Centro Ghélawé Burkina Faso

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Chi ci segue sa che da quasi due anni collaboro con l'associazione Centro Ghélawé
a un progetto per la costruzione di una scuola per l'agricoltura e l'allevamento in Burkina Faso. Quello di aprile e' stato il mio secondo viaggio in Africa, ma per la prima volta ci siamo calati nella vita e nella societa' del villaggio di Loto, a pochi km dalla citta' di Diébougou, regione sud ovest del paese.
Vi racconto dunque un po' di "appunti di viaggio".
Buona lettura (e scusate se non sempre saranno buone notizie).

Simone Canova

Se un giorno decidete di partecipare attivamente e in prima persona a un progetto di solidarieta' internazionale in un paese in via sviluppo, tipo il Burkina Faso, pensateci bene perche' potreste veramente vedere cose che gli umani occidentali non possono nemmeno immaginare.
Chi puo' immaginare cosa vuol dire vivere a 40 gradi, tutti i giorni, senza avere a disposizione frutta e verdura con cui recuperare un po' di forze?
Chi puo' immaginare cosa vuol dire caricarsi dieci litri di acqua in testa tutte le mattine?
Forse qualcuno puo' capire cosa voglia dire non saper leggere e scrivere, ma immaginatevi di non saper neanche parlare la lingua ufficiale del paese e quindi essere tagliati fuori da radio, giornali, telegiornali e biblioteche.
In Burkina Faso ho avuto spesso l'occasione di parlare con Olle', un uomo che insieme a noi partecipa al progetto del Centro Ghélawé.
Quando gli ho chiesto come mai ci fossero tanti bambini che non andavano a scuola, lui mi ha risposto come un vero africano: pausa per pensare alla risposta e poi il classico "Bon..." (Bene, in francese) che inizia tutte le frasi ben meditate.
"Quando un padre (era sottinteso che ci stessimo riferendo a un agricoltore o allevatore di un villaggio) ha 5-6 figli (la media nazionale e' di 6-7), puo' arrivare a mandarne a scuola 2, per gli altri non ha i soldi per la divisa, i libri di testo, i quaderni, le penne, le matite. Deve scegliere chi mandare a scuola e chi no, non ha altre possibilita'".
Su 10 bambini ne vanno a scuola mediamente 4, due vanno alle superiori e solo uno all'universita'.
Spesso le nostre conversazioni cominciavano e finivano cosi', perche' le sue risposte mi affaticavano. Come quella volta che gli chiesi cosa mangiassero i bambini. Mi disse che, "Bon", i bambini mangiano il to (una polenta di miglio cotta senza sale), bagnata nell'acqua. E basta.
E basta???
E basta.
Quante volte al giorno?
Una.

Nel suo libro "Ebano", Ryszard Kapuscinski scrive che l'Africa, per come la intendiamo noi, non esiste. "E' un oceano, un pianeta a se' stante, un cosmo vario e ricchissimo... E' solo per semplificare e per pura comodita' che lo chiamano Africa."
L'Africa che ho visto io, quella dei villaggi e delle piccole citta', e' si' un oceano, ma di paesaggi ed ecosistemi che si stanno distruggendo, abitati perlopiu' da persone abbandonate, che stanno perdendo la loro energia e la loro dignita'.
Per spiegare meglio il concetto di abbandono racconto un'altra delle mie interviste brevissime a Olle': gli chiesi perche', invece di comprare il cibo in giro, non ci facessimo preparare il mangiare (che davamo a tutte le persone che venivano ad aiutarci nei lavori del progetto) da un gruppo di donne che abitavano vicino al cantiere del Centro.
Mi rispose, sorridendo, che Bon, quelle donne appartengono a una etnia che non sa cucinare. Mangiano latte.
Sono mai stati organizzati corsi di cucina?
No.
La miseria piu' grande di questi popoli, chiamati dai bianchi Quarto Mondo, sta nella mancanza di possibilita'.
Se le scuole non sono gratuite, soprattutto i libri di testo e la cancelleria, per milioni di bambini non c'e' possibilita' di studiare.
Se le medicine contro la malaria e le zanzariere non sono gratuite, anzi costano care, il 45% della popolazione si ammala.
Se la cosiddetta cooperazione internazionale non organizza corsi di cucina, educazione alimentare, assistenza alle neomamme, la denutrizione e la mortalita' infantile rimarranno sempre alte.
Sapete, paradossalmente, qual e' il segno piu' evidente della malnutrizione di un bambino? La pancia gonfia.
Mentre in Europa la bioarchitettura riscopre e valorizza i sistemi di costruzione degli africani, gli africani stanno abbandonando la terra e sostituiscono il letame di mucca per coprire le loro capanne con la lamiera di acciaio (che a 40 gradi non e' per nulla salutare).
Mangiano pochissimo, ma devono ricaricare il cellulare, comprare la televisione e il motorino e, cosa forse piu' grave, bevono. Olle' mi lascio' senza parole quando mi disse di bere 4 litri di chapalo' (una tradizionale bevanda alcolica a base di miglio) al giorno: uno la mattina, uno al pomeriggio, due alla sera.

