Greenpeace rompe le scatole sul tonno e vince

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A tre mesi dal lancio della campagna “Rompiscatole” sulla sostenibilita' ambientale del tonno in scatoletta (http://www.jacopofo.com/classifica-greenpeace-su-tonno-in-scatola), le aziende produttrici cominciano a migliorarsi.
Esselunga avrebbe deciso di non comprare piu' tonno trasbordato in mare, una pratica che favorisce molto spesso attivita' illegali.
Callipo, non utilizzera' piu' del 25% di tonno pescato con sistemi di aggregazione per pesci, che spesso aggregano anche tartarughe, squali, delfini.
Bolton, gruppo Riomare, si e' invece impegnato formalmente a predisporre una politica di sostenibilita' entro la fine dell'anno.
Balza primo in classifica il tonno Asdomar, una delle poche aziende che utilizza tonnetti striati, una specie non in pericolo e pescata con ami e lenze.
(Fonte: Greenpeace.org)
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IL TONNO ALLA CALABRESE , RECETA INMORALE O TENTAZIONE DI MURAT?
Quando si tira fuori il “Tonno alla Calabrese” passa al meridiano sempre il fantasma di Manuel Vázquez Montalbán perché si ritiene che sia una ricetta immorale, con la stessa semantica lussuriosa di una “Zuppa Giamaicana” o della “Tiatraounga Annamita”.
Come è possibile che per una semplice frittata campagnola, più o meno esotica, si tiri fuori il poeta Nyang Pot Troueng del XVIII secolo che scrive sul “Tiatraounga”:
Nascondi il nutrimento nell’anima dell’uovo
lascia che fluiscano le acque del Mekong
come fluiscono lisci i tuoi capelli
simili a una sorgente di inutili idee
il tratraounga nasconde i desideri
come gli occhi chiusi nascondono
l’umidore dei sessi;
e per una zuppa ad alta densità ma con poche voluttà esotico-mistiche si tiri fuori la “Tentazione di Murat”, che, per alleggerire il profondo senso di colpa del conscio collettivo di Pizzo, il “Tonno alla Calabrese” serva per cancellare “u piccatu i Giacchinu”:il peccato di Gioacchino Murat che, per la legge da lui stesso promulgata,e per la quale era comminata la pena di morte ad ogni civile trovato in possesso d’armi, fu catturato e fucilato dai pizzitani.
Si narra che anche l’insalata di tonno, della migliore produzione di Callipo e Sardanelli, con cipolle di Troppa, consumata con una europea longilinea mesomorfa,abbia la stessa virtù paradigmatica dell’Insalata di ostriche e branzino che va diviso con una normotipo ectomesomorfa alla Jodie Foster; il Tonno alla Calabrese, invece, come il Baccalà al pil pil o il Kadgeri, che va diviso con una spia sovietica di quarta generazione,figlia di madre indiana e padre morto nel Gulag, richiede una separatista irlandese con un podice da razza nordica-occidentale di Deniker, anche se, in mancanza, anche una brachicefala della razza dinarica o adriatica, con un bel naso aquilino, di cui si hanno prototipi in Al sazia e in Albania, in Dalmazia e in Croazia,nelle Ardennes e nel Veneto, può essere la compagna ideale per una attività umana che rifiuta spiegazioni empiriche.

TONNO 2: IL TONNO DELL’ISOLA DI S.PIETRO
Che cosa ha il tonno dell’isola di S.Pietro, 51.3 km 2 a sud ovest della Sardegna, che lo renda simile al Polpo alla Cretese, a cui sono state attribuite proprietà di iniziazione sessuale che forse sarebbe meglio attribuire al sole o ad altri ingredienti ambientali?
Fatto sta che se il Polpo alla Cretese abbia una inclinazione per le ragazze ecologiste inglesi diciannovenni con seni e natiche ben disegnati, il Tonno alla S.Pietro è molto gradito alla normotipo ectomesomorfa con un podice alla Druuna, anche se non si può dire che dispiaccia alla ectomorfa longilinea alla Miele. Il primo tipo, della razza occidentale di Deniker, potrebbe provenire anche dalle Cevennes, dalla Polonia e dall’Ucraina, che , essendo stata, quest’isola, ripopolata con una colonia di Liguri tabarchini, è speculare alla stessa razza ligure o celtoligure.Il secondo tipo è il prototipo dell’europeus dolicocephalus,la razza kirmica di Broca, che può provenire da Danimaca, Svezia, Norvegia, Fiandre, Olanda, regioni Baltiche. Se finisca in scatola il tonno di S.Pietro, e in quali scatole, al momento non mi è dato saperlo.

TONNO 3: IL TONNETTO SIBARITA E IL PARADIGMA RIASSAGGIATO
Il Sibaritismo, qualcuno di voi lo saprà, è pari all’esercizio della cucchiaiata, che sospende di solito la transustanza morbida, savoiarda, del Tiramisù, ha gli stessi gesti larghi della domanda-risposta, per cui,per la completezza dello Zen che non ha prevaricazioni del senso, qualora venga pregustato un termine vi si riporterà il suo termine opposto: il tonnetto, sott’olio, di cui fu Maestra conserviera la poetessa Marisa G. Aino, con la forchetta, in questo caso, di tonnetto, pescato negli anni Settanta del secolo XX dal padre: dirà la poetessa:è questo ? Risponderà il poeta: non è questo. La donna, con un’altra forchettata domanderà: è A? Il poeta, con un’altra forchetta: non è A. La poetessa domanderà del saggio: le risponderà il poeta parlandole dell’uomo comune. Lei domanderà: è non-A? Lui risponderà: non è non-A oppure né A né non-A.
La forchettata sarà nell’ordine del gusto e del tatto, quando il tonnetto lo sarà nell’ordine del tatto e del gusto ma con la raffinatezza che attiene ai due sensi: l’una entrerà in bocca, morbida: l’altro toccherà, sarà trattenuto, sarà fatto “tratto”, haiku, nel meridiano del tatto, mai e poi mai dovrà entrare perché altrimenti non sarebbe più “tratto” dovendo essere “estratto” per potersi rifare “tratto”, haiku.
Che cosa si colpiva se non il fondamento del segno? Con la precisione, la pazienza, il raffinamento e la saggezza,la forchetta, il tonnetto otterranno degli strati sovrapposti di senso, ciò che viene chiesto e ciò che viene risposto non deve svilupparsi né nel discorso né nell’assenza del discorso:il desiderio è opaco e tutto ciò che si può fare è ripeterlo, tante forchettate di tonnetto per la Maestra, tante forchettate alla Maestra,affinché il paradigma non venga chiuso,né risolto,ma sia riassaggiato, rileccato fino a che il tonnetto finisce.