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La rivoluzione è iniziata stamattina

Esattamente alle 7,35, mi ha telefonto Stefano Benni e mi ha detto: “Curicicucù”…
…che è la parola d’ordine che abbiamo deciso 40 anni fa al quotidiano “Il Foglio” di Bologna (no di Ferrara) quand’era occupato.
La parola d’ordine che avremmo dovuto usare per far sapere all’altro che le rivoluzione era iniziata senza farsi capire dalle Forze della Reazione. Quando Stefano mi ha detto “Curicicucù” sono schizzato sull’attenti col pugno chiuso alzato. Riflessi genetici. Poi sono andato su FB è ho allertato la Banda. La più grande forza sonora dell’Occidente Cristiano, una roba da paura, ci sono anche gli Akuna Matata di Roma, quelli amici di Vania… Cioè con i tamburi di latta fanno un fracasso che ti abbattono un missile Cruise!
Verso le 8,15 Rosanna di Quarto Oggiaro ha postato notizie fresche su quanto era successo, sotto i commenti a una foto di Che Guevara con la salopette della Bandabardò (introvabile!).
Praticamente la notte prima, al Circolo Arci Bandiera Rossa di Calvairate (che si credeva estinto), si era tenuta un’assemblea alla quale erano intervenuti rappresentanti di un centinaio di associazioni della zona; avevano parlato delle guerre in corso e della necessità di fermarle. Per sempre. E alla fine, sfidando il senso del ridicolo, tutti i presenti avevano giurato che non avrebbero più comprato un prodotto che fosse sprovvisto della foto dell’operaio che l’aveva realizzato mentre sorrideva soddisfatto. Nunzio Restelli del circolo Acli San Giuseppe Operaio aveva chiesto: “Ma ora come ora non c’è in nessun supermarket qualche prodotto del genere… Come si fa se mi si rompe il frullatore?”
Allora Katia Perotti Devani, del circolo Difendiamo il bastardo quadrupede (che pare abbia avuto trascorsi col Restelli) aveva risposto senza esitazione: “Ne fai a meno, se ti si rompe; oppure ne cerchi uno usato che baratti con un po’ del tuo alito che dovrebbe essere ottimo per stecchire le zanzare a distanza!”
Non era scoppiata una rissa fisica solo perché Don Matteo Inzaghi, il prete più grosso della Brianza, si era messo di mezzo con in mano una torcia elettrica appartenuta a Primo Carnera. Un deterrente militare meccanico di impatto spaventevole. Tanto che qualcuno aveva commentato: “Per fortuna che ci sono anche i preti…” Perché diciamolo, anche tra i progresssiti la tonaca nera fa. Retaggi dell’oratorio diffuso.
Aldovrandi Renato, del centro sociale Sub Comandante Marcos, di Bussolengo, aggiunse: “Prendiamo per esempio la storia: solo i popoli che hanno saputo concentrare la loro forza su un obiettivo irrinunciabile hanno cambiato il loro presente. I neri in America, nella città di Montgomery non hanno preso gli autobus per più di un anno, fino a quando non fu tolto il divieto per i neri di sedersi davanti… Quel Luther King l’aveva capito che era necessario tracciare una linea invalicabile: e noi non compreremo più niente che abbia a che fare con gente che ama la guerra!”
La discussione era andata avanti a lungo e Don Matteo era dovuto intervenire un altro paio di volte per evitare che si degenerasse, ad esempio quando un renziano aveva dato della cripto checca a un’esponente del Gruppo Saffico di Cermenate. Un insulto che faceva sangue e sul cui senso molti restarono a lungo meditabondi.
Quindi fu stupefacente arrivare, nonostante tutto, alla fine, alla firma del Comunicato Numero Uno del Comitato dei Consumatori Uniti che Rifiutano Insieme i Prodotti Antietici e Tristi (la cui sigla è CNUCCURIPAT, praticamente impronunciabile).
Nel suddetto comunicato, al quale era seguito un solenne giuramento collettivo, si affermava, tra le altre cose: “Il capitalismo non lo si può colpire al cuore. Il Capitalismo non ha un cuore. Ha solo il portafoglio. Quindi colpiremo il capitalismo del dolore con lo strumento che più teme: lo sciopero degli acquisti. Quando pratichi lo sciopero del lavoro perdi il tuo salario. Quando non compri una merce che non possiede la qualità totale che desideri tu non perdi nulla e infliggi una punizione dolorosa ai malvagi.”
Erano le 2,20 quando Renzo Saudelli, oriundo di Catanzaro, residente a Bollate, postò sul suo blog www.vogliolagiustiziasocialesubitocazzo.org il testo del Comunicato numero 1. Per 179 secondi non successe assolutamente nulla. Poi Fausto Radaelli, di Trapani condivise commentando: “Le operaie indiane che non hanno i soldi per comprare le medicine ai loro bambini sputano nei cellulari la loro disperazione!” E Santa Nataticola di Porto Torres rispose: “Se mi vogliono vedere ancora in un negozio di elettronica devono prima chiedere scusa in ginocchio!”
Poi si scatenò il caos. Non facevi tempo a leggere un messaggio che ne arrivavano altri quattro. Una valanga che diventò un'alluvione, poi uno tzunami.
Poi il Gruppo Capelli d’Argento e Rossi di Forlì, composto in gran parte di pensionate comuniste insonni, decise di darsi da fare. Con la velocità che solo un’ex dattilografa anni ’60 può avere, con l’allenamento che solo 100 maglioni all’uncinetto ti possono immettere nelle dita, iniziarono a tormentare le loro tastiere svolazzando sui blog come meteore danzanti.
8 donne, 80 dita, 5.000 anni di oppressione da riscattare, 18 nipotini per i quali costruire un mondo migliore. Possono essere molto più devastanti dell’artiglieria polacca.