Questa e' la situazione che ci si e' messa davanti agli occhi quando, da buoni e volenterosi bianchi dei paesi ricchi, siamo arrivati in Burkina Faso col nostro progetto di formazione sull'agricoltura e l'allevamento.
In questi ultimi giorni ho avuto modo di parlare con alcune persone, anche del "settore", che mi hanno confermato quanto sia difficile per loro capire e soprattutto immaginare un progetto di formazione, nonostante questo si basi sulla filosofia di una rivoluzione che in Burkina Faso c'e' gia' stata, quella di Sankara.
Sankara, mi e' stato detto da un burkinabe', e' stato un rivoluzionario del progresso, ha costruito pozzi, strade, case, ha ridotto la corruzione dei dipendenti pubblici, ma la sua non fu una rivoluzione sociale.
Ho sempre creduto che ogni rivoluzione sia passata prima di tutto per la testa della gente, che abbia cambiato innanzi tutto le loro idee e il loro modo di pensare, ma mi accorgo che non e' cosi'.
Oggi, infatti, e mi fa molto male dirlo, delle idee rivoluzionarie di Sankara rimane solo il ricordo.
Basta nominarlo, chiedere un suo libro, per vedere gli occhi brillare e per sentire i ragazzi e i giovani animarsi; ma alla fine chi ha la possibilita' di uscire dalla morsa della poverta' scappa dal villaggio, va in citta', nella capitale, dove la vita sembra piu' semplice.
Gran parte dell'azione della cooperazione internazionale e del commercio equo e solidale di cui ho sentito parlare si svolge in citta' o in particolari aree del paese ricche d'acqua.
Con questo non voglio assolutamente dire che non siano progetti necessari e utili, anzi, in questi paesi costruiscono vere e proprie nuove forme di economia solidale, ma non riescono ad arrivare nelle zone rurali piu' povere.
Nel villaggio dove siamo noi, se vuoi partire con un progetto di commercio equo e solidale importando del burro di karite', ad esempio, devi prima costruire un laboratorio e un magazzino, portare acqua ed energia elettrica, organizzare la cooperativa, fornire loro tutti gli strumenti e spiegare un nuovo metodo di lavoro (altrimenti il burro risulta infestato da microbi, muffe e batteri).
Ecco cos'e' l'abbandono e la mancanza di possibilita'. Solo dei pazzi inizierebbero un cammino su questa strada. Noi l'abbiamo iniziato, costruendo, anche con le nostre mani, una casetta (12mq con vista mango) fatta con terra, legno, paglia e ovviamente cacca di mucca.
Abbiamo costruito un nuovo pozzo e nel villaggio di Loto, sud-ovest del paese, c'e' un accesso all'acqua in piu'. I lavori per la costruzione di un pozzo in Africa sono interminabili e infatti non sono ancora finiti. L'acqua c'e', l'abbiamo vista uscire e ci siamo bagnati, e' potabile perche' l'abbiamo bevuta e possiamo raccontarlo, ma l'impianto non e' stato ben preparato (il basamento ha subito iniziato a rompersi perche' nell'impasto era stato utilizzato troppo poco cemento) e ci sono stati problemi di pressione con i tubi che sono stati calati nella falda.
Alcune persone che nel corso di questo viaggio si sono dimostrate capaci di gestire qualcosa stanno seguendo i lavori di completamento dell'impianto e spero presto di poter dare buone notizie.
Abbiamo infine delimitato i terreni del Centro e abbiamo piantato quattro cuccioli di alberi di mango.
Entro agosto dovremmo avere anche, oltre al pozzo, i campi arati e una seconda casa costruita.
Come mi ha detto qualcuno: poteva andare peggio.
Nelle prossime settimane ho qualche altra storia da raccontare su questo paese e sui suoi abitanti, ho da scrivere dei responsabili dei danni che sono stati fatti.
Diffidate da chi vi dice che l'Africa e' un posto bellissimo, il mal d'Africa fa male veramente.
Il prossimo che mi chiede se mi sono divertito, lo picchio, con affetto, ma lo picchio.

