Carissimi,
questa settimana vi parliamo di un bellissimo libro di Dario Fo: “Il Paese dei Mezaràt”, edito da Feltrinelli, dove il premio Nobel racconta i suoi primi anni di vita ma soprattutto i luoghi, gli eventi e i personaggi quasi leggendari che hanno segnato la sua educazione artistica e civile.
Dopo avere letto del nonno ortolano “contastorie”, delle fantasie sui tetti di cioccolato di una Svizzera immaginaria, dei fabulatori della Valtravaglia e della babele linguistico dialettale del paese dei mezaràt (gli abitanti di Porto Valtravaglia erano soprannominati mezaràt, pipistrelli, perche' la maggior parte di loro viveva e lavorava di notte nelle numerose vetrerie della zona) non e' piu' possibile stupirsi di fronte all’arte istrionica e visionaria di Dario Fo.
Le sue radici sono tutte li', negli episodi di vita vissuta, a volte teneri, a volte drammatici, che hanno per protagonisti familiari, amici e compaesani: le imprese del padre ferroviere, le sfide con i piccoli balordi della valle, la scoperta dell’arte e della pittura, la prima pudica storia d’amore per una ragazza salvata dalle acque del lago in tempesta, l’affetto per il cugino antifascista in Svizzera, le difficolta' della guerra.
Si legge in un fiato come un romanzo avvincente e fantastico.
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Gog
Facendo ritratti mi sono comprato un cane. Un cane straordinario!
L’idea di propormi come ritrattista mi era venuta a scuola, all’ultimo delle elementari, disegnando il ritratto della mia maestra. Era una signora piuttosto giovane con un viso delicato dentro il quale erano evidenti due occhi quasi a mandorla, un naso sottile e due labbra molto pronunciate. Il collo era lungo, quasi esagerato. A me piaceva molto. Quando a Brera, cinque anni dopo, mi sono capitati fra le mani dei ritratti di Modigliani, ho esclamato: “oh, ha conosciuto anche lui la mia maestra!”.
Quel primo ritratto aveva sortito un certo successo, cosi' mi sono buttato a ritrarre gran parte dei miei compagni, maschi e femmine, Mi ero fatto un nome: piu' di un genitore entusiasta mi aveva ripagato con qualche regalo, anche in denaro. Poi e' toccato alle ragazzine del podesta' e appresso a tutta la famiglia.
Un allevatore di cavalli, campioni di trotto e galoppo di Besnate (sul lago omonimo) mi manda a prendere. Arrivato alla tenuta con i miei album Fabriano, i pennelli e i colori, sono stato accolto da un gran scalpiccio di zoccoli che faceva tremare il terreno: li' sulla pista di dressage, stavano passando velocissimi non meno di trenta cavalli. Alcuni erano montati da fantini altri galoppavano liberi in branco. L’allevatore era molto occupato e manco mi ha salutato. Mi viene incontro una ragazzina piu' o meno della mia eta', tutta boccoli e riccioli: pareva Shirley Temple… si chiamava Ornella. Poi si presenta Matilde, la sorella maggiore, a sua volta biondo-riccioluta: splendida! Per finire appaiono altre tre sorelle. In totale cinque che, viste in gruppo, sembravano il coro degli angeli di Benozzo Gozzoli.
Ornella me le presenta a una a una. Chiedo preoccupato se dovro' fare il ritratto a tutte quante. “Si'” mi rispondono all’unisono. “In ordine di eta'!” aggiunge Ornella. “La piu' piccola sono io, quindi tocca a me per prima!” “Non ti preoccupare, non pretendiamo che tu ci ritragga tutte in un solo giorno,” aggiunge Matilde, “puoi lavorare anche fino a domani: notte compresa!” E scoppiano a ridere in coro,
Per farla breve, ho cominciato con l’abbozzare il viso di Ornella. Non mi ero mai sentito tanto insicuro, la matita non mi scorreva come al solito: inciampava… cancellavo, riprendevo… poi alla fine, stendendo il colore, ho cominciato a ingranare. Alle mie spalle sentivo esclamazioni di stupore. Ce l’avevo fatta, ma ero letteralmente madido di sudore. Terminato il primo ritratto mi sono accorto che fra gli spettatori c’era anche l’allevatore. “Non male,” commenta, “prometti bene! Se tu fossi un puledro direi che sarebbe il caso di farti entrare in pista e tenerti d’occhio!” Non tutti i cinque ritratti mi sono riusciti come avrei voluto, ma il coro degli angeli del Gozzoli era ugualmente soddisfatto.
L’allevatore, tanto per farmi sgranchire gambe e cervello, mi porta a visitare le scuderie. Passando dinanzi ai vari box, mi indica i suoi campioni. Proseguendo transitiamo davanti a un recinto dove una mezza dozzina di cuccioli giganteschi stanno facendo una gran caciara: sono tutti alani di razza. Io non ero un fanatico di cani, ma quella specie di belve burlone mi affascinavano; il maschio padre, poi, si muoveva con un’eleganza da circo equestre. La sera, prima di tornarmene a casa, il gran cavallaro con tutte le sue ragazzine intorno mi saluta e mi dice imbarazzato: “Vorrei farti un regalo, ma non so cosa scegliere. Potrei darti dei soldi, ma non mi pare una buona idea… ti andrebbero una scatola di colori e un cavalletto?”. Io l’ho interrotto: “costa molto uno di quei cuccioli di alano?”. Il cavallaro e' rimasto bloccato come in una foto di gruppo insieme a tutta la sua collezione di angeli. Quel silenzio m’aveva fatto capire immediatamente che l’argomento era intoccabile, “Mi spiace, ma quegli animali sono gia' tutti prenotati…” Poi ha aggiunto velocissimo, nell’evidente timore di venir contraddetto dalle figlie: “Uno, pero', il meno sviluppato, forse te lo posso concedere…”.
Altro silenzio e poi, con un acuto da alleluia, tutte insieme le ragazze hanno sentenziato: “ma certo, Gog e' suo!”.