridurre i consumi del (25÷40)%.
La modifica dei comportamenti influenza anche le emissioni indirette di CO2 che si possono stimare in circa 2 t/(persona anno). Con il consumo di prodotti locali, costruzioni con materiali autoctoni, preferendo, in sintesi, le brevi distanze dei prodotti di consumo, si può ipotizzare al 2020 una riduzione di almeno il 5% delle emissioni indirette, con una riduzione di emissioni che può superare le 30 milioni di tonnellate di CO2.
Ulteriori considerazioni sugli interventi di risparmio ed efficienza energetica
Sulla base delle sintetiche considerazioni precedenti si perviene ad osservare che il potenziale contenimento dei consumi potrebbe quanto meno pareggiare (se non superare) la quantità di energia prevedibilmente generabile con le centrali nucleari proposte per il futuro scenario energetico italiano.
Il pareggio energetico tra le possibili riduzioni dei consumi e la generazione da fonte nucleare non si riduce però solamente ad un mero fatto tecnico-numerico, ma comporta anche dei forti risvolti psicologici ed antropologici.
La disponibilità di energia a basso costo (come si prospetta esser quella da produzione nucleare, anche se questa affermazione è tutta da dimostrare), potrebbe spingere ad evitare la necessità di proporre risparmio ed efficienza energetica, con un progressivo abuso dei consumi, maggiori sprechi e impieghi irrazionali dell’energia. Ne conseguirebbe che le nuove centrali nucleari, anziché sostituire l’energia elettrica prodotta dalle centrali a combustibile fossile, porterebbero unicamente ad un aumento dei consumi elettrici, lasciando inalterato il bilancio delle emissioni di CO2 con effetti tremendamente diseducativi nell’uso responsabile delle risorse energetiche (senza considerare gli scontri sociali sulla localizzazione delle centrali, il rischio nucleare, la gestione delle scorie, ecc.).