Come fallire in maniera pazzesca
Inviato da Jacopo Fo il Dom, 10/23/2011 - 00:00Odiare la realtà
Il sistema più usato per buttare al cesso qualunque progetto è quello di concepire un piano d’azione che non sta né in cielo né in terra.
Alcatraz è un luogo formidabile per osservare questa metodologia estremamente efficace.
In questi trent’anni almeno una volta all’anno è arrivato qualcuno che mi ha detto: “Costruiamo un partito di gente onesta, con un programma semplice e chiaro, vinciamo le elezioni e poi costruiamo un’Italia migliore.”
L’idea di per sé non è male.
Ma io chiedo: “E con che forze costruiamo questo partito?”
La risposta arriva alla svelta: “Sto facendo il giro di una serie di personaggi noti che potrebbero comunicare al mondo le nostre giuste idee.”
E io chiedo: “Ma perché questi personaggi noti dovrebbero seguire il tuo progetto?”
“Perché il mio progetto è l’unico in grado di cambiare la realtà”.
Spiegare a questa persona che pur avendo propositi giusti è destinata al fallimento è una delle 7 cose più difficili del mondo.
Non capisce.
La riprova che questa idea è sbagliata è che di tutti quelli che mi hanno fatto questa proposta NESSUNO è riuscito a fare un partito più grande del numero dei componenti delle sua famiglia (nella migliore delle ipotesi).
La realtà è complessa e bisogna amarla per capirla.
Bisogna osservarla a lungo, senza preconcetti.
Se lo si fa (forse) ci si accorge che il meccanismo essenziale della società umana, e in modo particolare di quella italiana, è la referenza.
Questo sistema è alla base delle relazioni sociali e risponde a un’esigenza concreta e basilare.
Le persone hanno successo se sono capaci di fare bene qualche cosa e se sono capaci di trovare persone valide con le quali collaborare.
E se è difficile trovare un amante che ci corrisponda, trovare una persona con la quale lavorare non è più probabile.
Il mondo è pieno di furbastri, di profittatori, di persone incapaci di tener fede agli impegni e alla parola data.
Riuscire a trovare persone di valore è raro e la cosa si complica appena riesci ad avere successo.
Chi diventa noto per aver realizzato un progetto è subito assediato da ogni sorta di disonesti e incapaci che cercano di sfruttare il suo successo.
Quindi diventa una regola relazionarsi solo con persone che rispondono a una serie di caratteristiche fondamentali e scartare gli altri.
Non è una buona idea ridurre il ventaglio delle proprie relazioni. Io ho il vizio di ascoltare tutti quelli che hanno voglia di dirmi qualche cosa. Anche i più pazzi, perché a volte hanno idee geniali.
Ma anche io se devo scegliere di collaborare con qualcuno voglio sapere cosa ha fatto e se una persona che conosco e stimo mi dice che si tratta di un individuo valido è meglio.
Nessuno seguirà una persona che non ha mai realizzato qualche impresa difficile che si presenti a chiedere impegno per lanciare un nuovo partito.
Creare qualche cosa di nuovo, in qualsiasi campo, non richiede solo una buona idea ma grandi capacità di capire la realtà, organizzarsi e agire. E se hai queste doti sai già che la prima cosa che devi fare per realizzare un grande progetto è realizzare un piccolo progetto. Compiere un’azione che ti dia credibilità.
Sono i risultati che ti aprono la via ai contatti e alla fiducia degli altri.
Quindi se vuoi costruire un nuovo partito prima di tutto devi dimostrare che lo sai fare, ad esempio conducendo con successo una lotta o un’iniziativa nel tuo quartiere o nella tua città.
Solo sulla base di risultati ottenuti su piccola scala puoi pensare di poter agire su scala nazionale.
Di Pietro aveva raggiunto una grande fama e stima con Tangentopoli. Lo stesso vale per De Magistris e in modo diverso per Vendola e Grillo.
Una persona completamente sconosciuta e senza nessuna esperienza notevole, che voglia fondare un partito solo perché pensa di avere idee giuste, è uno sciocco.
