LIBRI: La sfida dell'Africa, Wangari Maathai

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LIBRI La sfida dell'AfricaCarissimi,
questa settimana Vi parliamo d’Africa insieme a Wangari Muta Maathai, ambientalista, attivista e veterinaria keniota, Premio Nobel per la Pace nel 2004 per "il suo contributo alle cause dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace".
E' membro del parlamento keniota ed e' stata Assistente Ministro per l'Ambiente e le Risorse Naturali nel governo del presidente Mwai Kibaki, fra il gennaio 2003 e il novembre 2005. Appartiene all'etnia kikuyu.
Fu la prima donna nativa del centrafrica a laurearsi, nel 1971 presso l'Universita' di Nairobi, in biologia, lavorandoci poi fin dal 1976 presso la facolta' di veterinaria.
Nel 1976 si iscrisse nel Consiglio nazionale delle donne del Kenya, assumendone la presidenza nel 1981, fino al 1987, anno in cui abbandono' l'associazione.
Negli anni novanta intraprese una forte campagna di sensibilizzazione verso i problemi della natura e del disboscamento in particolare. Fondo' nel 1977 il Green Belt Movement, un'associazione non-profit che ha piantato oltre 40 milioni di alberi in Kenya per combattere l'erosione ed e' tutt'ora molto efficiente.
Piu' recentemente si e' occupata anche di diritti civili perche', come ha dichiarato lei stessa in un'intervista: "Quando cominci a lavorare seriamente per la causa ambientalista ti si propongono molte altre questioni: diritti umani, diritti delle donne, diritti dei bambini… e allora non puoi piu' pensare solo a piantare alberi".
Vi proponiamo l’introduzione del suo nuovo libro: La Sfida dell’Africa, edito in Italia da Nuovi Mondi.
Potete acquistarlo direttamente online sul nostro sito CommercioEtico.it.
Buona lettura.

Introduzione

L’autobus sbagliato
Per trent’anni ho lottato in prima linea, tentando insieme ad altri di abbattere il muro che separa i popoli africani dalla giustizia, dalla ricchezza, dalla pace e dal rispetto. Abbiamo cercato una via d’uscita dalla poverta', dall’ignoranza, dalle cattive condizioni di salute e dalle morti premature, dalle violazioni dei diritti piu' elementari, dalla corruzione, dal degrado ambientale e dai molti altri problemi che affliggono l’Africa. Ho svolto il mio lavoro attraverso il Green Belt Movement, aiutando le comunita' a piantare alberi per accrescere le loro fonti di sostentamento, proteggere l’ambiente e rafforzare al tempo stesso il loro impegno e la loro perseveranza. E' in seguito a queste esperienze fra la gente comune, insieme agli incarichi nel governo keniota e alla partecipazione a numerose iniziative internazionali, che si e' formata la mia visione del mondo e sono maturati gli orientamenti, gli esempi, le analisi e le soluzioni che propongo in questo libro.
Nei tre decenni trascorsi dalla nascita del Green Belt Movement, alcuni africani hanno abbandonato la lotta in prima linea per perseguire i propri interessi e le proprie ambizioni, altri si sono lasciati prendere dallo sconforto e dalla stanchezza. Alcuni languono nelle loro case o nelle prigioni, altri sono senza tetto o vivono nei campi profughi. Alcuni sperano di essere salvati dai propri governanti, altri aspettano finche' non si rendono conto che devono salvarsi da soli, diventando essi stessi, per dirla con le parole del Mahatma Gandhi, quel cambiamento che desiderano vedere nel mondo.

