Distruggete la Masanto
Inviato da Jacopo Fo il Dom, 10/24/2010 - 10:55Da non perdere!!!
Il nuovo, inedito, appassionante, straordinario romanzo di Jacopo Fo: "Distruggete la Masanto".
In esclusiva mondiale per i lettori di cacao il primo capitolo.
Buon divertimento!!!
Un romanzo d’azione
(Se hai un’anima non ti fa dormire la notte)
Non dovevi far arrabbiare le madri.
Le madri non ti mollano.
Soprattutto se ci sono di mezzo i loro figli.
E se sono madri che fanno parte della rete ribelle allora peggio per te.
Sono madri femministe, ecologiste, cooperanti e solidali.
Hanno amiche ovunque. Anche all’inferno.
Mangiano solo verdure biologiche ma possono fare uno strappo alla regola e mangiare carne. La tua.
Non c’e' pieta', non c’e' limite, non c’e' sosta.
Le madri ti verranno dietro come cani feroci fino a che avrai vita. E probabilmente anche dopo.
Non esiste piu' nessuna regola.
La Masanto ha peccato contro l’Amore.
La Masanto deve morire.
Capitolo 1
Agguato
Aveva l'anima nera come le unghie dei suoi piedi.
Puzzavano di putrefazione. La sua anima e i suoi piedi.
Bussarono alla porta della sua baracca.
Lui si sveglio'.
Dov'era? Aveva la bocca impastata e il naso seccato dalla cocaina.
Era ancora nella giungla. In una maledetta foresta, in qualche cazzo di punto tra la Colombia e il Brasile. Li', le linee dei confini erano state tracciate cento anni prima con una penna con la punta larga. La mappa non era molto grande e, fatte le debite proporzioni, quelle linee disegnate occupavano una striscia larga due chilometri. E nessuno aveva mai avuto il tempo di andare da quelle parti con uno strumento ottico adatto a fissare sulla terra il confine tra i due Stati.
In quel luogo perduto sotto la linea d'inchiostro che segnava il confine, forse, stava la baracca di Luis Duarte de Corbez de Altamira principe di Belgioioso e di Turez.
Si stropiccio' la faccia, da fuori una voce insisteva.
“Duarte! Duarte! Svegliati. Duarte! Stanno andando alle rovine! Duarte!”
Era quel rompicoglioni di Manuel Testa di Cazzo. Cosi' penso' Duarte.
Manuel insisteva, con la voce sempre piu' lamentosa. Duarte tiro' fuori la Beretta Kombat a diciassette colpi, che giaceva nel cinturone buttato per terra. Stava per sparare un colpo alla porta. Manuel si sarebbe pisciato sotto. Poi penso' al rumore della pistola. Non l'avrebbe sopportato. Non prima del caffe'.
Mondo bastardo! Si alzo', si schiari' la voce e disse con il tono piu' sveglio possibile: “Adesso arrivo, non rompermi i coglioni.”
Dopo due tazze di caffe' e un generoso tiro di coca che avrebbe galvanizzato un'intera squadra di football, erano in marcia verso le rovine.
“Maledetti studenti merdosi!” Stava pensando Duarte.
Avrebbe fatto pagare loro anche quella camminata di merda. Quegli stronzi si erano portati nella giungla perfino delle ragazze. A lui piacevano le ragazze europee. Erano eleganti.
Alberi enormi, foglie enormi, per migliaia di chilometri. E ovunque era pieno di animali selvatici che facevano tutti i suoni possibili. La foresta pluviale, al mattino, era umida e sgocciolante e il caldo si preparava a diventare soffocante.
Amanda si godeva l'acqua accumulata dalle foglie nella notte, che le sgocciolava sul viso e sulle braccia.
Per tutta la notte le era sembrato di sentire dei bip bip metallici che potevano essere emessi solo da un'astronave aliena che atterrava a fianco della sua tenda di goretex. Al mattino le avevano spiegato che ci sono degli uccellini piccolissimi che fanno proprio quel rumore.
Amanda aveva i capelli rossi e riccioluti, raccolti con un fazzoletto, indossava una camicia rossa XXL con le maniche arrotolate fino al gomito e un paio di pantaloni di tela doppia, molto larghi. Ma si vedeva comunque che aveva il corpo talmente asciutto e tondo che i ragazzi, quando la guardavano, deglutivano.
Due giorni prima, Juan e Rita erano tornati entusiasti da una delle solite esplorazioni che andavano avanti gia' da un mese. Finalmente avevano trovato un gruppo di rovine antichissime e avevano giurato che sulla chiave di volta di un arco in pietra era ancora ben visibile l’incisione di una spirale posta tra un toro e un serpente. Poteva essere tradotta come un augurio: doppia felicita'. Era un simbolo molto diffuso presso le culture matriarcali di tutto il mondo. Ed era quello che cercavano.
Illustri docenti universitari avevano sbeffeggiato gli studi che ipotizzavano l’esistenza di una cultura agricola in grado di costruire notevoli opere con pietre scolpite, nell’Amazzonia di novemila anni fa. Secondo i luminari della preistoria, a quei tempi in Sud America e nel resto del mondo c’erano solo cavernicoli brutali e incolti.
L’idea di dimostrare che era esistita una fiorente civilta' pacifica di contadini era all’origine della spedizione, organizzata da colombiani e italiani e sostenuta economicamente da un centinaio di organizzazioni che aderivano alla Lega Mondiale degli Ecovillaggi, la rete ecologista che pretendeva di salvare il mondo.