Per aiutarci in questo progetto puoi acquistare uno dei batik proposti su Commercioetico.it


Commenti

che può valere .. io e mia moglie abbiamo destinato il 5 per mille al centro e ne siamo contenti.
Continueremo con altro in futuro.
Ciao,
Beppe

I can't understand why people are frightened of new ideas. I'm frightened of the old ones.
"Io non riesco a capire perchè la gente è spaventata dalle nuove idee. Io lo sono da quelle vecchie."
John Cage (1912 - 1992)

Il Burkina Faso è uno dei paesi più poveri del mondo.Simone,non devi picchiare chi ti chiede se ti sei divertito, devi dire di sì , devi dire cose che la gente si aspetta, tipo -oh il tramonto sulle meravigliose sabbie d'Africa è un incanto unico al mondo. Ed ora mi manca così tanto- cose tipo - E sì l'odore della sabbia, la nuda terra dell'Africa sono uniche al mondo e ti mettono di fronte a te stesso- alle donne cose tipo :- Il sorriso meraviglioso di quei bambini ti ripaga di tutto!- agli uomini: - le donne africane sono davvero stupende, indossano la loro nudità senza alcuna malizia, totalmente diverse dalle italiane.- COSì TUTTI VORRANNO VENIRE CON TE LA PROSSIMA VOLTA, A COSTRUIRE le capanne a 40 gradi! E se poi trovano la sorpresa... Che ti importa, tanto non ci sono TAXI PER andare in aereoporto a cambiare il volo prima del previsto!
Per quanto mi riguarda mi piacerebbe venire a lavorare ad un progetto così. Dopo che avrete installato tutti i pozzi e le docce. :-)

