Oltre a quello di campione del mondo, al laziale Massimo Oddo va anche il titolo di Acconciatore Honoris Causa.
Dopo la vittoria sulla Francia, ha portato in campo una sedia e tagliato il codino a Camoranesi.
A premiarlo e' la Federacconciatori della Cna di Roma "per il taglio di capelli eseguito davanti al maggior numero di spettatori" (circa 2 miliardi tra presenti e telespettatori).
Ha una carriera assicurata!
(Fonte: Repubblica.it)
Stefano Piazza
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QUELLI CHE IL CALCIO (3)....
QUELLI CHE IL CALCIO (3)
a cura di Paolo De Gregorio – 11 luglio 2006
In questa orgia di festeggiamenti per la vittoria pallonara, i nostri massimi dirigenti politici scorgono complesse connessioni con una nuova unità nazionale, un rinnovato ottimismo, un possibile aumento dei consumi e del PIL, e associano televisivamente i loro faccioni vecchiotti e un po’ sfatti ai bei volti dei calciatori vincitori nel segno comune della vittoria.
Mi viene un po’ da sorridere ricordando il vecchio adagio che vede la vittoria con molti padri e la sconfitta orfana, anche perché Gigi Riva, ora dirigente della Nazionale, a vittoria avvenuta, ha ricordato con ben poca enfasi che, in tutta la fase del mondiale, visto che si riteneva la squadra senza grandi possibilità, nessun alto dirigente si fece vedere (le parole di Riva sono: ci hanno lasciato completamente soli) per non associare la propria immagine ad un probabile fallimento dell’avventura azzurra.
Già questo ci dice qualcosa sull’ambiente “sportivo” di cui parliamo.
Un’altra sensazione impalpabile, ma netta, è stata quella che quel “quid” in più che i calciatori avevano nella concentrazione e nell’impegno derivasse dal fatto che solo una vittoria avrebbe realizzato una sorta di catarsi, un colpo di spugna su tutte le porcherie di doping e corruzione, di cui i calciatori erano a piena conoscenza e coinvolti.
La vittoria come “ordalia”, il famoso “giudizio divino” dei cavalieri medioevali che andava conquistato in battaglia e stabiliva che il vincitore era puro e nelle grazie del Signore.
Mi dispiace dirlo, ma quando vedo in TV le facce dei nostri emigrati in Germania, commossi e riconoscenti, che dicono che questa vittoria è per loro un riscatto e una rivincita, ho l’impressione che si contentino di una illusione, e ciò dimostra, con la forza di un teorema, la perversità di identificarsi in una vittoria altrui, soprattutto da parte di chi non ha mai vinto niente e poi resta subalterno nella società reale.
Un altro aspetto che non mi fa amare queste entusiastiche celebrazioni di vittoria, mi perdonerete, è quasi filosofico, nel senso che si celebrano le “categorie del più forte e della sconfitta dell’avversario” che, pur in una cornice apparentemente sportiva, appaiono come pilastri culturali dell’umanità, “archetipi” immutati fin dai tempi dell’Impero Romano. Anche l’uso del Circo Massimo per celebrare l’evento mi sembra una notevole continuità antropologica e culturale.
Ciò che viene enfatizzato come amor di patria e passione sportiva, è soltanto la piena accettazione di una società basata sulla competizione, sulla legge del più forte e sulla supremazia sugli altri.
La “scuola” da cui i calciatori mondiali provengono è quella delle società di calcio ormai divenute SPA e quindi fuori dalle categorie sportive, che sono un concentrato dei peggiori difetti della nostra civiltà: antidemocratiche, che inneggiano al “Principe Mecenate” che con il denaro assicura la vittoria, corrotte e drogate, che attirano violenti, intolleranti, estremisti politici, a dimostrazione geometrica che la “metafora del gioco del calcio” assomiglia più a una guerra di tutti contro tutti, e rappresenta il più antico degli “archetipi” culturali.
I mediocri politici e la mediocre stampa si accomodano compiaciuti sulla “positività” di questa vittoria, e la spremeranno al massimo strumentalizzandola a loro favore.
Personalmente penso che i sentimenti evocati da questa vittoria: siamo vincenti, orgogliosi di essere italiani, la accentuazione nazionalista, l’ottimismo a buon mercato, siano aria fritta e ci allontanano dalla comprensione dei veri problemi del nostro tempo, mentre sono formidabili puntelli a sostegno della legge del più forte, che è quella della jungla, o se preferite del moderno capitalismo.
Paolo De Gregorio