Esistono persone che sentono il sapore dei numeri
Inviato da Cacao Quotidiano il Dom, 05/04/2014 - 00:07Particolari rarissimi fenomeni ci possono far scoprire nuove frontiere della nostra mente
Grande posto Alcatraz, incontri sempre gente interessante… Un giovane ricercatore che si occupa di medicina, tra una lasagna e una torta pasquale salata (farina, uova, formaggio), mi ha parlato di Daniel Tammet un ragazzo autistico che è un prodigio matematico. Uno di quegli strani tipi alla Rain Man che riesce a fare istantaneamente, mentalmente, moltiplicazioni tra cifre di 50 numeri. Da paura. Ma a differenza di altri geni matematici strani lui ha una facoltà particolare: riesce anche a imparare una lingua sconosciuta in 7 giorni tanto bene da poter affrontare in televisione una conversazione complessa. In una video conferenza su Ted, (meraviglioso portale sulle nuove idee) racconta che la sua mente funziona in modo molto diverso da quello comune alla maggioranza umana.
Lui vede i numeri come segni, colori, emozioni, sensazioni e agglomerati di pongo colorati a macchie. Cioè, lui sente il concetto 38294857492094394857 come una forma fisica colorata, ma anche come una sequenza di stati d’animo, di sensazioni. Per moltiplicare i numeri mette vicini (nella sua testa) gli oggetti/emozione/sensazione che li rappresentano e nella sua mente si forma spontaneamente un terzo agglomerato bitorzoluto emotivo e colorato che è il prodotto dei due agglomerati da moltiplicare… Quindi “legge” l’agglomerato e la sequenza del risultato gli arriva in testa senza sforzo.
Anche le parole per lui non sono solo concetti ma anche oggetti, ritmi, numeri di sillabe, agglomerati di pongo emozionale. Ed è per questo che riesce ad imparare perfettamente una lingua in modo fulmineo: lui sente l’emozione delle parole e quindi gli risulta facile capire cosa vogliono dire. Sente la forma fisica della frase e quindi ne intuisce la struttura.
Un genio che oltretutto è capace di spiegare nel dettaglio come riesce a fare quel che fa. Dice che il suo cervello in qualche modo mischia i 5 sensi esterni con il senso della percezione di sé (propriocezione). Se ho ben capito, mentre quando io penso al numero 5 si muovono solo le aree del cervello che interpretano i numeri e solo secondariamente qualche ricordo legato al 5, il suo cervello è incapace di separare i concetti dall’insieme di ricordi e esperienze, quindi sente il profumo del 5, il gusto del 5 e così via, in un’incredibile processo di identificazione veramente olistico: percepisce tutto l’insieme contemporaneamente.
Qui trovi la conferenza (se vuoi nel video ci sono i sottotitoli in italiano). Qui un documentario su Tammet.
Tammet finisce la sua conferenza invitando il pubblico a provare a immaginare come si percepirebbe la realtà se si avesse la mente come la sua. Invita le persone a giocare con le idee correnti sulla nostra esperienza percettiva e a immaginare di percepire altro tutto insieme.
Questo discorso mi ha affascinato e ho iniziato a pensarci su.
Ho cercato di trovare nella mia esperienza quotidiana qualche aspetto di questa contaminazione percettiva.
In effetti se dico la parola FRAGOLA, non mi viene in testa solo il concetto fragola, ma anche una serie di micro sensazioni che in qualche modo contengono il ricordo di tutte le esperienze che ho vissuto collegate alla fragola. Mi ricordo il sapore fragola, la zia Rosina che mi faceva ganascino mentre mi offriva una fragola, il rosso di un tramonto che un giorno guardavo assaporando una fragola. Io non sento fragola solo come concetto, anch’io, in misura minima, sento con il corpo e con il cervello la fragolosità.
Se pronuncio la parola BANANA succede qualche cosa di simile ma ovviamente le associazioni sensoriali e di ricordi sono completamente diverse. E questo fa sì che esista una mia idea/sensazione di fragolosità e di bananità completamente diversa da quella degli altri perché essi hanno ricordi ed esperienze diverse.
Avendo trovato questo minimo punto di contatto con l’esperienza fuori dal comune di Tammet, mi chiedo se, facendoci attenzione, non ne potremmo trovarne altri.
