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La teoria delle finestre rotte

Nel 1990, William Bratton riceve dal sindaco di New York, Rudolph Giuliani, l'incarico di gestire la sicurezza nella metropolitana della Grande Mela.Per ridurre la criminalita' decide di ispirarsi alla teoria delle "finestre rotte" secondo cui, metaforicamente, una finestra rotta dara' l'impressione di assenza di regole, invogliando i passanti a romperne altre e innescando in questo modo una spirale di vandalismo che portera' al grande crimine.
Bratton inizia cosi' una campagna, un po' "donchisciottesca" e derisa da colleghi, politici e detrattori vari, di repressione dei piccoli crimini: il suo primo provvedimento e' quello di spedire la maggioranza dei suoi uomini a pattugliare stazioni e convogli in cerca dei viaggiatori sprovvisti di biglietto.
Difficile a credersi, ma l'iniziativa si rivela un trionfo: la presenza di poliziotti incaricati di far rispettare la legge porta, in prima battuta, alla netta riduzione di reati minori, come il graffitaggio da parte dei vandali e, appunto, l'abitudine a viaggiare senza biglietto. Successivamente, con il consolidamento dell'operazione, Bratton e soci vedono diminuire drasticamente anche i reati piu' gravi, come stupri e omicidi.
Il responsabile della sicurezza viene allora spostato a dirigere la polizia "di superficie", con analoghi successi.
La teoria delle finestre rotte si basa sul principio, rivoluzionario, dei "piccoli passi". Risolvere tanti piccoli problemi per colpire dal basso quelli piu' grossi, come hanno fatto anche Mockus a Bogota' e Lerner a Curitiba.
Perche' non provarci anche nelle nostre citta'?

(Fonte: Parla con me, Rai 3)
Stefano Piazza