La traduzione di questa frase è: una volta all’anno è lecito impazzire. E' un'idea antica, già espressa da vari autori latini e divenuta proverbio nel medioevo, che sta a significare che in un ben definito periodo di ogni anno ognuno è autorizzato a non rispettare le convenzioni religiose e sociali, a comportarsi come se fosse un'altra persona. E questo periodo è rappresentato dal Carnevale, dove la tradizione del mascheramento permetteva di dare libero sfogo al gioco, allo sghignazzo e allo scherzo.
Come dicevamo la settimana scorsa, il carnevale è una delle poche feste con chiare radici pagane, insieme al Ferragosto. Segna la fine dell’inverno e l’inizio del nuovo anno (anche se in questi giorni non si direbbe) e quindi il passaggio tra il mondo degli inferi e quello dei vivi.
Benché presente nella tradizione cattolica, i caratteri della celebrazione del Carnevale hanno origini in festività ben più antiche, come per esempio le dionisiache greche o i saturnali romani. Nelle dionisiache e nei saturnali si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza. Insomma, a carnevale ogni scherzo vale, con buona pace dei permalosi.
La maschera che lo rappresenta più di ogni altra è probabilmente Arlecchino, che Dario Fo ha portato in scena da sempre
Semel in anno licet insanire
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