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Referendum Costituzionale del 25 e 26 giugno 2006

Il 25 e 26 giugno saremo chiamati a votare sulla Costituzione italiana, piu' esattamente a esprimere il nostro consenso o il nostro dissenso alla rilevante modifica delle attuali disposizioni della carta costituzionale voluta dal precedente governo (si tratta di piu' di cinquanta articoli).
E' un referendum particolare, che si svolge per la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana: infatti non e', come tutti i precedenti, abrogativo di una legge statale; si chiede al contrario di "confermare" la legge di revisione costituzionale in quanto la modifica della costituzione non venne approvata con la maggioranza dei 2/3 (secondo quanto stabilito dall'art. 138 della costituzione stessa). E questo tipo di referendum non necessita nemmeno di un quorum di partecipazione: uno dei due, il si' o il no, vincera'.

Insomma, un tema decisamente attuale... praticamente un buco dell'ozono responsabile del clima torrido in questi giorni nel mondo politico. Qualche giorno fa la destra e' insorta nei confronti di quel comunistaccio rivoluzionario di Carlo Azeglio Ciampi, per aver avuto l'ardire di comunicare ufficialmente che al prossimo referendum avrebbe espresso il suo "no" alle modifiche costituzionali. Scandalo! gridano i nostri eroi modernizzatori, ecco, lo sapevamo, non e' sopra alle parti: e' - che orrore! - schierato. Eppure avrebbero potuto avvertire i primi sentori del senile partigianesimo del nostro ex Presidente nelle parole e nei discorsi fatti poco prima della fine del suo mandato, per la precisione il 25 aprile di quest'anno, in occasione dell'Anniversario della Liberazione:

"Le celebrazioni del 25 aprile sono occasioni per riflettere. E ' la Costituzione che ha garantito e garantisce la liberta' di tutti. Non dimentichiamo mai che la Costituzione e' la base della convivenza civile. Che ha consentito la rinascita morale e materiale della nostra Patria, le grandi trasformazioni istituzionali e sociali, la creazione di un sistema di equilibri tra i poteri che ha garantito e garantisce la liberta' di tutti".

Non e' una frase retorica, di quelle da grande occasione. Tutt'altro: non a caso, crediamo, Ciampi ha parlato di un "sistema di equilibri tra i poteri", perche' e' soprattutto questo che la riforma costituzionale va a minare nelle sue fondamenta.

Proviamo a vedere a volo d'uccello (!) quali sarebbero le piu' importanti modifiche apportate alla seconda parte della nostra Carta costituzionale (che, lo ricordiamo, e' suddivisa in quattro parti: Principi fondamentali, Parte prima: Diritti e doveri dei cittadini, Parte seconda: Ordinamento della Repubblica, e Disposizioni transitorie e finali).

- Si fa anzitutto un gran parlare della riduzione del numero dei parlamentari, che passano dagli attuali 950 a 773, con significativo risparmio, si afferma, per le finanze pubbliche. Ma non si aggiunge che tale diminuzione sarebbe operativa a partire dal 2016, cioe' fra tre legislature: volonta' di riforma o operazioncina vagamente demagogica?

- E poi il grande passo verso la modernita': il premierato!
Saranno i cittadini, ci viene annunciato con orgoglio, e non piu' i palazzi della politica, a scegliere maggioranza parlamentare, coalizione di governo e Primo ministro. Ora, per piacere, qualcuno spieghi sommessamente che per arrivare a questo (come avviene in Inghilterra, in Germania e in Spagna e a partire dalle consultazioni del 1996 di fatto anche in Italia) e' sufficiente una buona legge elettorale, mentre il premierato si fonda sulla insostituibilita' del Primo ministro durante tutta la legislatura e su enormi poteri che le nuove norme gli attribuirebbero. Tocca che sul punto spendiamo un paio di parole in piu' (tanto ne abbiamo in abbondanza).
In pratica, in nome della legittimazione popolare acquisita dal Primo ministro tramite l'elezione diretta, viene in gran parte svuotato il ruolo della Camera, in quanto la nuova normativa sullo scioglimento si accompagna alla riduzione ai minimi termini del rapporto di fiducia. In altre parole una specie di "Dio me la data, guai a chi me la tocca", perche' se il governo viene sfiduciato, e' lo stesso Primo ministro a richiedere al Presidente della repubblica di sciogliere la Camera (a meno che la maggioranza espressa dalle elezioni non indichi un sostituto, vale a dire esprima la volonta' di continuare l'attuazione del programma con un nuovo Primo ministro). Cioe' se i deputati dicono al premier "non ci piaci piu' e non vogliamo piu' giocare con te" il premier porta via la palla, e si indicono nuove elezioni.  

