In AFGHANISTAN a far che?
Inviato da Jacopo Fo il Sab, 06/24/2006 - 12:11C‘è chi dice che non possiamo andarcene dall’Afghanistan e restare nell’UE e nella Nato. E questo è vero.Ma dobbiamo cercare di dare un senso a una missione che fino a oggi ha avuto solo effetti disastrosi.
Se dobbiamo mandare uomini nella missione dobbiamo pretendere alcuni cambiamenti essenziali.
Ad esempio dobbiamo pretendere il rispetto dei diritti umani e la cessazione delle torture.
Il campo di Shibergan è stato definito da Klaus-Peter Kleiber, delegato dell'Unione Europea: "simile al campo di concentramento di Auschwitz".
Quindi è la Ue stessa a fornirci l'appiglio legale per aprire un dibattito.
Partecipare a una missione di pace sotto le cui bandiere si tortura è in contraddizione con i principi stessi dell'UE.
Un'altro punto essenziale riguarda l'apertura di inchieste sulle molteplici stragi di civili operate durante e dopo la conquista dell'Afghanistan.
Non è possibile ricomporre il dramma di quel paese se non iniziando a riconoscere agli abitanti lo status di cittadini di serie A e il diritto al riconoscimento degli abusi subiti.
Terzo punto riguarda la presenza oggi nel parlamento afgano di ex criminali talebani e di signori della guerra locali implicati nel commercio dell'oppio.
Oggi in Afghanistan non è in corso una guerra tra Talebani e terroristi contro governo afgano e forza di pace.
Oggi è in corso una guerra tra due gruppi criminali: uno legato all'occidente, l'altro al fondamentalismo islamico.
Se ci sono dubbi su questo basti osservare i dati sull'esplosione della coltivazione e del traffico dell'oppio: tutte le analisi ufficiali convengono sul fatto che l'Afghanistan sia diventato il primo produttore mondiale di oppio. Alcuni parlano addirittura del 70% della produzione planetaria.
D'altra parte il paese è in mano a bande di predoni e di mafiosi che hanno rapporti di complicità con entrambi gli schieramenti e in buona parte sono agli ordini di signori della guerra che siedono in parlamento.
E' indispensabile che si crei una commissione di inchiesta internazionale che depuri le istituzioni afgane dai criminali e dai trafficanti. Senza questa azione non si può parlare di liberazione dell'Afghanistan né di lotta al terrorismo.
Quarto punto, non in ordine di importanza, si deve dare realmente vita a un progetto di rinascita economica.
Oggi l'Afghanistan è alla fame, le donne sono ancora in situazioni spaventose e in migliaia devono prostituirsi per un pezzo di pane.
Correttissima la proposta del governo Prodi di acquistare dai contadini afgani l'oppio per utilizzi medicinali, in modo togliere i coltivatori dal rapporto obbligato con i trafficanti di droga.
Ma è necessario che l'Unione europea stabilisca di finanziare potentemente la rinascita afgana, e è sopratutto necessario che gli aiuti non vengano per lo più sprecati come succede ora. Bisogna istituire un sistema di valutazione dell'efficacia reale dei soldi spesi che distribuisca quindi finanziamenti solo a quelle Ong che sono capaci di intervenire.
Esistono esperienze rivoluzionarie in questo senso come le banche del microcredito o il movimento indiano dei villaggi cooperativi.
Infine sarebbe il caso di imporre la bonifica delle zone contaminate dalle esplosioni dei proiettili all'uranio impoverito.
Un crimine orrendo averli utilizzati. Un'ignominia lasciare sul terreno queste sostanze con la loro scia di tumori e nascite malformate.
Se l'Italia avrà il coraggio di condurre una vera battaglia per rendere la missione di pace corrispondente ai suoi intenti sulla carta farà un grande servizio all'UE. E allora questa missione potrà avere un senso: se vuoi mandare oggi aiuti in Afganistan DEVI proteggere dai criminali questi aiuti con le armi.
Se invece la missione italiana sarà in Afghanistan solo per proteggere gli interessi dei petrolieri e dei mercanti di droga sarà solo un modo per aumentare il danno. E l'UE e il popolo afgano dovranno in futuro piangere molte altre morti e patire costi umani e economici spaventosi.
Certo che questo mio messaggio non incontrerà nessun ascolto fuori dalla cerchia ristretta dei pochi pacifisti ancora in stato di veglia porgo i miei saluti a tutti.