Appena Juan e Rita erano arrivati a portare la buona notizia, il gruppo aveva smontato il campo, per trasferirsi alle rovine e iniziare uno studio preliminare.
Amanda gia' immaginava il luogo come doveva essere stato al tempo delle asce di pietra, abitato da donne che per parlare con la Dea Madre facevano l’amore, donne guerriere che combattevano al fianco dei loro uomini, donne che navigavano su minuscole barche di giunchi e attraversavano gli oceani seguendo le stelle. Nei giorni di festa, camminavano per le vie delle citta'-tempio abbigliate con tessuti coloratissimi, adorne di gioielli, con i seni scoperti e i capelli raccolti in elaborate acconciature. Amanda riusciva a vederle nella sua mente.
BANG!
Un boato la scosse violentemente dai suoi pensieri. Ci mise un attimo a capire che si trattava di un colpo di arma da fuoco.
La fila di corpi davanti a lei scomparve. Paralizzata, vide un uomo in tuta mimetica e cinturone puntarle addosso un mitragliatore grosso come la zampa di un elefante.
Amanda senti' la paura che le rivoltava lo stomaco.
L'uomo urlava in spagnolo insulti e minacce.
Sbucarono altri uomini in tuta mimetica con mitragliette e fucili d’assalto.
Amanda ricevette uno spintone, si giro' e vide un uomo con un berretto dei New Yorker e una cicatrice che gli divideva orizzontalmente la faccia al livello del labbro superiore.
Rideva e la cicatrice fungeva da amplificatore.
Poi un'altra mano pesante sbuco' dal fogliame e le afferro' il seno sinistro stringendoglielo fino a farle male. Lei grido'. Un grido terrorizzato da agghiacciare il sangue e gli animali tutto intorno si zittirono. L’uomo lascio' la presa sul seno e la colpi' sul viso con uno schiaffo. Lei si piego' e il colpo arrivo' a colpirle di striscio la testa facendo cascare il fazzoletto blu che le teneva raccolti i capelli. I suoi riccioli ebbero un attimo di gloria esplodendo di colore e ricadendole lussuriosi e rossi intorno al viso.
Due ragazze del gruppo si rimisero in piedi. Una era Carmen, una psicologa di Barcellona, l’altra era Rita, un'ex prostituta di quarant'anni, che indossava enormi orecchini d’oro. Carmen si mise tra il bandito e Amanda urlando: “Pezzo di sterco! Tua mamma e le tue nonne preferirebbero mangiare merda che tenerti in braccio!”
Un tipico insulto da manuale di autodifesa psicologica in caso di aggressione.
L’uomo urlava: “Cagne! Troie! Puttane!”
Rita gli rispose a voce bassa ma stranamente udibile: “Tocca ancora questa donna e il mio spirito verra' a strapparti gli occhi dalla faccia mentre dormi.”
Anche tutti gli altri si erano alzati, riacquistando dignita' davanti agli aggressori. Una ventina di pacifisti disarmati contro una dozzina di bandidos.
Rita l’aveva minacciato in spagnolo con l'accento dei peggiori quartieri di Bogota', dove le mammane vendono ossa di morto grattugiate e pozioni per far marcire l'uccello dei mariti infedeli.
E questo non lo aveva letto in nessun manuale del cazzo. Rita non leggeva manuali. Tutto quello che sapeva, lo aveva imparato facendo a botte con la vita.
Il bandito continuo' a insultarla e le diede uno spintone. Ma qualche cosa nella sua voce era cambiata.
A quel punto, a Duarte giravano i coglioni.
Doveva essere un sequestro semplice.
Loro avevano le armi, quegli stronzi dovevano stare zitti e ubbidire.
Invece stavano urlando tutti.
Uno stronzo coi capelli lunghi e biondi, da culattone, stava davanti al mitra di Alonso con le braccia spalancate e urlava: “Matame! Matame!”
Stronzi europei di merda.
Luis penso' seriamente di ammazzare tutti gli uomini, poi violentare le donne e ammazzare anche loro.
Poi si ricordo' che aveva cinquecentomila dollari in una bella banca svizzera e che non doveva fare stronzate.
Doveva a tutti i costi sembrare un semplice rapimento.
“Niente stronzate, Duarte!” Gli aveva detto Pablo. Glielo aveva detto sorridendo, con la sua bella faccia da telenovelas. La faccia che usava quando sparava alla gente. Effettivamente Duarte non sapeva se lo stupro facesse parte delle stronzate. Forse avrebbe reso piu' credibile il rapimento a scopo di estorsione. Forse avrebbe fatto troppo rumore... Pero' almeno una la poteva prendere e poi uccidere. Avere venti ostaggi e farne crepare uno e' fare una stronzata? Avrebbe preso la rossa. Le si avvicino' e incurante delle altre due donne che urlavano, le mollo' un ceffone. La ragazza resto' impietrita, con i capelli che si muovevano appena.
Calo' il silenzio.
“Vamos!!!” Urlo' Duarte. E la colonna si mosse. I prigionieri in mezzo, i banditi davanti e dietro.
Per alcuni secondi Duarte senti' l'emozione di essere il protagonista di quel film. Una vampata di ossigeno emotivo gli arrivo' al cervello, la foresta era luminosa e lui era giovane, bello e alto. Poi gli venne voglia di farsi un altro tiro di coca.
La vita era una merda.