Capitolo secondo
RAGAZZE EDUCATE
A volte la città non sembra più un ammasso di case, strade e semafori, ma un luogo misterioso, una foresta percorsa da fiumi metallici, o lava incandescente che sgorga dagli incendi intermittenti che vivono dentro i motori.
E tu veleggi su una barca a vela con le ruote, lungo quei canali infernali o lussureggianti. Lava o giungla… Forse dipende dall’umore. Per me era lava scura.
Dopo un’ora di giri, di garage per posteggiare il motorino, di portoni, cortili, centri commerciali e cunicoli sotto le cantine che lei, la mia guida, evidentemente ben conosceva e di cui, ragazza previdente, aveva le chiavi, arrivammo di fronte a una porta qualsiasi di un qualsiasi appartamento urbano. Una porta rivestita di legno, blindata, che si aprì grazie a chiavi nate per impensierire gli scassinatori. La ragazza si era tolta il casco, e sotto il suo viso era luminoso. Aprì la porta senza incertezze. Aveva le dita affusolate.
L’appartamento era spoglio, vuoto. Una serie di stanze dove sembrava non ci fosse nulla. Solo il frigorifero era moderno, enorme e pieno. Lei mi offrì un succo di frutta corretto con un dito di vodka. Mi fece bene. “Mi chiamo Teresa. So che tu sei Giovanni Lanzacurte…” Ci stringemmo la mano dopo che per mezz’ora ero stato abbracciato a lei sul motorino… Insolito.
C’era un’unica stanza con un minimo di arredi: un materasso steso per terra, sopra un tappeto pachistano di poco prezzo, sopra il materasso lenzuola bianche, una trapunta color panna, poi un tavolo e due sedie. Un portatile per terra. La ragazza si accoccolò sul materasso bevendo da una tazza. Io presi una sedia e mi misi di fronte a lei: “Mi puoi raccontare cosa è successo? Ho le idee un po’ confuse.”
“Non ne so niente.” Disse lei.
“Come non sai niente?”
“Mi hanno detto di venirti a prendere in quel punto. Mi davano istruzioni con il cellulare, ho il bluetooth nel casco.” Indicò il casco blu che stava per terra vicino alla porta. “Evidentemente qualcuno che seguiva.”
“Chi?”
“Non so. Sono dei simpatici vecchietti. Un gruppo strambo. Ogni tanto mi chiedono di fare qualche commissione per loro. Mi pagano bene.”
“Raccatti spesso gente inseguita dalla polizia?”
“Come mai ti cerca la polizia?”
Percepii una nota di preoccupazione nella voce. Se fingeva era una grande attrice.
“E’ quello che vorrei sapere. Non ho mai infranto la legge. Non faccio politica. Non conosco nessun criminale. Non c’è assolutamente nessun motivo per il quale dovrei avere a che fare con la legge.”
“E allora cosa è successo?”
Volevo avere da lei delle risposte e invece mi trovavo a subire un interrogatorio… Mi succede così con le donne. Non so come ci riescano.
“Ho fatto uno strano sogno. Una ragazza mi chiedeva aiuto per salvarla. Una città assediata… Timbuktù la profumata. Mi sono svegliato e chissà perché ho cercato Timbuktù la profumata sul web. E’ uscita una pagina con sopra il mio nome. Sono entrato e c’era scritto di nuovo il mio nome: Giovanni rispondi al telefono. Il telefono ha suonato e una donna mi ha detto Scappa, ti vogliono uccidere, sono falsi poliziotti. Sono uscito di casa e ho visto due auto cariche di uomini armati inchiodare di fronte al mio portone. Sono scappato e dopo poco ho incontrato te…”
Lei sgranò gli occhi dubbiosa: “Mi sembra una storia assolutamente incredibile… Se finisci in tribunale cerca di inventarti qualcos’altro… Questa non la beve nessuno…”
“Ma è andata proprio così.”
Lei mi squadrò soppesandomi: “Non devi convincere me… Io credo a tutto quel che vuoi. Non me ne frega niente. Mi pagano. Non faccio niente di male, e me ne vado con i miei soldini in tasca. Se vuoi che ti creda, ti credo. Ma se ti trovi nei guai forse ti serve una storia migliore.”