- Collegata al tema dello scioglimento e' la previsione del voto bloccato, in base al quale il Primo ministro "puo' chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorita' su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo. In caso di voto contrario, il Primo ministro rassegna le dimissioni e puo' chiedere lo scioglimento della Camera dei deputati".
Bel giochino, no?!? O approvi la mia legge o te ne torni a casa. Di fatto chi esercita il potere esecutivo si impadronisce anche della funzione legislativa, mettendo il parlamento di fronte a una alternativa secca: l'adesione al suo volere o la crisi di governo.
Attraverso questi meccanismi, il Primo ministro finisce per essere sostanzialmente inamovibile, con una maggioranza precostituita e un decisivo controllo sulla funzione legislativa: le due principali funzioni di un'assemblea rappresentativa (il rapporto di fiducia e il potere legislativo) sono entrambe fortemente svuotate, e il ruolo della Camera rischia proprio di essere marginale. Un bel casino: si verrebbe ad avere un sistema parlamentare con elementi del modello presidenzialista, senza i controlli propri di quest'ultimo. Il nostro sarebbe un sistema unico al mondo.
Si sara' notato (se non lo avete fatto e' meglio che smettiate di leggere e andiate a farvi una passeggiata) che si e' parlato sempre e solo di Camera dei deputati: e' solo questa, infatti, che potra' esprimere il proprio voto di fiducia e sfiducia al Governo. E il Senato? Checcistaffa'? Intanto si trasforma in Senato federale della Repubblica, teso a rappresentare gli interessi del territorio e delle comunita' locali. Tuttavia non sara' eletto direttamente dalle regioni stesse, ma ancora dai cittadini.
O bischeri, capiamoci: gia' oggi i senatori sono eletti a base regionale (e questo criterio non viene modificato dalla riforma) e non ci sembra che finora siano state degnamente rappresentate le esigenze delle Regioni. Certo, al Senato vengono aggiunti i rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, ma, guarda un po', non hanno diritto di voto.... Che razza di federalismo e' quello in cui i rappresentanti delle autonomie non possono votare nelle questioni che li riguardano?!?
Ma, insomma, questo senato vorra' essere, appunto, federale e avere una sua funzione specifica: rappresentare le esigenze delle Regioni mentre la Camera si occupera' di quelle dello Stato. E di conseguenza, si afferma, verra' semplificato il procedimento legislativo: non piu' lunghi e ripetuti passaggi di testi fra le due Camere, ma ciascuna Camera approvera' singolarmente le leggi nelle materie di propria competenza.
Come dire: andare a mettere il culo nelle pedate: siccome i confini di tali materie danno luogo a gravi dubbi interpretativi (gia' ora si registrano sempre piu' numerosi interventi della Corte Costituzionale per dirimere conflitti di competenza) e' ovvia la ricaduta di tali incertezze sulle attribuzioni legislative di ciascuna Camera, specie nelle leggi, come quella finanziaria, di particolare complessita'. La cancellazione del rapporto fiduciario tra senato e governo sarebbe positiva solo se accompagnata da una chiara ripartizione di poteri tra una Camera di rappresentanza nazionale e una Camera veramente rappresentativa degli enti e delle comunita' regionali e locali.

- E arriviamo alla tanto decantata devolution: le regioni avranno potere legislativo esclusivo per l'assistenza e l'organizzazione sanitaria, l'organizzazione scolastica, la gestione degli istituti scolastici, la definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione, la polizia amministrativa regionale e locale. E' stata prevista pero' una clausola di interesse nazionale: il governo puo' bloccare una legge regionale se ritiene che questa pregiudichi l'interesse nazionale (alla faccia del federalismo...). L'esecutivo potra' invitare la Regione a cancellarla e se la risposta sara' negativa, la questione sara' sottoposta al Parlamento in seduta comune che avra' quindici giorni di tempo per annullarla. Istruzione, sanita' e sicurezza sono sempre materie di interesse sia locale che dello Stato e quindi saranno sempre il conflitto di competenze. Tale duplicita' e' illogica e puo' arrecare gravi danni all'esercizio (o godimento) di diritti fondamentali. Con il rischio di avere un federalismo iniquo, conflittuale e squilibrato.

Beh, non sarebbe neanche finita qui. Sono ancora altri e numerosi gli articoli  riscritti o emendati e ci sarebbero parecchie altre cosucce di cui parlare: il ruolo del Capo dello Stato, la nuova composizione della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura, l'obbligatorieta' del referendum costituzionale, la diversa durata di vita delle due Camere... tutti argomenti, come quelli sopra appena accennati, che richiedono riflessioni attente e ben piu' delle poche righe che abbiamo pensato di dedicarvi.
Rimane pero' la sensazione che in tempi di lifting selvaggio, di nonne-mamme, di giovani-for-ever, la nostra Costituzione ormai sessantenne dia quasi fastidio, sia fonte di imbarazzo: un po' come quei vecchi partigiani che non mancano mai di raccontare le loro storie di montagna clandestina... Invece noi, senza volerne fare un mito intangibile, adoriamo anche quelle meravigliose piccole rughe che ancora raccontano la nostra Storia. 

(Fonti: oltre ai numerosi articoli usciti di recente sul tema, ringraziamo per i loro contributi Emanuele Lombardi di www.laCostituzione.it, Roberto Calderoni e Leopoldo Elia per quanto apparso su www.referendumcostituzionale.org/, Wikipedia, www.giovanipace.org).