Ho scelto un caso limite ma questo tipo di errore di valutazione me lo vedo di fronte continuamente.
Anche io, modestamente, mi sono più volte rovinato con le mie mani perché non avevo valutato fino in fondo le mie reali possibilità, il mio livello di notorietà, credibilità eccetera.
Ad esempio, ho scoperto che vendere 200mila copie di un libro non ti garantisce di vendere 20mila copie di una rivista mensile.
Anche se le 200mila persone che hanno letto il tuo libro sono assolutamente entusiaste di te e vorrebbero sinceramente e appassionatamente leggere una tua rivista mensile, all’atto pratico non succede.
Ad esempio, perché non sapranno mai che hai stampato una rivista. Come fai ad avvisarli?
In questo momento siamo in edicola con il terzo numero de Il Male, che esce dopo 30 anni e che ebbe un successo immenso.
Ne hanno parlato tutti i giornali, centinaia di blog, parecchie radio e qualche trasmissione televisiva, eppure alcuni giorni fa a una festa con vecchi amici ho scoperto che la maggioranza di loro non sapeva che il Male era di nuovo in edicola.
La realtà è dotata di un grande livello di resistenza e dispersione che rappresenta un sostanzioso ostacolo per qualunque iniziativa.
Prendere le misure del mondo è essenziale se si vuole ottenere il risultato sperato.
Sennò potete appassionarvi alle variazioni di colore dei vostri lividi, dopo che avete battuto il sedere per terra.
Io l’ho fatto e devo dire che non è un gran che.
Ho anche scoperto un metodo che può offrire un aumento notevole delle probabilità di tirar fuori un progetto che vada avanti: parlare.
Raduni una decina di amici e gli racconti quel che vuoi fare.
Se non riesci a radunare una decina di amici forse è meglio che valuti quali errori hai commesso nel tuo universo relazionale.
Se non riesci a entusiasmare i tuoi 10 amici sulla tua idea forse ci sono dei buchi pazzeschi.
Se riesci a entusiasmare i tuoi amici hai qualche possibilità di farcela.
Ma attenzione: l’entusiasmo è un segnale di gradimento non una garanzia di successo.
Prima di buttarmi in questa idea avevo fatto politica nel movimento per 7 anni, avevo cercato per 2 anni di mettere insieme un gruppo di disegnatori per fare una rivista, ci ero riuscito e per altri due anni avevo lavorato al Male.
Con una ventina di amici discutemmo per un paio di mesi su come organizzare Alcatraz, poi finalmente decidemmo di passare dalle parole ai fatti e ci demmo appuntamento un giovedì, alle 9 di mattino, per iniziare fisicamente i lavori (avevamo 3 case da ricostruire).
Quella mattina alle 9 mi ritrovai da solo.
E dovetti iniziare la ricerca di un gruppo di persone con le quali lavorare invece che discutere.
A scuola era lo stesso: decidevamo in 500 di occupare la scuola, in 40 organizzavamo il piano per occupare e poi la mattina alle 7 e un quarto eravamo in 5 a prendere di sorpresa il bidello e bloccare la porta d’ingresso.
Non sempre succede così. Ho anche visto momenti magici nei quali 20 persone hanno una buona idea e dopo qualche settimana ci si trova col sostegno di centomila persone. Il lancio del Male ha funzionato così.
Ma sono, appunto, momenti magici.
Alcatraz è stata un’esperienza quotidianamente eccezionale che mi ha dato la possibilità di vivere esperienze appassionanti… Sicuramente è stata una delle imprese che mi ha dato di più in termini di qualità della vita ma è stata anche una fatica boia per riuscire a far quadrare i bilanci e per 3 volte siamo falliti economicamente. In questi casi l’importante è rialzarsi in piedi e riprendere a lavorare cercando di non rifare le stesse stronzate.
Solo da un paio di anni abbiamo raggiunto un pareggio economico decente. A volte le idee sono sostanzialmente giuste ma i tempi no.
Pare incredibile che per 30 anni le nostre idee sul risparmio energetico siano state considerate poco più che quisquilie. Ci è voluta l’ecatombe in Giappone e la vittoria del referendum sul nucleare per riuscire a far conoscere il nostro progetto al grande pubblico.