“Ma la verità è questa!” Risposi io mettendoci un po’ di cocciutaggine. Mi faceva incazzare rendermi conto che quel che mi era successo era privo di senso.
Lei sorrise: “La verità… Che te ne fai? A volte una bugia costruita bene è meglio della verità. Se racconti la verità non ti danno un premio… A volte ti mettono in galera o ti ammazzano proprio perché sei stato tanto stupido da dire la verità…”
Bestemmiai.
“E adesso quelli che ti hanno pagato cosa ti hanno detto di fare?”
“Niente. Devo stare con te ed evitare che ti suicidi fino a quando telefonano.”
“Quindi posso andarmene?”
“Mi hanno detto di spiegarti che se te ne vai da qui la tua vita vale quanto un assegno scoperto. Ma non ho certo modo di impedirti di andartene. Comunque, se vuoi un parere neutrale ti conviene aspettare. Qui sei al sicuro e quelli che mi pagano mi sembrano gente a posto… Lavoro per loro da 4 anni e non ho mai visto qualche cosa di losco. Loro sono convinti di essere i buoni.”
“Loro chi?”
“Te lo detto, sono dei vecchietti distinti. Alcune signore non rispettano le leggi dell’equilibrio alimentare e sono un po’ sovrappeso ma credo che pecchino solo con i marron glacé, per quel che ne so per il resto potrebbero anche essere cittadini modello.”
Più tardi fece da mangiare: spaghetti al sugo, insalata verde e formaggi. Gli spaghetti erano perfetti, col soffritto d’aglio.
Guardammo il telegiornale sul portatile.
Non c’era la mia fotografia, non parlavano di un ricercato a Milano.
Cercai anche in rete qualche notizia sul mio caso. Trovai solo due righe sul blog di un ragazzo che evidentemente abitava nella mia stessa via… Descriveva l’irruzione nel mio palazzo. Cercavano un ladro d’auto… Pensai ai miei coinquilini. Nessuno di loro era credibile come ladro di auto. Famigliole di impiegati, qualche pensionato e qualche studentessa che seguiva i corsi a Città Studi. Aggiungeva che avevano sfondato una porta al primo piano e sequestrato un paio di casse di materiali. Al primo piano abitavo io, i signori Cardella, pensionati, e una studentessa di biologia che non avrebbe rubato neanche un uovo al supermercato. Era chiaro che cercavano proprio me. Erano entrati nel mio appartamento.
Teresa uscì dal bagno dove si era fatta una doccia per almeno un’ora. Era avvolta in un asciugamano di spugna bianco. Mi disse: “Sono proprio stanca. Vado a dormire. Se non ti fai idee strane puoi dormire sul materasso. C’è solo questo in casa. Se vuoi lavarti c’è un cambio di vestiti e un asciugamano.”
Annuii.
Mi feci una doccia anch’io. Quando uscii lei russava lievemente.
Mi stesi nella metà di materasso che mi aveva lasciato.
Ricominciai per l’ennesima volta a ricapitolare la storia. Era priva di senso. La paura si alternava all’incredulità.
Non riuscendo a dormire iniziai a girare per casa. C’erano 12 stanze. Tutte con il pavimento di legno chiaro. Tutte quasi vuote. In una c’era un comodino. Aprii il cassetto, c’era un foglio con due parole scritte con un pennarello rosso. “Great complot”, grande complotto. In una stanza con una finestra piccolissima trovai un mucchio di libri accatastati alla rinfusa in un angolo. Edizioni rilegate in pelle, tascabili con le copertine morbide, opuscoli.
Iniziai a leggere i titoli. C’erano romanzi, La società degli assassini, saggi: Il piacere è sacro, guide e manuali…
Un titolo mi incuriosì: L’educazione militare delle ragazze. Iniziai a scorrere le pagine ma evidentemente c’era qualche cosa che non tornava. Il libro era un manuale di innesti per alberi da frutto. Aprii un altro volume: Venere nella conchiglia. Anche lì le pagine trattavano altro, un testo sull’effetto placebo.
Osservai attentamente la rilegatura. Appariva perfetta. Evidentemente qualcuno aveva speso parecchio lavoro per rilegare una serie di libri con copertine di altri libri. Una fatica priva di senso.
