Lettera a chi sta proprio malissimo (come me)
Inviato da Jacopo Fo il Gio, 02/05/2009 - 09:59Care amiche, cari amici,
vorrei dedicare questo post a tutti quelli che stano nella merda come me.
E non posso neanche spiegare cosa mi è successo. Per tutta una serie di questioni che neanche queste posso spiegare.
Insomma una questione molto delicata.
Non si tratta di un danno primario. Non sto morendo o cose simili. Niente morti, niente feriti gravi.
Ma sono nella merda lo stesso. Certamente c’è molta gente che è più nella merda di me.
Nella merda per danni primari.
Ma quando stai male è difficile prendere le misure e fare confronti.
Quindi mi permetto di parlare a tutti quelli che stano male. Non per dare consigli, non ne ho.
Solo per scambiare quattro chiacchiere che magari fa bene.
Quattro chiacchiere per condividere. Perché scrivere mi fa stare meglio. Rallenta quel martello pneumatico che ho nella testa e che non dà tregua.
Perché è lì il problema: quel cazzo di sistema nella testa che continua a ricreare quel pensiero. Fisso.
Spero che anche tu che stai nella merda, più o meno come me, abbia una forma d’arte da coltivare, una forma di comunicazione con la quale irretire i pensieri.
E ringrazio Dio o chi per lui perché ho vicino persone che mi amano, a partire da Eleonora.
Sapere che puoi rompere i coglioni a qualcuno all’una di notte, e che sta ad ascoltarti e ti vuole bene anche se è notte alta è una cosa grande. Perché quando il cervello martella a certi livelli di violenza hai proprio paura che se non parli con qualcuno scolli completamente e ti metti a dare le testate contro il muro o qualunque altra cosa pur di interrompere quella macina rovente che ti gira dentro.
Merda.
E poi ti si attaccano al dolore tutti i dolori passati, fai dei bei pacchetti di commiserazione e ti dici: cazzo è sicuro che morirò per questo male che sento dentro, mi ammalerò di una cazzo di malattia stronza.
Vaffanculo vaffanculo vaffanculo.
E mi fermo qui perché se apro l’armadio della commiserazione faccio uscire tante tonnellate di merda da spalmare un oceano di medie dimensioni.
E penso invece a chi sta peggio di me. A chi è colpito dai famosi, terribili danni primari.
Mi sono chiesto molte volte, perché sono masochista, la faccia che farei, come mi sentirei, se mi dicessero che la mia vita sta per finire, o che devono privarmi di pezzi del mio corpo per tenermi in vita. E non puoi non chiederti perché cazzo la vita è così sbagliata.
E ci puoi mettere tutto l’amore per i tramonti o per i seni delle donne, puoi metterci tutto il sole d’estate e le battaglie a muso duro. Ma fai difficile a pareggiare il conto.
Poi mi ricordo di Angese, quando stava morendo tra le mie braccia, e il computer dell’ospedale dove finivano tuti i sensori che aveva addosso, diceva con la voce sintetica: “Emergenza! Il paziente è sprovvisto di battito cardiaco. Agire con urgenza.” E io l’ho guardato e gli ho chiesto: “Sergio, sei ancora vivo?” E lui mi ha detto: “Certo che sono vivo.” E ci veniva, nonostante tutto, da ridere.
Quella sera Sergio, approfittando di un colpo di fortuna elettronico, mi ha dimostrato che si riesce a affrontare perfino la morte.
A Alcatraz a volte vengono persone che hanno bisogno di vedere gente allegra per tirar su i pezzi.
A volte arrivano persone che hanno subito dolori atroci, come la perdita di un figlio.
La cosa strana è che vedi queste persone e non lo diresti mai che hanno sofferto così tanto.
La vita, nonostante tutto non smette mai di essere miracolosa. Quantomeno perché quando sei lì davanti al disastro muti e diventi improvvisamente l’essere umano capace di affrontare quel disastro.
E’ una magra consolazione.
Ma è questo che ci necessita, come minimo.
Il fatto di stare qui a scrivere del dolore non mi toglie il dolore.
Ma riesco ad ammansirlo.
Mi sono messo a disegnare moltissimo, come non mi accadeva da tempo.
E non sulla tavoletta grafica col computer, carta vera, matita e pennelli.
Disegno strane scene che non possono accadere su questo pianeta.
Disegno sogni.
Fa sempre male, ma riesco a spostarmi.
L’altra cosa che faccio è attaccarmi ai video games.
Potete dire tutto quello che volete contro i video games ma dal mio punto di vista sono un grande antidolorifico.
Intontiscono, rimbecilliscono? Chissenefrega.
Lo so che è pure politicamente scorretto…
Perdonatemi.
Ma io proprio riesco a malapena a respirare figurarsi il politicamente scorretto.
Se sei un maschietto con sindromi paranoidi violente ti consiglio Unrial Turnement.
80 posti pazzeschi dove massacrare fottutissimi invasori extragalattici, veramente cattivi in modo esagerato. Fantastico: scenari impossibili, blindati con cannoni laser veramente tosti.
E se ti incazzi puoi sempre usare il REDENTORE.
Un lanciarazzi portatile in grado di radere al suolo un’intera brigata nemica.
E intendiamoci: la guerra contro le locuste extragalattiche è una necessità epocale.
Sono convinto che quando avrò finito di ammazzarli tutti cadrà il governo Berlusconi. C’è un nesso alchemico.
Grazie per aver ascoltato questo sfogo.
E apro quindi: Il Muro Del Pianto.
Uno spazio libero dove frignare in modo scomposto per l’ingiustizia del mondo.
Il luogo delle lamentazioni.
Una grande spalla virtuale sulla quale affliggersi senza remore.
Ridere è il nostro obiettivo. Ma se proprio c’è da piangere ci concederemo anche questo.