Ciao sto scrivendo dal Burkina Faso dove vivo e lavoro da circa un anno e mezzo. Prima per tre anni venivo in questo Paese per seguire micro-progetti di cooperazione decentrata, nella provincia del Poni (confinante con la Bougouriba). Attualmente sono capo-progetto in un progetto di cooperazione internazione e ovviamente lavoro per una ONG. Il progetto copre 16 CSPS (Centro di salute e promozione sociale) che sono in pratica le strutture sanitarie di base. Lavoriamo in due Regioni quella des Cascades e quella di Hauts-Bassins, siamo praticamente confinanti con la Bougouriba dove tu hai vissuto la tua esperienza. Nella Bougouriba noi abbiamo realizzato (con altri finanziamenti) 3 pozzi, precisamente nel Dipartimento di Tiankoura, non lontano da Diébougou. Non è vero che la cooperazione lavora nei centri maggiori,noi lavoriamo in villaggi sperduti che richiedono ore e ore di viaggio perchè non esiste una strada.E così tante altre ONG sia italiane che di altri Paesi occidentali. Il tuo racconto è molto avvincente ma non so perchè ma mi sono sentita un pò "toccata", dire offesa è decisamente esagerato ma non so che termine usare...ma non per le tue considerazioni sulle ONG, no figuriamoci...ma per il tuo modo di parlare della povertà e di queste persone.Il Burkina Faso è un Paese complesso che conta almeno 60 etnie che vivono pacificamente:le guerre tribali sono finite da un bel pezzo e la convivenza nei villaggi funziona perfettamente. Inoltre esiste "un sistema" di "ammortizzazione delle tensioni sociali" che personalmente considero favoloso, la cosiddetta "plaisanterie". Tale "strumento" è stato ampiamento usato con successo anche da Sankara per ridurre le tensioni sociali. La vita pacifica e la capacità di scaricare le tensioni sociali (etniche)credo che siano una grande dimostrazione di civiltà e di dignità di questo popolo. Ma certo tra le etnie esistono livelli di pregiudizio, probabilmente le donne che secondo quell'uomo di cui parlavi non sapevano cucinare sono peul una etnia dedita prevalentemente all'allevamento...Tutte le altre etnie dicono che le donne peul puzzano di latte perchè dormono con le capre e che mangiano solo quello...Niente di più falso,hanno la loro cucina e la sanno fare bene come tutte le altre donne delle altre etnie...non si fanno corsi di cucina per rispetto culturale e perchè ci sono tanti tabù relativi a certi cibi e questo dipende appunto dalle etnie.Per esempio per molte etnie è vietato alle donne incinte di mangiar carne di pollo e uova.Ti garantisco che i nostri sistemi di comunicazione non funzionano per niente ed organizzare un corso di cucina è perfettamente inutile. Incidere sui cambiamenti culturali non è facile e c'è sempre quel limite dove comincia la "colonizzazione culturale"che non va mai superato ma che è difficile da stabilire.Comunque nei CSPS in genere gli agenti sanitari insegnano alle donne quali cibi (tra quelli da loro usati e quindi in armonia con la loro cultura e tradizione) da dare ai propri figli per evitare la denutrizione che in questo Paese spesso è legata non tanto alla carenza alimentare ma all'ignoranza cioè la non conocenza di quali cibi sono indispensabili alla crescita del bambino. Il to è il piatto base di questo Paese e non tutti hanno la capicità economica per variare l'alimentazione...E' vero che qui la popolazione beve il chapalo ma ha una gradazione minima che non raggiunge i due gradi, inoltre a 40 gradi aiuta a reintegrare i sali minerali e attraverso il sudore l'alcool viene espulso facilmente. Certo c'è anche chi ci si sbronza con questa bevanda, ma non è un Paese di alcolisti! Per parlare delle medicine:le cure per la malaria in questo Paese sono gratuite fino a 5 anni e per le donne incinta,per tutti gli altri il costo è minimo, 200 FCFA (ovvero 30 centesimi di euro, 100 franchi per il paracetamolo per abbassare la febbre e 100 franchi per la clorochina per curare la malaria) per le zanzariere:c'è stata una campagna di consegna gratuita alle popolazioni.Comunque le donne gravide la ricevono gratuitamente, altrimenti il prezzo per tutti e di 1500 FCFA (ovvero 2.28 euro). Qui si muore di malaria in genere per ignoranza, non perchè la cura è inaccessibile ma perché si arriva al CSPS quando si è già ad uno stadio tale che è impossibile intervenire,e questo può essere dovuto:1)il CSPS è troppo lontano e non ci sono strade praticabili per arrivare a tempo debito;2)si va prima del feticheur (una specie di stregone legato alla cultura animista)e in ultima istanza (quando purtroppo è troppo tardi) si va al CSPS.I problemi in questo Paese sono tanti e ogni settore di intervento è prioritario:l'educazione/formazione degli adulti (circa l'80% della popolazione è analfabeta)perchè la conoscenza e il sapere sono indispensabili per l'autopromozione e l'autosviluppo, la SANTE ovvero