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Lezioni di teatro di Dario Fo

Questa settimana riprendiamo la presentazione dei Dvd di Franca Rame e Dario Fo attualmente disponibili su www.commercioetico.it.
In particolare ci occupiamo di due Dvd dedicati alle lezioni di Teatro di Dario Fo e vi presentiamo un brano tratto dal Manuale Minimo dell’Attore: si tratta della trascrizione di un esilarante corso tenuto dallo stesso Dario anni fa in cui si spiegava il ruolo, la storia dell’attor comico. In particolare si parlava di clown…
Buon lettura

“Il mestiere del clown e’ costituito da un insieme di bagagli e filoni di origine spesso contraddittoria; un mestiere affine a quello del giullare del mimo greco- romano, dove concorrono gli stessi mezzi di espressione: voce, gestualita’ acrobatica, musica, canto, e con in piu’ la prestidigitazione, oltre a una certa pratica e dimestichezza con animali anche feroci. Quasi tutti i grandi clown sono abilissimi giocolieri, mangiatori di fuoco, sanno servirsi di fuochi d’artificio e sanno suonare alla perfezione uno o piu’ strumenti.
In “La Signora e’ da buttare”, uno spettacolo in cui agivano veri clown – i Colombajoni, Charlie, Romano e la moglie di Alberto, acrobata) – mi trovai a dover  impiegare vari effetti e giochi acrobatici tipo rompicollo, esplosioni, evoluzioni con un trapezio, camminate su trampoli molleggiati, cascate a picco in un bidone. I Colombajoni li conoscevano e li sapevano eseguire tutti alla perfezione, e ce ne insegnarono molti altri che non erano previsti nel copione.  Da loro ho imparato tutto quello che so del e sul clown, compreso il saper suonare il trombone. Franca imparo’ ad andare sul trapezio  ed eseguire la cascata all’ingiu’ rimanendo appesa per i soli piedi e con le gambe ripiegate. Proprio per la complessita’ e la vastita’ delle tecniche che un clown deve acquisire, si puo’ ben asserire che un attore che si sia procurato tutto quel bagaglio tecnico si ritrova di gran lunga avvantaggiato... non solo nel comico ma, e vedo i “pantoufles” del teatro che inorridiscono, anche nei ruoli tragici.
Spesso si assiste all’imitazione del clown da parte di attori che credono di risolvere il gioco con un semplice ficcarsi una pallina rossa sul naso, calzarsi un paio di scarpe smisurate e berciare con la voce di testa. Si tratta di un’ingenuita’ da pernacchio. Il risultato e’ sempre fastidioso e stucchevole. Bisogna mettersi in testa che si diventa clown solo in conseguenza di un gran lavoro, costante, disciplinato e faticoso, e – ancora – grazie a una enorme pratica perseguita per anni. Clown non ci si improvvisa. 
Ai nostri giorni, il clown e’ diventato un personaggio destinato a divertire i bambini: e’ sinonimo di puerilita’ sempliciotta, di candore da cartolina d’auguri, di sentimentalismo. Il clown ha perso la sua antica capacita’ di provocazione, il suo impegno morale e politico. In altri tempi il clown aveva saputo esprimere la satira alla violenza, alla crudelta’, la condanna all’ipocrisia e dell’ingiustizia. Ancora qualche secolo fa, era una catapulta oscena, diabolica: nelle cattedrali del Medioevo, sui capitelli e nei fregi dei portali, si ritrovano rappresentazioni di comici buffoneschi che si esibiscono in accoppiamenti provocatori con animali, sirene, arpie, e che mostrano sghignazzanti il proprio sesso.
Il clown viene da molto lontano: prima della nascita della Commedia dell’Arte esistevano gia’ i clown. Si puo’ dire che le maschere all’italiana siano nate da un matrimonio osceno fra giullaresse, fabulatori e clown, poi, in seguito ad un incesto, la “commedia” ha partorito decine di altri clown.