Una copertina annunciava il titolo Matera misteriosa, ma dentro il frontespizio era quello del romanzo di Dashell Hammet, Il falcone maltese. Conoscevo quel racconto. Tutte le pagine del libro avevano, come è d’uso, il titolo del romanzo ripetuto su tutte le pagine di sinistra in alto.
Ma quando iniziai a leggere il testo mi accorsi che non era Il falcone maltese, ma un romanzo di Salari che magnificava le imprese di Sandokan.
Quindi qualcuno non solo aveva sostituito le copertine di una serie di libri, era arrivato a stampare un romanzo scrivendo sopra ogni pagina il titolo di un altro romanzo.
Era una situazione completamente priva di senso.
L’indagine mi prese. E verificai che quella follia valeva per tutti i libri ammassati su quel pavimento.
Erano almeno un centinaio. Doveva essere stato un lavoro enorme impaginarli, stamparli e rilegarli.
Osservando meglio notai poi che i nomi delle case editrici erano assolutamente incongrui. Barabba Edizioni, Rapa Nuja Editore, Editoriale Iside… Nomi mai sentiti.
Un falso dentro un falso dentro un falso dentro un falso.
Ero impazzito?
Mi alzai, feci un giro respirando profondamente e concentrandomi sulle sensazioni del mio corpo. Aiuta a spegnere l’ansia. Andai a bere un bicchier d’acqua. C’era un fondo di caffè. Scolai anche quello.
Tornai nella stanza e verificai tutto di nuovo. Non era un’allucinazione. I libri erano ancora lì con le loro copertine sbagliate.
Dentro la copertina di “I grandi viaggi” trovai i dati di identificazione di I segreti delle streghe ma il capitolo 1 del libro si intitolava invece “Perché è così importante l’educazione militare delle ragazze”.
Il testo era realmente un manuale di autodifesa scritto con un linguaggio pieno di fronzoli: “Una ragazza di buona famiglia, educata come si conviene ai tempi odierni, colpirà solo 6 punti del corpo di un’aggressore: i mignoli dei piedi, i mignoli delle mani e gli occhi.
Nessuna ragazza con un minimo di buon senso cercherebbe di colpire con una ginocchiata i testicoli dell’aggressore in quanto ben sa che i maschi violenti avanzano innanzi tutto proteggendo quella zona.
E tantomeno cercherà di colpire sotto l’inguine a gamba tesa, troppo facile sarebbe per l’avversario afferrar la caviglia, spingerla verso l’alto, torcerla e far cadere la ragazza malamente. E a quel punto la situazione sarebbe difficile da recuperare.
…Per prima cosa devi conoscere bene il territorio. Sapere quali sono le armi e quali sono i segnali. Devi conoscere i codici in uso. Solo così potrai entrare nelle città indisturbata passando dalle porte, sotto gli occhi delle guardie.”
Chiusi il libro.
Andai a stendermi sul materasso a fianco di Teresa, persa nei suoi sogni. Si era tirata il piumone sulla testa come i bambini.
Restai al buio ad ascoltare i rumori della città e a chiedermi cosa dovessi fare.
Scappare e far perdere le mie tracce ai buoni e ai cattivi…
Avrei potuto farlo. Avevo amici sugli Appennini, che vivevano in casali completamente isolati.
E forse l’avrei fatto. Ma volevo anche saperne di più e se fossi scappato non avrei trovato nessuno che mi potesse raccontare la verità. L’unica fonte che avevo a disposizione era in quella casa. Avrebbero telefonato? Chi?
Avevo letto un romanzo nel quale un ricco annoiato veniva coinvolto in una serie di avventure piene di inseguimenti e sparatorie e poi si scopriva che era tutto un gioco, una messinscena organizzata dai suoi amici per fargli ritornare la voglia di vivere.
Forse ero vittima di uno scambio di persona.
Oppure sapevo qualche cosa senza rendermene conto… Oppure ero il sosia di qualcuno che sapeva troppo. C’era poi l’opzione mistica: ero il prescelto per compiere qualche prodigio indispensabile per salvare il mondo. In questo caso avrei presto incontrato un Lama tibetano o la sacerdotessa di una religione dimenticata.
Non riuscivo a concepire altre ipotesi.
La mia mente cercava di mettere insieme pezzi di un puzzle che non combaciavano.
Mi addormentai.
Nella notte, ottenebrato dal sonno, sentii che Teresa mi veniva vicino. E poi sentii le sue braccia abbracciarmi e il suo corpo aderire al mio.