Ogni tanto arriva ad Alcatraz qualcuno che dice: “Questo è un posto straordinario! Non sapevo che esistesse. Perché non fate un po’ di pubblicità?”
Cavolo, in 30 anni ho partecipato ad almeno 60 trasmissioni televisive, sono usciti un centinaio di articoli sui giornali, da 10 anni gestiamo 20 siti internet tematici, la nostra pubblicità esce ogni giorno su 400 siti artistici, etici ed ecologici, sono stati comprati almeno 500mila copie dei libri che ho scritto (dove c’è sempre la segnalazione di Alcatraz) e nonostante tutto questo gran parte delle persone che apprezzerebbero Alcatraz non sanno neanche che esiste…
Ecco, la realtà è complicata, se vuoi ottenere un fragoroso insuccesso fai finta che sia semplice.
Proprio per questo, perché compiere grandi imprese è un’attività che ha tempi lunghi, è essenziale comprendere il valore della gradualità.
E’ la filosofia dei piccoli passi.
Essenziale elemento strategico.
Io mi impegno solo e soltanto su azioni capaci di darmi immediatamente un risultato anche se minimo.
Nel 1981 avevo capito che la rivoluzione comunista ormai era fallita.
Decisi che l’unica era creare situazioni di vita e cultura alternative che permettessero alle persone di sperimentare idee e stili di vita migliori e quindi crescere grazie a esperienze nuove e positive.
Il mondo cambia se cambiano le persone. Ma le persone non cambiano se non fanno esperienze migliori.
Quindi la prima cosa che creammo fu un ristorante dove si mangiasse bene.
Scegliemmo il punto più semplice sul quale concentrare tutte le nostre energie.
Avere un ristorante che offre cibi meravigliosi è un piccolo risultato ma è una vittoria immediata: appena scoli gli spaghetti e ci metti il sugo e li assaggi dici: “Ho vinto! Questi spaghetti sono fantastici!”
Questa luminosa, fragrante vittoria ti gratifica, ti galvanizza, ti ristora e ti ripaga delle mille avversità del mondo. E visto che hai vinto e vincere è estatico ti viene ancor più voglia di impegnarti allo stremo per ottenere risultati ancora migliori e decidi: “Non ci son cazzi! Domani facciamo le lasagne!”
E il giorno dopo come ti senti quando assaggi le lasagne e ti accorgi che sono veramente bolognesi in maniera pazzesca?
Succede che la tua determinazione ribelle cresce.
Dalle lasagne passi agli gnocchi e dagli gnocchi all’ecovillaggio solare super tecnologico.
Ma la tua forza resta sempre il fatto che i grandi progetti hanno dentro uno sciame delizioso di piccole vittorie: le persone straordinarie che hai conosciuto e ti sono diventate amiche (e che cucinano da Dio), i gruppi con i quali hai scambiato ricette e sementi biologiche, quelli che ti hanno fatto conoscere un buon vino…
Un grande progetto ha una spina dorsale che è costituita da una rete di microeventi e di microvittorie che sono l’humus, l’anima e l’energia del progetto.
Senza questa SOSTANZA il progetto è vuoto. Se c’è solo un centimetro di terreno crescono solo licheni.
Una volta sono andato a cena a casa di una persona molto simpatica che aveva grandi idee. Ho mangiato malissimo. E ho smesso di frequentarla.
Se vuoi fallire in modo fragoroso fidati di chi non sa fare il soffritto.
(Non saper cucinare non è una colpa. E’ grave non rendersi conto che non si sa cucinare.)
INDICE DEGLI ARTICOLI PRECEDENTI (in ordine di lettura)
1 - Lo zen e l'arte di vincere
3 - Come fallire in maniera pazzesca
4 - Reprimere i desideri fa male, molto male
5 - Le vie della perfezione sono finite
6 - Il senso della realtà. Agire con passione, agire con metodo!
7 - Non ho potuto arrivare in orario perché c’è stato uno tsunami.
8 - Lo spirito di sacrificio o lo spirito del gioco?