E inizio a ragionare in questa direzione col sospetto che ci sia qualche cosa di interessante da identificare. Come al solito la mia ricerca si basa sull’idea che ci siano parecchie cose che ho quotidianamente davanti agli occhi ma che non vedo perché non sono abituato a identificarle.
E mi viene in mente una domanda che mi sono fatto qualche giorno fa: quando parlo, specie se sono emozionato, le parole sgorgano dalla mia bocca senza che la mente razionale le abbia pensate una per una. La mente razionale mentre io parlo sta ascoltando quel che dico. E ogni tanto mi dico: “Cavolo questo non lo dovevi dire!” oppure “Ecco! Hai fatto centro, continua così!” Parlare, è un’attività che svolgiamo solo parzialmente in modo consapevole.
Magari hai studiato per anni un argomento, ma poi quando vuoi raccontarlo la bocca va da sé. Un attimo prima di dire una parola non sai che stai per dirla. Ugualmente un bravo oratore muove le mani e il corpo in modo armonioso ma non sta controllando volontariamente quei gesti, essi sono decisi dalla parte istintiva della mente.
E fino qui spero di essermi spiegato.
Ma poi mi sono chiesto, come faccio a iniziare un discorso? Cosa succede nella mia testa quando decido di raccontare la mia opinione sulla rivoluzione delle ecotecnologie?
Quel che viene in mente a me non è un’immagine precisa, intellegibile. Non vedo una foto e neanche il titolo del discorso o qualche cosa del genere.
Se faccio un po’ di sforzo con la memoria e cerco di andare a guardare cosa appare, come prima cosa nello schermo mentale, quando inizio il discorso, vedo anch’io una specie di pallottola informe di pongo. Un pongo di un colore solo, color caffelatte… Ma comunque una cosa tridimensionale. È come se i titoli degli argomenti di conversazione, i titoli delle idee di cui vado parlando, non fossero registrati nella memoria sotto forma di parole o immagini che rappresentano l’argomento, ma come oggetti informi e misteriosi che però una parte del mio cervello intende benissimo e via che parte e va a pescare nella memoria il file di quel discorso e comincia subito dopo a dire quel che desidero dire. Magico!
Daniel Tammet è il primo a riuscire a descrivere processi mentali rari. Termina la sua conferenza dicendo che sarebbe interessante per tutti provare a immaginare che il cervello possa funzionare in maniera diversa.
Riflettendo su questo tema mi sono reso conto che in effetti non ci occupiamo molto di osservare cosa succede sul nostro schermo mentale. Gia solo l’espressione “schermo mentale” può non essere chiara a tutti. Mi riferisco a quel che vedi quando hai gli occhi chiusi, quello è lo schermo mentale. Ma anche quando hai gli occhi aperti quasi lo vedi (in un certo qual modo). A volte ci sono delle immagini fulminee che ti passano davanti agli occhi mentre parli con una persona. Non è che smetti di vedere quel che ti circonda, potremmo dire che un’immagine fatta di nebbia si sovrappone a quel che stai guardando oppure che puoi guardare uno schermo supplementare contemporaneamente a quel che vedono i tuoi occhi. Uno schermo mentale, appunto…
Ho iniziato a farci caso e, in effetti, noto che se devo richiamare alla memoria un ricordo non uso una fotografia ma appare sul mio schermo mentale qualche cosa di indefinito (un piccolo agglomerato marroncino nel mio caso). E c’è anche una lieve sensazione, emozione, in questo agglomerato.
E osservo anche che il termine Schermo Mentale in realtà è incompleto perché non si tratta di una sensazione solo visiva bidimensionale, è anche uno spazio che ha profondità e che potrei descrivere anche in termine di sensazione corporea diffusa (cavolo!). Mancano le parole per dirlo.
Sono molto curioso di sapere se c’è qualcuno che identifica qualche cosa di simile… In effetti, stiamo discutendo di qualche cosa che sta ai limiti della realtà percettiva.
(Sto proponendoti di partecipare a una ricerca collettiva sulle sub modalità mentali, se vuoi contribuire usa lo spazio per i commenti sotto questo articolo).