Eppure, come cerco di dimostrare, le sfide che l’Africa si trova ad affrontare non dipendono solo dalle politiche nazionali e internazionali (anche se queste, come in passato, giocano un ruolo importante nel futuro del continente) ma riguardano anche la sfera morale, spirituale, culturale e persino psicologica.
Analogamente, la situazione africana non e' scindibile da quella mondiale. Siamo un’unica umanita' che vive su un unico pianeta: e' una realta' alla quale non possiamo sottrarci.
Ho scritto La sfida dell’Africa per tutti coloro che hanno a cuore il destino del continente africano: lettori comuni, attivisti, esperti in politiche di sviluppo e funzionari governativi, compresi i capi di stato. Spero di riuscire a spiegare, delucidare, coinvolgere e, cosa forse ancora piu' importante, stimolare tutti gli interessati a impegnarsi di fronte ai problemi problemi che oggi l’Africa si trova ad affrontare.
La sfida dell’Africa e' diviso in cinque sezioni: i problemi attuali e le loro radici storiche e culturali (capitoli 1 e 2); il loro contesto economico, politico e internazionale e le loro dimensioni (capitoli 3, 4 e 5); il problema della leadership e della buona gestione delle risorse, sia ai massimi livelli sia alla base della societa' (capitoli 6 e 7); la relazione complessa e problematica fra identita' etnica e stati-nazione nell’Africa contemporanea (capitoli 8, 9 e 10); infine, la centralita' dell’ambiente nei problemi dello sviluppo del continente e nelle loro soluzioni (capitoli 11, 12 e 13). Il libro si chiude con un ultimo capitolo dedicato ai problemi degli africani in quanto individui, sia in patria che all’estero.
Nel primo capitolo sviluppo una riflessione su una donna che vidi a Yaounde', in Camerun, la quale praticava un’agricoltura di sussistenza con tecniche che causavano erosione del suolo e spreco di acqua piovana. L’agricoltura di sussistenza e' l’attivita' con cui un’ampia maggioranza di africani si guadagna da vivere, e io faccio notare come i problemi di quella coltivatrice rappresentino sotto molti aspetti un microcosmo in cui si riflettono le innumerevoli sfide che interessano l’agricoltura africana in particolare e l’Africa in generale.
Nel secondo capitolo tento di far luce su alcune difficili eredita' con cui l’Africa deve fare i conti, primo fra tutti il colonialismo. Il mio scopo e' dimostrare che il colonialismo che ha devastato il continente e' divenuto un comodo capro espiatorio per conflitti, signori della guerra, corruzione, poverta', dipendenza e malgoverno della regione. L’Africa non puo' piu' continuare a imputare al colonialismo il fallimento delle proprie istituzioni, il collasso delle infrastrutture, la disoccupazione, l’abuso di droghe e le crisi dei profughi. D’altra parte, tali questioni non possono essere comprese appieno senza prima riconoscere quella che e' la realta' della storia africana.
Nel terzo capitolo propongo al lettore una metafora, secondo me efficace, di una societa' che funziona, vista in contrapposizione alla societa' africana dopo la Guerra fredda.
Nel quarto e quinto capitolo prendo in esame i modi in cui gli aiuti, il commercio e il debito favoriscono la sperequazione tra l’Africa e il mondo industrializzato, mentre nel sesto analizzo la carenza di leadership nel continente e i modi per porvi rimedio. Nel quarto e quinto capitolo il mio intento non e' semplicemente criticare la comunita' internazionale per le pratiche di commercio iniquo e per il pesante fardello del debito che ancora opprime gli africani, ma anche di stimolare tutti i popoli dell’Africa a liberarsi da quella cultura della dipendenza che conduce alla passivita', al fatalismo e infine al fallimento. Allo stesso modo, l’intenzione del sesto capitolo non e' stigmatizzare o accusare, ma stimolare l’intera societa' africana, e in particolare la sua leadership, a liberarsi dalla corruzione e dall’egoismo presenti in ogni strato sociale. e' necessario che ogni africano, dai capi di stato ai coltivatori di sussistenza, valorizzi tanto la cultura dell’onesta', del duro lavoro, dell’equita' e della giustizia, quanto le ricchezze - culturali, spirituali e materiali - del proprio continente.
Nel settimo e ottavo capitolo descrivo piu' nel dettaglio l’impoverimento culturale cui accenno nel secondo capitolo: la mancanza di rispetto per alcune culture africane e la conseguente devastante perdita di autostima da parte di molti gruppi etnici – quelle che io chiamo “micro-nazioni” – in tutto il continente. Come spiego con maggiori particolari nell’ottavo capitolo, aver riconosciuto l’importanza della cultura mi ha spinto a creare i Seminari di educazione civica e ambientale nell’ambito delle attivita' del Green Belt Movement. Nel corso di questi seminari ho elaborato un concetto che ho chiamato “sindrome dell’autobus sbagliato”. Come passeggeri saliti su un mezzo sbagliato, molte persone e comunita' hanno preso una direzione errata, consentendo cosi' ad altri (spesso i loro stessi governanti) di allontanarli ancora di piu' dalla loro meta. La mia conclusione e' che oggi gran parte dell’Africa e' salita sull’autobus sbagliato.
Nel nono e decimo capitolo investigo piu' a fondo i problemi dello stato-nazione africano, o di quella che io chiamo “maco-nazione”. Per decenni gli africani hanno sminuito o ignorato la fondamentale importanza, sia culturale che psicologica, dell’identita' micro-nazionale, strumentalizzando le differenze etniche per ottenere vantaggi politici. Io chiamo tutti gli africani a riscoprire e a far propria la loro diversita' etnica, linguistica e culturale, non solo per dare modo a ogni stato-nazione di progredire politicamente ed economicamente, ma affinche' possano guarire nell’anima, ferita dal ripudio di cio' che autenticamente sono.
Cosi' come la diversita' delle culture, anche la biodiversita' e' essenziale per la salute delle societa' umane. Nei capitoli 11, 12 e 13 sostengo la centralita' che spetta all’ambiente in ogni discussione e avanzo una proposta su come affrontare i problemi dell’Africa. In particolare mi soffermo sulle questioni della terra, dell’agricoltura e della conservazione delle foreste, quindi analizzo l’enorme compito - e la necessita' - di preservare l’ecosistema forestale del bacino del Congo nell’Africa centrale.
Infine, nel capitolo 14, svolgo una riflessione sui problemi che devono affrontare le famiglie africane sia del continente che della diaspora. Esorto gli africani a sostenersi a vicenda negli sforzi per aprirsi una propria strada verso il futuro. E a credere che ce la faranno.
Mentre sto scrivendo, il mondo attraversa una crisi finanziaria causata in gran parte dall’assenza di controlli e dalla deregolamentazione nei paesi industrializzati. Da troppo tempo i poveri pagano le conseguenze di tanta avidita' ed egoismo. Per decenni l’Africa e' stata esortata a far propri il sistema finanziario e le politiche del mondo industrializzato ma, mentre tutto questo ha arricchito l’Occidente, tali meccanismi fuori controllo non hanno fatto altro che impoverire gli africani. La crisi attuale rappresenta quindi per il continente un’utile lezione, e al tempo stesso la sua piu' grande sfida: nessuno ha in tasca la soluzione a ogni problema, e dunque, invece che seguire ciecamente ricette altrui, e' indispensabile che gli africani pensino e agiscano autonomamente, imparando dai propri errori.

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