Ribellione spirituale

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Viviamo in un'allucinazione collettiva.
La gente non vive veramente

Sono un giornalista vigliacco.

Questa mattina mi sono svegliato alle 6 pensando alla giornalista russa uccisa, Anna Politkovskaja.
Generalmente mi sveglio un’ora più tardi.
Questa anticipazione, conoscendomi, vuol dire che qualche cosa mi rode.
Questo articolo lo scrivo per liberarmene.
Mi fa molto incazzare che ammazzino la gente che scrive la verità. Ma il problema non è questo. E’ che io ho deciso di non farmi ammazzare e una parte di me non condivide questa scelta.
E’ un discorso difficile. C’è stato un momente nella mia vita, tanti anni fa, nel quale ho deciso che valeva la pena di morire per combattere le ingiustizie.
Poi ha deciso che volevo vivere il più a lungo possibile perché così avrei potuto fare più danni e anche perché mi sono convinto che non sono gli eroi che cambiano la storia ma quelli che riescono a costruire qualche cosa, ad esempio un posto come Alcatraz dove possano esistere frammenti momentanei di un mondo migliore.
E questo modo di vedere mi ha portato, a smettere di scrivere alcune cose. Ad esempio ho smesso di denunciare le truffe che avvengono nella regione dove vivo.
“Ma come? Non racconti tutta la verità?”
No, non la racconto. Ho denunciato qualche grande truffa, con tutti i partiti d’accordo, e ho pagato con 7 procedimenti penali per scempio ambientale, l’azzeramento dei finanziamenti irrisori che ricevevamo e la perdita di tutte le possibilità di lavoro in zona.
E per denunciare che cosa? Semplicemente quello che chiunque andasse a fare quattro chiacchiere al bar poteva sapere.
La cosa più avvilente della corruzione è proprio che tutti ne sono a conoscenza.
L’altra cosa che ho fatto è stata di ritirare tutti i progetti che avevamo presentato all’Unione Europea. Una voce mi aveva spiegato che stavo facendo una cazzata enorme. Avevamo presentato dei progetti troppo intelligenti e ben fatti e avevamo anche commesso l’errore di chiedere tantissimi soldi per realizzarli. Il dramma era che rischiavamo di prenderli… E questo avrebbe fatto incazzare “i poteri forti”.
Cioè in realtà avevamo possibilità di prendere quei soldi solo sulla carta, perché per tantissimi soldi i poteri forti sono disposti a qualunque cosa. Capii che le mie possibilità erano solo teoriche (stupide teorie infantili) e feci una scelta di realismo. Dopo essermi svegliato per qualche giorno alle 6 del mattino mi presentai presso gli uffici competenti, restituii con gli interessi un primo finanziamento e iniziai le pratiche per annullare tutte le domande di finanziamento presentate. I funzionari mi guardavano con gli occhi fuori dalle orbite, non avevano mai visto il primo in graduatoria ritirarsi. Così i bombardamenti cessarono e potemmo continuare a lavorare, altrove.
Non mi piace fare queste scelte. Sono umilianti. In me, ogni tanto, urla il guerriero che ero a vent’anni. Lanciarsi sulle linee nemiche cantando è esteticamente meraviglioso.
Faccio invece una gran fatica a mantenere questo profilo basso. Misurare le parole. Trasformare la rabbia in astuzia.
Scegliere il momento.
E ogni tanto devo ricapitolare le ragioni di questa scelta di rifiutare l’eroismo. Chiedermi di nuovo perché dopo gli anni del sogno rivoluzionario ho deciso che aveva ragione mio nonno.
Lui aveva scelto di fare la resistenza senza sparare, si occupava di far scappare gli ebrei in Svizzera. Il che comportava che potesse continuare a fare il capostazione a Luino, giusto sul confine. Nascondevano i fuggitivi nelle cassapanche che dovevano contenere la sabbia per i freni e poi pregavano di non dover frenare troppo velocemente. Mio nonno aveva capito che per salvare quelle persone doveva tenere la testa bassa. Così mio padre dovette andare a fare il soldato coi fascisti. Un figlio disertore avrebbe bruciato mio nonno e se smetteva di fare il capostazione come li faceva scappare gli ebrei? Mio padre aveva 17 anni e si imboscò in una serie di corsi di formazione (divenne paracadutista e guastatore) e poi riuscì a farsi mandare a dipingere Madonne nelle chiese. Quando si trovò davanti all’alternativa tra andare a combattere contro i partigiani o finire in campo di concentramento in Germania mio padre disertò. Ma non era più un problema perché a quel punto mio nonno era riuscito a far scappare tutti gli ebrei che avevano trovato.
Credo sia stata una scelta giusta. Ma per tutta la vita a mio padre è stato rinfacciato il fatto di aver indossato la divisa fascista.
Succede così: chi fa certe scelte “non eroiche” raccoglie insulti.
Non fare l’eroe è anti estetico e a volte questa scelta mi brucia tremendamente.
Poi penso che limare tutti i giorni fa più danni di una carica di cavalleria contro le mitragliatrici. Ma a volte non resisto e tiro un sasso. Ieri ad esempio ho pubblicato un articolo sull’Aids. Non ne parlavo da tempo. Farlo è da masochisti. Ma l’assassinio di Anna Politkovskaja mi aveva fatto incazzare.
Cara Anna, perché ti sei fatta ammazzare? Dovevi fuggire da quei mostri. Emigrare. Hai tutta la mia ammirazione per il tuo coraggio.
E tutta la mia tristezza per la tua morte.
E tutto il rispetto perché non hai saputo resistere in silenzio davanti all’orrore.
Ma è stato un errore. Dovevi abbandonare quel paese e continuare la tua battaglia da lontano.
Intendimi, non è una critica, a volte star zitti è impossibile.
E’ solo una disquisizione teorica.
In teoria sopravvivere è meglio.
Non so se ho fatto bene a scrivere questo articolo. Comunque ho ridotto il pericolo che qualcuno pensi che su questo blog io pubblichi tutta la verità.
No, io faccio un’altra cosa: non pubblico bugie. La verità la dico fino a un certo punto, cerco di capire qual è la linea al di là della quale sparano e mi fermo un metro prima.
Sono un giornalista vigliacco ma almeno non faccio finta di essere coraggioso.