Non mi svegliai completamente neppure quando si mise sopra di me e strusciandosi lentamente mi prese. La sua natura era bollente e si muoveva risucchiandomi. Lei emetteva dei suoni soffocati. Suoni profondi che sembravano venire da aree sotterranee dell’anima… Non c’era niente nel suo ansimare che ricordasse gli squittii e gli strilli di alcune donne… era qualche cosa di più simile al ringhio di una tigre. Era come se il suono, emesso da un punto del suo essere infinitamente lontano e nascosto si diffondesse nel suo corpo facendola vibrare completamente. Era potente e io restai ipnotizzato.
Ci muovemmo lentamente, a lungo, bordeggiando i territori dei sogni fino a quando mi aggrappai a lei violentemente esplodendole dentro.
Poi restammo abbracciati, lei sopra di me, fino a quando il sonno non ci prese di nuovo.
Molte ore dopo si accese la luce. Mi stropicciai gli occhi e vidi una sconosciuta sulla porta.
“Quante volte ti devo dire che non mi devi portare a casa gli sconosciuti che raccatti in giro?”
Mi sedetti sul letto senza interrompere la ramanzina… Tanto non ce l’aveva con me. Una volta tanto ero fuori dallo scontro.
Dissi solo: “Buongiorno.” Per via che sono educato. La giovane donna, con addosso un inappuntabile tailleur grigio e una camicetta bianca, i capelli rossi e ricci raccolti in una coda, continuò a parlare con un tono di voce scocciato: “Ci sono delle regole nella nostra casa. Ora sei maggiorenne e devi rispettarle anche tu. Mi senti?”
Teresa aveva ancora la testa sotto le coperte e non muoveva un muscolo, rannicchiata sul bordo del letto. La donna in grigio continuò a infierire: “Lo so che sei sveglia. E anche questo è un modo idiota di reagire. Hai fatto l’ennesima stronzata, prenditi le tue responsabilità almeno! Oppure discutiamo le regole. Non sei d’accordo? Spiegami perché. Invece tu mi dai ragione in tutto e poi fai quel che ti pare.”
Da sotto il piumone color panna arrivò il frusciare di un movimento e la una voce lamentosa di donna che diceva: “Ok, adesso basta però… Non si può svegliarsi così!”
“Tu puoi fare quel che ti viene in testa, quando ti viene in testa e io invece devo rispettare il tuo sonno e magari evitare di piombarti in camera mentre sei a letto con il tuo amante?” Mi lanciò un’occhiata. Forse sperava mi sentissi colpevole. Non mi sentivo colpevole. Avevo ben altre preoccupazioni. La donna in grigio continuò: “Beh, se tu non rispetti le regole io non rispetto le regole! E ti sveglio e ti strillo quanto mi pare. Almeno stabilisco un deterrente!”
Il piumone fu rovesciato da uno scatto del corpo che ricopriva mentre Teresa diceva con un tono arrabbiato e una voce argentina: “Ma insomma smettila di fare il sergente, sei proprio una lagna! Io non ho fatto un bel niente!”
La ragazza apparve da sotto la coperta.
E a me prese un colpo. Non era Teresa. Era una ragazza bionda, con i capelli lunghi e la pelle bianchissima. Non era Teresa. Le donne non vanno a dormire la sera che sono more e si svegliano al mattino bionde!
E poi la ragazza che divideva il letto con me era molto più giovane di Teresa, una ragazzina!
Una domanda mi si staglio prepotentemente nella testa: “Ma con chi ho fatto l’amore questa notte?"
INDICE CAPITOLI
Capitolo 1 Ottima marmellata d’arance
Capitolo 2 Ragazze educate
Capitolo 3 Una situazione complessa
Capitolo 4 Agguati mentali
Capitolo 5 Eventi indecifrabili
Capitolo 6 La Fratellanza
Capitolo 7 Nera. Ma quanto nera?
Capitolo 8 Il tripudio della confusione
Capitolo 9 La Fortezza
Capitolo 10 Scatole dentro scatole dentro scatole
Capitolo 11 La Polizia Alchemica
Capitolo 12 Fisso il pensiero fisso
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Capitolo 14 clicca qui
Capitolo 15 clicca qui
Capitolo 16 Pinin
Capitolo 17 Fine