Jacopo Fo e Nina Karen "L'erba del diavolo"
Inviato da Cacao Quotidiano il Sab, 06/18/2011 - 09:05Carissimi,
questa settimana vi presentiamo un nuovo libro di Jacopo Fo scritto in collaborazione con Nina Karen che parla dell’erba proibita: la canapa.
Il libro raccoglie centinaia di dati, informazioni, tabelle semplicissime e illuminanti su quanto si dice, di giusto e di sbagliato, rispetto all’uso di questa pianta come droga ma parla anche di come la canapa sia stata demonizzata nel momento in cui poteva essere una tremenda rivale dei derivati del petrolio nella costruzione di oggetti, vestiti, addirittura della carrozzeria delle auto. Chissà, ora che il petrolio scarseggia, magari assisteremo al risorgere dell’utilizzo di questa straordinaria e “stupefacente” pianta.
Buona lettura!
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Capitolo Primo
Proibire le droghe è utile?
La nostra convinzione è che l’azione contro l’uso delle sostanze stupefacenti della maggioranza delle nazioni sia inefficace perché profondamente irrazionale.
Innanzi tutto si fa una distinzione arbitraria tra le sostanze stupefacenti.
L’alcol, per esempio, è una droga estremamente potente che come vedremo provoca ogni anno venti volte più morti di tutte le droghe considerate illegali, e danni sociali altrettante volte più gravi.
Ma il proibizionismo, la politica della tolleranza zero non aiuta certo a risolvere il problema: negli Usa tra il 1920 e il 1933 si vietò il consumo di alcol. Quando dopo 13 anni di proibizionismo il parlamento abrogò questo divieto votarono a favore della liberalizzazione il 73% degli onorevoli.
Una maggioranza schiacciante. Come mai il proibizionismo fu abrogato? Semplicemente perché la maggioranza degli americani si era resa conto che produceva più danni che benefici. Tredici anni di repressione durissima non avevano intaccato il consumo di alcol creando invece la necessità per chiunque volesse bere un goccetto di finanziare il mercato illegale.
La malavita statunitense si era arricchita enormemente arrivando ad avere mezzi economici tali da renderle possibile la corruzione di un numero enorme di poliziotti e giudici. Gli Usa pullulavano di locali che facevano dollari a palate mischiando alla vendita di alcol l’esercizio della prostituzione, delle scommesse clandestine, della ricettazione e di altre attività illegali che fiorirono prepotentemente sulla scia del commercio degli alcolici. Inoltre, la giustizia americana si trovò a mandare in prigione molti cittadini per altro probi, colpevoli solo di desiderare di prendersi una sbornia ogni tanto. Infine, le bevande vendute dalla malavita erano spesso di pessima qualità, con aggiunte di ogni sorta di schifezza e questo provocò danni alla salute dei bevitori maggiori di quelli provocati dal consumo di alcol di buona qualità.
Alla fine ci si rese conto che continuare sulla via del proibizionismo avrebbe dato una tale forza alla malavita e avrebbe corrotto la vita pubblica americana a un tale livello che i vantaggi del divieto erano molto inferiori dei disastri che produceva.
Semplicemente è impossibile vietare a milioni di persone di bere se desiderano fortemente farlo. È possibile invece convincere le persone a smettere di consumare prodotti nocivi o limitarne il consumo. Questo è accaduto ad esempio con il fumatori di tabacco, da anni in costante diminuzione nei paesi occidentali, grazie a una imponente campagna di informazione, la tassazione, il divieto di vendita ai minori, il divieto alla pubblicità delle sigarette su radio e televisione, la limitazione degli spazi dove il consumo è consentito e forse anche grazie alle scritte terroristiche stampate sui pacchetti di sigarette. Anche l’informazione sui pericoli legati al consumo di alcol, anche se più lentamente che rispetto al consumo di tabacco, sta dando risultati.
Il numero dei consumatori di quantità eccessive di alcol in Italia è notevole ma in diminuzione. L’elaborazione dell’Indagine Multiscopo ISTAT 2002 “Stili di vita e condizioni di salute” effettuata dall’Istituto Superiore di Sanità stima in circa 36 milioni i consumatori di bevande alcoliche in Italia, 20.500.000 maschi e 15.500.000 femmine; di questi il 14,2% (7.136.000 circa) dichiara consumi alcolici eccedenti i limiti massimi indicati dalle Linee Guida per una sana alimentazione in maniera prevalente tra le consumatrici (19,1 %) rispetto ai maschi (9,2 %). Il numero dei forti consumatori di alcol rappresenta una percentuale del 14,4%, sul totale dei consumatori, un dato in decrescita, infatti nel 1993 i forti consumatori erano il 18,6% del totale
Una diminuzione di quasi un quarto delle persone a rischio alcolismo, in 9 anni non è un grande risultato, ma è comunque un segnale positivo, ottenuto senza utilizzare particolari divieti, grazie alla crescita della cultura del benessere e della cura del corpo. Dobbiamo osservare inoltre, che lo Stato non si è proprio impegnato contro l’alcolismo nonostante i terribili danni che provoca. Come vedremo in seguito, secondo i dati della relazione del governo sulle droghe, l’alcol ha provocato, nel 2006, addirittura 24mila morti.
Sono storia recente le campagne di informazione in tv, corsi nelle scuole e altre iniziative degne di nota. Restano legali le campagne pubblicitarie in radio, televisione, nei cartelloni per strada, in Internet ecc. che mostrano giovani di successo con un bicchiere in mano della nota marca di superalcolico. Che cosa sarebbe successo se invece lo Stato avesse fatto il possibile per dissuadere i cittadini italiani a esagerare con l’alcol?
Secondo i dati dell’Istituto superiore della Sanità in Italia anche il fumo di tabacco provoca danni notevoli che sono quantificati in 80mila morti all’anno circa. Anche qui osserviamo che si sta verificando una diminuzione dei consumi in tutti i paesi industrializzati.
Dal 2003 al 2005 il consumo di tabacco in Italia era diminuito di più di 10 milioni di tonnellate all’anno. A prima vista parrebbe che in questa diminuzione del danno abbia giocato anche la bordata di divieti decisa da Sirchia nel 2005 che ha decretato il divieto di fumare nei locali pubblici al fine di tutelare la salute dei non fumatori e incentivare le persone con problemi di tabagismo a smettere di fumare.... Ma i dati del 2006 dimostrano esattamente il contrario. I divieti sono arrivati quando il consumo di tabacco stava diminuendo spontaneamente.
In un primo momento questi divieti hanno accompagnato la decrescita senza incrementarla in modo particolare ma a distanza di due anni si scopre che i consumi hanno smesso di diminuire e anzi si è registrato un aumento del consumo pari a un milione di tonnellate di sigarette in più.
I divieti incattiviscono i consumatori e rendono più affascinanti le sigarette per i giovani? Sembrerebbe proprio di sì.
Il proibizionismo non paga.