Cantare sul balcone di casa e' un diritto

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Lo ha stabilito la Corte di Cassazione pronunciandosi sul caso di un 58enne fiorentino che aveva sporto denuncia contro una vicina di casa perche' cantava sul balcone.
Secondo i giudici, sentenza 20750, “zittire una persona mentre da' libero sfogo al canto sul balcone della propria finestra equivale a tenere un comportamento quantomeno inopportuno se non addirittura potenzialmente atto a ledere i diritti della persona”.
Le richieste dell'uomo sono state respinte e dovra' anche sborsare 300 euro per aver fatto perdere il tempo all'orchestra della giustizia.
(Fonte: Aduc)

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Cantare sul balcone è una questione di stile, uno stile polivalente o polisemico, si può dire, e mi viene dentro la bona polisemica, che [per tutto ciò che si possa connettere alla polifonia antica] ha un paradigma col carattere più “aperto” del paradigma di Bona monosemica , in virtù del fatto che i significati particolari della Polisemia producono più allolessemi, a guardarlo in faccia è basato sulla opposizione tra l’ “avidità attiva” della parte inferiore(labbra piene) e la “tonicità facciale”: la correlazione caratterologica è di tipo Sanguigno/collerica, nE.A.P./E.A.P. , in cui l’ aria impudente, pur essendo visibile, ha un tratto di sazietà che implica una eccedenza implosiva .
La “bona polisemica”, dal paradigma aggettivale aperto, ha i caratteri polisemici del “sottile” e del “coinvolgente”, è, insomma, “sensuale”, con un rapporto intensivo tra lusinga e tentazione.
E’ un po’ così il temperamento equabile, più sottile, più coinvolgente, istituisce una performance intensiva tutta dentro l’allungamento temporale della sensualità e del corrispondente paradigma aggettivale, fino a farsi così “fotografico” da stuzzicare continuamente il fantasma o, se vogliamo, l’oggetto “a” di chi suona e di chi vede quello che si sta suonando e naturalmente di chi sta vedendo e ascoltando la vicina che canta sul balcone? Cosicché si possa dire che la musica, come il mondo, è una trappola che funziona perfettamente, una alterità, una estraneità in fin dei conti inintelligibile, tale è il segreto della forma e della singolarità dell’evento dell’altro? Ma, se capite quel che si vuole dire tirando dentro Baudrillard, cantare sul balcone è un po’ come la musica del temperamento equabile: è l’irruzione di ciò che proviene da un altro luogo, la precessione di ciò che proviene da un altro luogo, è la seduzione dell’estraneo e la devoluzione dell’estraneo, che ha sempre una misura “mesotonica”, una morbidezza che, se fosse corpo femminile nella sua realtà tattile e non sul balcone,sarebbe la transustanza mesotonica tesa come un puro significante, misura di una donna che sa come sta sospendendo l’histoire, l’umore dell’histoire e il tocco délicieux del suo temperamento equabile, così raffinato nella sua precisione e indifferenza di mesomorfa, codice somatico di giovane donna che assorbe e deliba[insomma, sembra il bottone gustativo] tutto il reale femminile nella diffrazione sottile del suo esserci.
Il temperamento equabile della misura mesotonica sa che l’altro non è mai alla fine del desiderio, è questo ? E allora che ci fa sul balcone? Beh, per attaccar bottone, ma forse gli ha dato troppo filo oppure chi saprà mai cosa cantava?