La proposta di dimissioni di Franca Rame da senatrice. Non sono daccordo!
Inviato da Jacopo Fo il Ven, 02/23/2007 - 16:14
da http://fotostrane.superba.it
In famiglia stiamo discutendo se Franca si debba ritirare.
Io non sono d’accordo.
Mio nonno faceva il capostazione, durante la guerra, sulla frontiera con la Svizzera. Faceva parte della resistenza, era un dirigente del Cnl. Si occupava di far scappare ebrei e prigionieri inglesi.
A un certo punto gli chiesero di iscriversi al partito fascista, se volevi restare nelle ferrovie era obbligatorio.
Se mio nonno avesse scelto seguendo i principi avrebbe dovuto rinunciare a salvare delle vite umane.
Furono a migliaia durante la guerra a scegliere di lasciar perdere le questioni di principio per occuparsi delle vite umane.
Gente disposta a tutto pur di salvare un bambino.
Io sto con questa gente.
E non condivido la retorica dell’eroe che si fa ammazzare per non urlare “Viva il Duce”. Un partigiano ha il dovere innanzi tutto di sopravvivere per continuare a lottare.
Questo è uno spartiacque essenziale nel pensiero della gente di sinistra, in questo momento, in Italia.
L’attuale crisi di governo, i pericoli del ritorno della destra o di un inguacchio centrista, discendono direttamente dalla forza che oggi ha questo modo di pensare: “Non posso votare contro i miei principi”.
Nossignori, oggi non meno che durante la Seconda Guerra Mondiale sono in gioco vite umane.
Se Franca si dimette, spinta da questa epidemia di buoni principi, non potrà più fare molto per denunciare i crimini contro l’umanità che le truppe Usa stanno commettendo laggiù, come in Iraq.
Restando al senato, visto che il suo voto oggi vale moltissimo, potrà ottenere miglioramenti, ad esempio nel modo in cui i denari per gli aiuti umanitari vengono spesi.
Riuscire a dirottare anche solo un milione di euro, riuscire a controllare che gli aiuti arrivino alle popolazioni, sono due azioni che concretamente possono fare la differenza tra la vita e la morte per centianaia di persone. La differenza tra un ospedale che c’è e funziona e un ospedale che non c’è o che non funziona.
Questo è un discorso concreto.
Le questioni di principio, se sono staccate dalla realtà, non cambiano la realtà, sono solenni allucinazioni mentali.
La mia idea è che se seguendo una questione di principio lascio che si facciano dei morti non va bene.
A me interessano le persone non le teorie.
E le persone mi interessano vive.
E' un fatto che la maggioranza delle forze politiche italiane NON vuole ritirarsi dall’Afghanistan.
E' triste ma è così.
Quindi sia con il governo Prodi sia con il ritorno delle destre NON avremmo un ritiro immediato dall’Afghanistan.
Ho sempre criticato duramente Prodi e la sinistra al governo, oggi come ieri.
Ma non posso non vedere che c'è una grande differenza tra Prodi e Berlusconi.
La differenza tra i due è che con il governo Prodi avremo qualche possibilità di interferire e denunciare i crimini Usa.
E cercare una soluzione di pace che tolga il controllo della situazione dalle mani di Bush (direzione che D’Alema ha indiscutibilmente preso).
E non saremmo i soli: tutti i paesi europei che hanno soldati in Afghanistan sono sempre più in difficoltà, a seguire la linea “prima spara poi discuti” di Bush. Tutti stanno cercando una via d’uscita da questo Vietnam iracheno/afgano.
E tutti sono sempre più in difficoltà davanti alla criminalità delle truppe Usa. A partire dalla stessa opinione pubblica statunitense.
La mia proposta è quella di mettere tutte le nostre risorse in questa direzione e di puntare su una commissione di inchiesta sui crimini contro l’umanità in Afghanistan istruita dagli stessi Paesi che partecipano alla missione. Non è facile ma teoricamente potremmo ottenerlo proprio appellandoci alle leggi delle singole nazioni. E questo potrebbe essere possibile sfruttando la posizione italiana che fa parte della missione. (vedi Afghanistan: rovesciamo il problema “Missione sì. Missione no”.).
Seguendo questa linea e restando senatrice Franca avrebbe grandi possibilità di essere ascoltata perché è evidente che essere senatrice moltiplica per dieci lo spazio che lei può ottenere sui media.
Questo vuol dire votare a favore della missione in Afghanistan.
Sostenere il governo Prodi per cercare di aver modo di ottenere cambiamenti concreti utilizzando una possibilità in più: il peso di quel voto.
La mancanza di quel voto non sposterebbe di un millimetro la situazione afgana ma però potrebbe compromettere la durata del governo Prodi e butterebbe al cesso ogni spazio per agire veramente contro i crimini Usa e in favore di più aiuti umanitari (Franca ha chiesto di invertire il rapporto di grandezza tra spese militari e spese per aiuti alle popolazioni).
C’è chi crede che “rispettare le questioni di principio” sia un atto di coerenza etica e morale.
Farsi ammazzare per un’idea è bello e giusto.
Vero!
Ma è giusto giocarsi la vita per realizzare un’idea, per trasformarla in fatti, realizzarla. Non per la sua semplice affermazione verbale.
Non lottiamo per le parole che rappresentano l’idea. Ma per gli obiettivi contenuti nell’idea.
Farsi ammazzare per non concludere niente non ha senso.
Tra i due modi di pensare c’è un abisso.
E troppe volte la politica per gli italiani è stata più simile al tifo calcistico che a un’azione intelligente che porta risultati concreti.
Quanti compagni hanno fatto chilometri di cortei senza smettere di finanziare la Coca Cola e la Nestlé con i loro acquisti?
Eppure non è difficile capire che i malvagi temono il crollo dei fatturati molto più dei cortei.
Sarebbe ora che si abbandonasse questo modo formale di pensare.
L’italia e il mondo stanno vivendo un momento drammatico.
Abbiamo bisogno di risultati. Anche i più piccoli, microscopici, risultati oggi hanno un grande valore: sono vite umane salvate.
E innanzi tutto il partigiano ci serve vivo.
E poi ci serve che abbia i mezzi per ottenere risultati.
Se il partigiano non riesce a salvare il bambino ebreo non serve a niente.
Tutto il resto è ideologia e retorica. Buona per infiammare gli animi. Inutile perfino per concimare i campi.