Mia madre fu rapita, seviziata con tagli di lamette e sigarette spente sul corpo e violentata da un gruppo di fascisti armati. Oggi sappiamo chi erano questi criminali, ma non verranno mai puniti grazie alla prescrizione.
Sinceramente non mi interessa il fatto che non scontino nessuna pena per quello che hanno fatto. Non è una questione di perdono. Io non perdono proprio niente. Ma credo che la punizione sia compito di Dio o, se preferite, delle leggi di natura. E sono certo che gente di quel genere ha vissuto perdendo la cosa più preziosa: la possibilità di essere sensibili alla vita e all’amore. Chi si macchia di crimini orrendi per riuscirci deve uccidere la sensibilità al dolore altrui, ma così perde anche la capacità di provare empatia per altri esseri umani. Cosa può esserci di peggio che vivere afflitti dalla sordità emotiva?
Quale punizione per i terroristi?
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Commenti
Caro Jacopo,
io non credo all'equazione carcere=vendetta. Penso che spesso sia una punizione dovuta e doverosa, e provo molta rabbia per la commutazione a "pene alternative" che recentemente si è stabilita anche per reati molto gravi (per non parlare dei vari indulti e indultini). Temo oltretutto che gli sconti di pena non facciano che peggiorare la mentalità comune, in particolare per quanto riguarda la violenza sulle donne: non ne rispecchiano la gravità. Ma, se non ho capito male, anche tu sei d'accordo sulla detenzione per i crimini contro la persona.
Ricordo bene quando parlasti della vostra tragedia, anni fa. Ti definisti "un esperto di dolore" o qualcosa del genere, e io ti inviai una breve mail, non seppi fare di meglio.
Non è facile scrivere un articolo come il tuo, e nemmeno commentarlo. Cercherò di essere il più concisa e chiara possibile. Hai ragione nel sottolineare la stupidità della violenza, e a sottolineare la pericolosità della sua mitizzazione. Tutto quello che si può fare in questo senso è sicuramente prezioso.
Restano, a mio avviso, alcune domande senza risposta: e se la vittima non se la sente di parlare pubblicamente? E se i criminali non vogliono fare pubblica ammissione?
Sarò ancora più "perfida": e quando i criminali sono le "persone care"? Chi riconosce allora il tuo dolore?
Non farò tanti giri di parole: secondo me raramente il carcere è rieducativo ma la detenzione di chi ha commesso delitti disumani (anche se dovrebbe avvenire in carceri ben diversi dai luoghi bestiali che in realtà sono)credo resti uno dei due modi che vittime e persone cui le vittime sono care abbiano per non impazzire, perché di questo stiamo parlando. L'altro è il riconoscimento pubblico del proprio dolore, nel dettaglio. Ma l'uno non dovrebbe escludere l'altro.
Ti ringrazio per aver scritto ancora su un dolore così inguaribile.
Fino a non molto tempo fa ero
Fino a non molto tempo fa ero più che convinta che chi commettesse reati tanto aberranti dovesse pagare addiriuttura con la vita, ho vissuto in prima persona la sete di vendetta e mi era difficile capire la differenza tra il perdono e la tua posizione. Ho avuto modo di parlare con te e sono riuscita a capire tante cose: non si dimentica, ma si può e si deve andare avanti, continuare a vivere; altrimenti l'odio e la voglia di vendetta trascinano nel baratro dell'insensibilità emotiva. Una qualche forma di punizione credo sia necessaria specie a fronte di reati di particolare efferatezza; punterei molto allo sviluppo di un sistema di rieducazione però.
Eppoi, caro Jacopo, piccolo messaggio personale: GRAZIEEEEEEEE!!!!!! :)