Centro Ghélawé News
di Simone Canova
Venerdì, sabato e domenica scorsi, in un soleggiato Piedimonte Etneo, provincia di Catania, si è svolta una riunione operativa del Centro Ghélawé, quella che viene ufficialmente chiamata "Assemblea plenaria dei soci". Nel nostro caso è l'occasione perché architetti, agronomi, addetti alla promozione del progetto, presidente, vice presidente e compagni di avventura, si ritrovino tutti intorno allo stesso tavolo per fare il punto della situazione e pianificare le attività future.
Due giorni di discussioni, ipotesi, idee, ma anche di grande affetto e straordinaria sensibilità.
Dal momento che i lettori di Cacao, fra cui ci sono moltissimi amici, sono fra i maggiori finanziatori del progetto, ritengo giusto raccontarvi cosa abbiamo deciso di fare per il futuro.
Nel 2006, durante una di queste riunioni operative decidemmo, a fronte delle esperienze vissute durante i primi sopralluoghi in Burkina Faso, che la cosa più importante era partire con i lavori, posare alcune pietre del Centro e dargli una prima dimensione fisica, creando un punto di riferimento, un "Centro" per l'appunto.
Da allora abbiamo dedicato energie e fondi alla costruzione di alcune prime strutture, all'impianto di alberi, all'organizzazione della vita all'interno del progetto. Da qui è nata la necessità della presenza in loco di uno di noi, Dario Fusto, e l'assunzione di 5 ragazzi che lavorino a tempo pieno per l'associazione.
Chi ci segue dall'inizio, o ha letto i reportage del progetto, conosce i risultati che abbiamo ottenuto.
Ora rallentiamo la costruzione del Centro per curare invece due nuovi aspetti del progetto: il primo è la sperimentazione agricola, il secondo, che si potrebbe definire "relazioni sociali con il territorio e le comunità locali", è in realtà qualcosa di molto più complesso. Come ho già avuto occasione di raccontare nel diario di viaggio dal Burkina Faso, gli abitanti del villaggio di Loto e dei villaggi vicini vengono a vedere cosa stiamo facendo, ci augurano coraggio, forza e salute, e tuttavia non siamo mai riusciti a capire cosa comprendano in verità del progetto, se in effetti riescano a immaginare che lì verrà una "strana" scuola, una scuola senza banchi, dove si può imparare molto, soprattutto a vivere meglio.
Ed è anche vero che tutto ciò che quotidianamente avviene al Centro Ghélawe e "dintorni" è un'esperienza nuova, a volte inimmaginabile e incomprensibile, anche per noi, che dobbiamo "imparare" ad ascoltare di più ciò che l'Africa ci racconta.
Per quanto riguarda la parte agricoltura, il piano è affascinante: per tutto il mese di aprile e di maggio Paolo Ferraris, agronomo, si dedicherà alla sperimentazione colturale. Inizialmente creerà 4 parcelle di terreno da 146,5 m2 (quadrato di lato 12,5m) che verranno arate e seminate. Pianterà mais e sorgo (due graminacee), arachidi (legume) e fagiolini (un ortaggio).
Ogni parcella sarà in luoghi diversi in modo da testare anche la fertilità di tutti i sei ettari a disposizione del Centro.
Se riusciamo, le parcelle possono diventare da 4 a 8, da 8 a 16, sperimentando più o meno irrigazione e testando la resistenza di diverse varietà della stessa specie.
Oltre a questo creeremo anche due orti veramente sperimentali. Pianteremo di tutto, dal basilico al radicchio di Treviso e, che bella coincidenza!, questa settimana alla Coop di Perugia ci sono proprio le sementi biologiche in offerta.
Tutto questo lavoro implica anche la sperimentazione, con i ragazzi burkinabè, del corso di formazione che andremo a proporre al Centro Ghélawé. Paolo preparerà delle schede, che diventeranno dispense, una sorta di libro di testo scolastico, per gli studenti che vorranno (avendone le possibilità) approfondire le lezioni.
C'è da dire che molti degli "studenti" che verranno al Centro Ghélawé sono analfabeti (non per niente stiamo finanziando l'istruzione scolastica dei bambini) e da questo punto di vista un aiuto potrebbe arrivare, come fanno al programma di alfabetizzazione cubano "Yo si puedo", da materiale audio e video.
Se ci sarà tempo, modo e disponibilità economica abbiamo anche pensato di iniziare il rimboschimento della collina che si trova dietro al Centro, seminando il fonio, uno dei più antichi e nutrienti cereali, già coltivato in Africa occidentale 5.000 anni fa ma oggi praticamente abbandonato perché difficile da lavorare e pulire. I chicchi di fonio sono infatti piccolissimi, quasi quanto un granello di sabbia. Il Centro Ghélawé può però fornire le tecnologie per lavorarlo meglio e con meno fatica.
Come già detto un pochino più complesso (non che la parte agricola sia facile!) è invece tutto ciò che riguarda le relazioni intercultuali. Chiunque conosca un po' di cultura africana sa che è molto complicata, ci sono gerarchie e rituali da rispettare, bisogna comprendere bene l'importanza e il valore della famiglia, del ruolo delle donne e dei bambini.
Ci sono poi le trattative economiche, i rapporti con il capo villaggio, chef de terre, delegato comunale e altre autorità dei villaggi e della città di Diébougou.
Se da un parte dobbiamo imparare a conoscere tutti questi aspetti, dall'altra dobbiamo stare molto attenti a quelli che invece sono i nostri atteggiamenti e comportamenti. Affezionarsi a un bambino, stabilire una nuova regola, sorridere, parlare in un certo modo e dimostrare sempre, in qualunque situazione, anche le più stressanti, tranquillità, diplomazia e rispetto, sono cose fondamentali. Se sottovalutate possono creare incidenti: ricordate l'incendio alla casa di Issa?
Contemporaneamente a tutto ciò è anche ora di iniziare a fare, seriamente, la promozione in loco del Centro.
Per questo abbiamo deciso di costituire un comitato di burkinabè, che affianchi Dario nella vita e nell'organizzazione del Centro e che faccia sensibilizzazione sul progetto.
Come abbiamo sempre detto, ed è importante anche ripeterlo, inizialmente il progetto è stato studiato e scritto da un'associazione burkinabè, che esiste ancora, porta lo stesso nostro nome, e che fino ad oggi si è limitata a guardare.
Ora vorremmo farli diventare operativi. Il primo passo sarà produrre materiale informativo scritto in francese, nonché destinare una parte dei fondi a contatti telefonici regolari per gli aggiornamenti.
Al Centro verrà creato un piccolo ufficio attrezzato, un telefono cellulare è già a disposizione, stamperemo volantini e manifesti, forse ci sarà bisogno di acquistare alcune biciclette.
Oltre a raccontare del progetto, il comitato, "bureau" in francese, avrà anche il compito di ascoltare quali sono le richieste dei villaggi e dei contadini. Il Centro, tra le altre cose, prevede anche la presenza di laboratori, ma laboratori di cosa ce lo devono dire loro.
Queste a grandi linee le novità. Un discorso a parte farò nei prossimi giorni per quanto riguarda la parte economica del progetto, anche questa oggetto di discussione durante l'incontro.
Prima di concludere però voglio ringraziare tutti coloro che hanno contribuito finora e contribuiranno in futuro, possiamo fare qualcosa di veramente straordinario per queste persone, con cose semplici, che però loro non conoscono ancora.
Non dimenticherò mai che Massa ha triplicato il raccolto dopo che Dario Fusto gli ha regalato un aratro a trazione animale.
Grazie.