(Continua dal Fatto Quotidiano on Line)

“A tutti i compagni, a tutti gli amici, i fratelli, i parenti, i vicini e i lontani, SOTTOSCRIVETE IL COMUNICATO NUMERO UNO! Mai più comprare sfiga sugli scaffali dei supermercati. Non compriamo niente che non abbia sopra l’etichetta dell’operaio che ride!”
“Minchia!” Esclamò Toledo, da Radio Col Cavolo Che Me Ne Sto Zitto!, emittente web che si definiva renitente alla banalità e riscuoteva un successo inquietante quanto inspiegabile tra Porto Valtravaglia e Luino: “Qui si sta scaldando il web, l’hastag …#fanculoprodottitristi sta al primo posto con 2765 fallower negli ultimi 15 minuti.” Ed erano solo le 4,46 del mattino.
Poi Vanessa, una liceale che aveva rinunciato a preparare l’interrogazione di letteratura perché il telefono le faceva trilli per le notifiche tipo raffica di Kalashnikof, aveva postato il suo videomessaggio ripercorrendo la via tracciata dalla giovane musulmana che aveva scatenato la Primavera Egiziana appellandosi agli uomini d’onore: “Parlo a te che vuoi essere il mio sposo, parlo a te che vuoi crescere i miei figli, parlo a te che vuoi condividere con me la leggerezza del tramonto, come puoi pensare che io creda alla tua determinazione in amore se di fronte alle crudeltà del mondo tu non fai nulla? Io non ti chiedo di morire combattendo, non ti chiedo di metterti in fila insieme a Gandi, di fronte alle saline dell’India e aspettare che i bastoni inglesi ti abbattano, senza reagire; non ti chiedo di bagnare il sale con il tuo sangue. Io ti chiedo un piccolo risolutivo cambiamento privo di pericoli: ti chiedo di non finanziare più con i tuoi soldi il marcio del mondo. Ti chiedo di far sentire a chi offende l’amore, a chi non rispetta la sacralità della terra, che non sei più disposto a spendere i tuoi soldi per comprare i prodotti delle multinazionali del dolore!”.
E quella voce iniziò a rimbalzare da i.p. a i.p. a viaggiare nelle mail, a filtrare attraverso gli rss.
Alle 7,15 Alex Zanotelli twittò: “Finalmente si capisce che voti ogni volta che fai la spesa!” E Gesualdi gli rispose: “Mi sa che oggi è il giorno che un popolo si alza in piedi e comincia a camminare!”
Poi si scatenò il maremoto.
Dalle montagne della Puglia, alle 9,30, comunicarono che l’Ecovillaggio Lu Sun (quello che spostava le montagne, con la pala) aveva fondato una compagnia di telefonia etica che offriva il 15% di sconto sulla bolletta di cellulari e internet, comprando il traffico telefonico in Ungheria. Era da tanto che ci pensavano e avevano deciso che era ora di farlo.
Alle 10,15 il gruppo 3D Arcobaleno, maker incazzati della Garbatella, aveva aperto le prenotazioni per un’auto elettrica autoassemblata con pezzi riciclati. Avevano cominciato pubblicando la foto di loro che ridevano con le chiavi inglesi in mano.
Alle 14,12 c’erano già più di 400 prodotti di piccole cooperative e imprese che avevano sopra la foto di operai sorridenti in vendita sul portale www.operaiocheride.net .  
Alle 18 fonti ben informate quanto anonime, avevano fatto filtrare la notizia che c’era stata un’indubbia flessione degli acquisti a livello nazionale tra il 3 e il 6%. Un dato sensibile che mise in allarme le borse.
Alle 20 quelli della Guida al Consumo Critico fecero sapere che erano bersagliati da telefonate di amministratori delegati che chiedevano come cazzo si potesse avere il marchio dell’Operaio Che Ride. Alle 9,15 del mattino dopo la Guida al Consumo Critico pubblicò i criteri di valutazione di un prodotto, dopo aver registrato il marchio Operaio che Ride.
Poi la gente iniziò a credere che si potesse fare il Gruppo d’Acquisto Globale Ecologico dei Prodotti Etici (GAGEPE).
Le persone iniziarono a credere che può esserci un mondo migliore subito e che abbiamo la forza per farcelo da soli.
Poi le suore di clausura del Santa Cecilia ligure aderirono al Movimento dell’Operaio che Ride. E telefonarono al Papa. E il Papa disse loro: “Si può fare!”
A quel punto si scatenò l’inferno: 50 mila boy scout si misero a presidiare i supermercati piangendo se qualcuno comprava qualche cosa di crudele.
E poi Renzi disse: “Non bevo Coca Cola da anni!”
E poi Nando Citarella iniziò a cantare la canzone:
“Non riesco a dirti che ti amo
dentro al cellulare coreano
la voce esce strana,
senti in sottofondo
i rumori della fine del mondo!”
E la gente la ballava per strada, di fronte agli ipermercati abbandonati.
Venerdì alla 16,30 avevamo vinto. Tutti.

PS
Gli amici citati non sono responsabili del complotto. E non sono responsabili delle mie visioni oniriche.

PPS
Se vuoi saperne di più leggi su quanto stiamo facendo e su come connetterti al movimento dei consumatori e produttori ribelli.