Fotografie dal Burkina Faso (terza puntata)
Inviato da Cacao Quotidiano il Sab, 01/26/2008 - 09:49Nella stesura di questo pseudo-diario del mio viaggio di dicembre in Burkina Faso, ho completamente stravolto l’ordine temporale degli eventi. E oggi racconto del nostro arrivo…
Appena giunti in Africa, prima di andare al Centro Ghélawé, siamo passati per la citta’ di Bobodiulasso, dove abbiamo partecipato al matrimonio tra Bissiri e Ami.
Non e’ stato un caso che la cerimonia sia coincisa col nostro arrivo e non e’ un caso che giunga dopo un fortunato e cospicuo ordine di batik che avevamo fatto a ottobre.
Bissiri, come molti altri che ci conoscono dall’inizio di questa avventura, considera tutti noi come fratelli. Lavora da 15 anni con i bianchi, ha fatto la guida, il cuoco, ha costruito strumenti musicali per un’associazione francese e da 4-5 anni disegna batik. E’ sempre molto sincero, riconoscente e diretto.
Infatti, dopo aver rispettato tutti i convenevoli dell’ospitalita’ africana, mi ha chiesto dei soldi. L’organizzazione del matrimonio gli stava costando un occhio della testa… 300 euro in tutto!
Aveva chiamato due diversi gruppi musicali tradizionali, aveva affittato uno stereo per la discoteca, tutte le donne del quartiere erano impegnate nella preparazione di 50 kg di riso, aveva addirittura cercato un preparatore di te'.
Organizzi una festa e vuoi qualcuno che, seguendo tutto il rituale, prepari dell’ottimo te'? In Burkina Faso ci sono giovani, da noi li chiamerebbero bamboccioni nullafacenti, che di lavoro fanno il te'.
Aveva poi chiamato i “griot”, probabilmente le figure piu’ pittoresche del Burkina Faso: si tratta di cantastorie che tramandano oralmente gli alberi genealogici delle famiglie. Chiedono il cognome e cantano le storie degli antenati.
Ahmed, il nostro accompagnatore, si e’ commosso quando un griot mai visto prima gli ha cantato il nome dei suoi nonni e la storia della sua famiglia.
Quando Bissiri e’ venuto al Centro Ghélawé per la prima volta, sono bastate le presentazioni per scoprire che il padre di Bissiri era stato amico d’infanzia del padre di Issa. Un giorno le loro strade si sono divise, ma Issa e Bissiri sono come fratelli.
Bissiri ha organizzato un pranzo per tutti gli invitati e una cena speciale solo per noi, con insalata, banane e patate fritte.
La “cerimonia” vera e propria si e’ svolta la mattina, nella casa della famiglia di Bissiri. C’erano solo uomini e i padri degli sposi hanno dato il loro benestare alle nozze. Sono girati un po’ di soldi, qualche noce di cola e, immancabili, decine e decine di benedizioni.
La prima notte di nozze Pia, la mia compagna, ha dormito con la sposa, io su un divano, Bissiri fuori perche’ aveva paura che qualcuno rubasse le pentole.
Sempre a proposito di “spese matrimoniali”, qualche giorno dopo, chiacchierando con il piccolo Sami di rapporti sociali tra burkinabe’, ci ha rivelato: “Io mi sposero’ con una occidentale. Le africane costano, devi regalare due montoni, 10 polli e il chapalo.”
Scoppiando a ridere abbiamo certamente fatto un casino antropologico.
Alcuni giorni dopo Bissiri e’ partito per il viaggio di nozze ed e’ venuto al Centro Ghélawé, a Diebougou.
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La mattina del 28 dicembre, uscendo dal sacco a pelo, ho visto per la prima volta il Centro Ghélawé, cosi’ come lo sogno.
Due pasti al giorno agli animali iniziavano a dare risultati: i pulcini schizzavano a 100 km/h da una parte all’altra e le galline avevano un adorabile principio di sovrappeso.
Le papere si lavavano tutti i giorni in acqua fresca, mangiavano di piu’ e la sera le vedevamo discutere. Si mettevano in cerchio e chiacchieravano.
Stavo seduto su una sedia in centro alla corte e intorno me c’era un Centro di Formazione.
Da li’ a qualche minuto Caroline avrebbe acceso il forno per fare, con soli 3 kg di farina, 30 baguette di pane.
Un signore in bicicletta era arrivato con alcune papaie e quel pomeriggio Sie ci avrebbe chiesto di preparare la marmellata.
La barrique di metallo dipinta di nero per scaldare l’acqua della doccia con il sole era stata riempita e ora si stava riempiendo la giara di terracotta in cucina, che usiamo per raffreddare l’acqua da bere.
Nell’orto germogliavano gagliarde le carote, i piselli, le zucchine e le melanzane.
Gli alberi venivano innaffiati con regolarita’ e di giorno in giorno spuntavano nuove foglie.
Il Centro Ghélawé era pulito, ordinato e aveva una parvenza di organizzazione.
Di li’ a poco sarebbe arrivato Kevin, uno dei ragazzi che lavora con noi, e dietro di lui i bambini, sarebbe arrivata Aua e poi quello strano tipo che ci veniva a salutare tutte le mattine ma non parlava francese e non ha mai detto nulla. Forse lasciava solo la sua benedizione, un sorriso e una stretta di mano, che io puntualmente mettevo nella mia sacca.
Erano le sette e trenta del mattino, almeno un decina di persone, tra donne, bambini e i ragazzi del Centro, mangiavano la loro colazione: riso, zucchero e marmellata fatta in casa… ops, fatta al Centro.
Issa era seduto su un granaio, a tre metri di altezza, mi sorrideva e io ero felice.
Per maggiori informazioni sul progetto http://www.centroghelawe.org/
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Anitiè (grazie, in djoula)
Simone Canova
Per leggere le prime due puntate clicca qui http://www.jacopofo.com/node/4073 (Prima puntata) e qui http://www.jacopofo.com/node/4111 (Seconda puntata)