aumentare i servizi sanitari e soprattutto migliorarne la qualità (nei CSPS gli infermieri fanno anche le appendiciti e i piccoli interventi perchè non ci sono medici a sufficienza), l'acqua ovvero realizzare punti di raccolta per le popolazioni in modo che possano:a)avere l'acqua più in prossimità delle abitazioni (con beneficio per le donne e soprattutto per le bambine che così hanno il tempo di andare a scuola);b)bere dell'acqua salubre ed evitare quei parassiti che uccidono soprattuto i bambini (la volgarissima dissenteria uccide più di una guerra...in questo Paese nel 2001 risultava che il 50% dei bambini non arrivasse a 5 anni). E poi l'agricoltura, l'allevamento, la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e poi tutto quello che ci viene in mente..serve tutto...l'importante è che qualsiasi cosa sia partecipata e richiesta dalla popolazione.Niente, nemmeno un pozzo dovrebbe essere fatto se non c'è la consapevolezza della necessità da parte della popolazione.Perchè tutto ciò che noi riteniamo importante non è necessariamente percepito nello stesso modo dalle popolazioni locali. Sto dicendo delle ovvietà ma tali ovvietà proprio perchè ovvie il più delle volte non vengono considerate,noi occidentali siamo talmente pieni di noi e della nostra capacità di sapere cosa è giusto o sbagliato che non ci preoccupiamo minimamente di capire se il bisogno è percepito come tale dagli altri di cultura diversa. Per questo motivo spesso ci ritroviamo a lottare contro i mulini a vento e ci meravigliamo di come un villaggio possa non preoccuparsi del proprio pozzo che gli abbiamo realizzato, un bel pozzo che dava della buona acqua...si è rotto un pezzo che bastava sostituire e...voila il pozzo rimane una specie di mausoleo a ricordare che una volta uno straniero è passato di qui....Dunque tutto questo per dire che il mal d'Africa esiste e fa male,tanto ma perchè acquisisci la consapevolezza della nostra imbecillità occidentale...ci meravigliamo che a Diébougou tutti vogliano un cellulare e la televisione mentre c'è chi muore di fame...ma noi non siamo forse così?e allora perchè per loro dovrebbe essere diverso?Noi continuiamo a subire il fascino del consumismo nonostante le informazioni le sensibilizzazioni e quant'altro, e prchè non dovrebbe affascinare anche la gente di questo Paese? Credo che lavorare in questo Paese non significhi doverli educare ad una morale (consumismo si o no....)ma dar loro degli strumenti conoscivi utili per il loro autosviluppo. Più che corsi di cucina sono meglio i corsi in gestione economico-finanziaria per le piccole attività, che dicidano loro liberamente cosa cucinare e cosa comprare con il ricavato! sono meglio le azioni di sensibilizzazione attraverso il teatro ad esempio per dire cosa è meglio mangiare ma una cultura deve trovare in se stessa da sola la forza di rompere un tabù e capire cosa è meglio...Questo è un Paese meraviglioso ricco di calore umano come pochi altri Paesi al mondo...Quando torno in Italia muoio di nostalgia...è vero che sono bianca occidentale e dunque privilegiata...è vero che ho il privilegio di non dover portare 10 litri d'acqua tutte le mattine (e più volte al giorno)ma questo Paese ha qualcosa che non si può dimenticare...Qui la gente si diverte,comunque,perchè ha il senso reale delle cose... siamo noi che non sappiamo gustare la vita...La gente sa cosa significa morire e soffrire e dà un significato corretto ai problemi quotidiani e si gustano volentieri il loro chiapalo perchè è uno dei piaceri della vita perchè è un modo di condivisione ed è un modo di vivere la collettività...Io non mi vergogno a dire che mi diverto nel bere il chapalo che mi offrono nei villaggi e sono sicura che se le persone che ti hanno accolto leggessero il tuo racconto ci rimarrebbero male che tu abbia parlato solo di fame e di tristezza, che tu non abbia saputo apprezzare tutta l'accoglienza grandiosa che sono sicura ti abbiano riservato. Io ho la mia famiglia burkinabé,viviamo insieme ed è dura la differenza culturale!ma quando sto giù o ho qualche problema o mi arrabbio e mi indigno per certe cose che vedo in questo paese, mi dicono di guardare avanti e di essere forte...con dignità...mi dicono che ho un grande difetto,la sensibilità, bisogna avere la forza di fare quello che va fatto ma con il sorriso sulle labbra...parce-que c'est la vie....c'est l'Afrique...Allora io spero che in tanti veniate in questo Paese ricco di musica,cultura, arte dove la gente muore e vive con una dignità straordinaria...visitare questo Paese,come visitare ogni Paese è contribuire alla sua crescita perchè la contaminazione culturale è la cosa più bella che possa esistere...la contaminazione culturale che presuppone una reciprocità migliora le culture, la nostra e le altre... solo così potrà esserci un cambiamento,ovunque.

