Il mestiere dell’attore

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Dario Fo e Jacopo Fo

Anche se non reciti può esserti utile scoprire come si fa, perché comunque parli, e parlare è essenziale per l’essere umano.

Contrariamente a quel che si può pensare non ho ricevuto molte lezioni da parte dei miei su come si recita.
Il metodo di famiglia è “guarda e impara”.
Mia madre l’hanno buttata su un palcoscenico a 8 giorni. E ha fatto la sua figura…
Era figlia di attori che girovagavano per i paesotti della Pianura Padana.
Ho assistito a centinaia di ore di prove, con i pezzi recitati decine di volte e i giovani attori che diventavano pazzi a furia di ripetere…
Quando avevo 19 anni mio padre mi disse: fai un cartone animato. Io protestai: non l’ho mai fatto!
E lui: ok, fallo!
È il famoso sistema: butta il bambino nel fuoco.
Il sottotitolo, non detto, è che non puoi neanche lontanamente pensare che non ci riesci.
Tutte le volte che ho dovuto affrontare un fallimento mio padre mi ha detto semplicemente: insisti, prima o poi ci riesci. La vita è una gara di resistenza.
Ovviamente questo non esclude critiche durissime a tutto quel che fai che non è PERFETTO.
Rifai tutto daccapo!

Un giorno Piera Poldi mi ha raccontato che durante uno spettacolo il suo primo ingresso in scena era camminando all’indietro con una coperta in testa che la copriva completamente. E il pubblico rideva.
Una sera viene sostituita da un’altra attrice che fa esattamente la stessa entrata nello stesso modo, e nessuno ride. Io non so spiegarmi questo mistero.
D’altra parte ho guardato decine di volte i miei e ho notato che in certi momenti il pubblico rideva senza alcun motivo. Non c’erano un gesto o un suono che potessero causare ilarità.
Vado da mio padre e gli chiedo come mai succedono queste cose. E lui: i francesi la chiamano attitude (attitudine).
Fine spiegazione (si suppone che tu sappia il francese visto che l’hai studiato e si suppone che tu possa comprendere il significato di questa parola, visto che fai l’attore).
Ma porco cane, me lo dici adesso? Dopo 20 anni che recito?
Provo a tradurre. L’attitude dei francesi non è un comportamento innato, che alcuni possiedono e altri no, è una specie di intenzione, di atteggiamento.
È cosa pensi quando reciti, come ti senti.
L’unica volta che mio padre mi ha fatto una lezione di teatro è stato mezz’ora prima che andassi in scena, la prima volta che ho recitato in un teatro vero. Erano anni che mi allenavo, a volte sotto falso nome, recitando nei luoghi più improbabili, dalle bocciofile in giù…
La sera del debutto “ufficiale” mio padre mi disse: “Prima di uno spettacolo è meglio se fai due passi intorno al teatro. Le volte che io ho recitato meglio è stato quando non ero troppo in ansia per lo spettacolo (per l’accoglienza del pubblico), quando sei un po’ distaccato è meglio. E poi ricordati che di fronte a te hai degli amici che sono usciti di casa apposta per vederti”.
Fine corso.
Mia madre non mi ha fatto neanche quello.
E comunque solo 10 anni dopo, alla fine di uno spettacolo, mio padre mi ha detto: sei diventato un attore.
Prima ero solo un conferenziere spiritoso…
Questa cosa dell’atteggiamento mentre reciti è pazzesca.
Da anni il mio sforzo per migliorare la recitazione va tutto lì.
E i salti di qualità li ho avuti scoprendo piccole asperità nella mia intenzione verso il pubblico.
Quasi tutti gli umani sono attori perfetti, eccelsi, quando raccontano un episodio che è capitato loro a un amico.
Nella mia famiglia si pratica il Teatro Epico, che è il teatro del racconto, si parla con il pubblico per narrare una storia. Esattamente come fai quando racconti a un amico.
Ed è il pubblico che ti dà il ritmo.
Per chi non recita questo è forse un concetto strano.
Non è l’attore che decide come recitare, è il pubblico.
Se ci pensi succede così in qualunque conversazione.
Mentre parli guardi la faccia di chi ascolta e capisci se quel che dici lo sta affascinando, se devi stringere una descrizione oppure è il caso di allargare un pezzo perché c’è interesse…
In teatro è solo più complicato perché hai di fronte 800 persone. In modo istintivo e misterioso scegli due o persone e il tuo sguardo passa dall’una all’altra. Sono i tuoi punti di riferimento. Poi ci sono le risate, i momenti in cui la gente si muove sulla sedia perché c’è un calo di tensione, i momenti nei quali non vola una mosca, gli applausi…
Questo fatto del pubblico, di ascoltare il pubblico è la cosa centrale. Quando vado a vedere uno spettacolo, la buona educazione impone, visto che sono un attore, di andare a salutare i colleghi in camerino e ringraziare. E tutte le volte, puoi star certo che la prima cosa che ti dicono è come è stato il pubblico quella sera. Questo tanto per far capire quanto il pubblico è al centro della tensione dell’attore. E non potrebbe essere altrimenti. Il pubblico è tutto a teatro. Da soli si recita malissimo. E un pubblico che “partecipa” rende uno spettacolo 10 volte migliore.
Mio padre dice che esistono 3 tipi di pubblico.
Gli spettatori degli spettacoli gratuiti partecipano poco, aspettano che tu li faccia ridere.
Poi c’è il pubblico degli abbonati, hanno pagato 6 mesi fa e magari quella sera non c’avevano voglia, sono lì a dire “Fammi ridere”. Il pubblico migliore è quello che ha pagato quella sera per quello spettacolo: ha scommesso su di te e ti sostiene.
Paolo Rossi mi ha raccontato che una sera si presenta da lui un signore anziano molto distinto e gli dice: “Buona sera, io sono un riditore.”
E Paolo: “Un riditore?”
E il riditore: “Lo so che lei non ne ha bisogno perché è un grande, ma magari una sera si sente stanco, oppure non sta bene… Io mi leggo il testo, mi studio dove ci sono le battute da ridere, e poi vengo allo spettacolo e rido. Sono capace di fare 20 risate diverse… E lei sa quanto una risata possa trascinare il pubblico a ridere… La risata è infettiva… In cambio le chiedo solo un po’ di biglietti in omaggio…”
Ci sono delle sere che scenderesti in platea a baciare una persona che con la sua meravigliosa risata scatena il pubblico… Ti sta facendo un regalo enorme. Moltiplica il divertimento, disinibisce i timidi (che poi quando iniziano a ridere magari lo fanno a gallina, o con lo strozzo, o con il rantolo e il sospiro finale post orgasmico… e fanno ridere più di te ma sei tu che ti pigli il merito…)

Segue la settimana prossima...