perché tra voi due?
perché credo di conoscervi entrambi, marina e jacopo, mi chiamo chiara e ho vissuto quasi 4 anni a Bobo. sono un architetto e ho lavorato tre anni e mezzo nei villaggi. ho sempre vissuto in cittá perché dovevo seguire piú di tre cantieri per volta, ognuno in un villaggio diverso. spesso a 40 km di distanza, su strade diverse.
durante tutto il primo anno non ho avuto forze per uscire e conoscere la cittá. ma presto ho contattato un centro di italiani che gestiscono con un gruppo di artisti burkinabé, un centro di formazione artigianale e artistico, e lí ho concentrato tutte le energie che mi restavano. sono stata loro fotografa, loro scenografa, aiutante e sostenitrice, innamorata di una cultura tanto ricca e tanto diversa dalla mia.
ho costruito in pietra con volte di ferro cemento come tetto ed é stata la piú grande esperienza della mia vita, riconosciuta e pubblicata dalla cooperazione svizzera.

ogni mattina mi svegliavo alle sei per organizzare i gruppi e affrontare i 1000 imprevisti della giornata. poi due ore di camion o moto a scelta, perché siamo una ong piccola, niente 4x4 e niente case di lusso!
ho vissuto sempre nella sede dell'associazione locale con gente curiosa che non conosceva il senso della privacy. anzi!!!!
ogni giorno sono stata sotto il sole, respirando la polvere del deserto e quella del cemento. mi sono riempita di macchie e gli occhi sono truccati da rughe indelebili.
ho mangiato tô tutti i giorni e bevuto succo di tamarindo.
ho eseguito lavori duri, caricando pietre sul camion, vibrando il cemento quando stava ad altezza non vertiginosa, aggiustando i ferri e contrattando materiali con astuti commercianti.
ho pianto due giorni quando il mio collaboratore é mancato di colpo e ho riso quando sono nati i bimbi dei miei capocantiere.
sono una donna, la prima che la gente dei villaggi vide dirigere un cantiere. la prima che sapeva costruire un muro e preparare una malta.
ma l'ho fatto sempre insieme a loro, seguendo i loro preziosi consigli e montando cantieri di formazione per i giovani, perché trovassero nei lavori manuali dignitá e perché riscoprissero i materiali locali divertendosi a imparare teconologie nuove.

ma una parte di me é ben cosciente del male che fa la cooperazione alla dignitá umana, degli interessi che spesso stanno dietro i progetti e che la gente quando vede un cooperante, grida ladro!
ho conosciuto davvero pochi cooperanti che non hanno la presunzione di venire a salvare o insegnare o condurre la vita della gente dei villaggi, che dal tempo di Lucy, 8 milioni di anni fa, vive in quelle terre.
e ricordatevi che la storia d'africa, da Lucy al 1890,
é sconosciuta...
un consiglio: andate in burkina e siate umili...