Voglio diventare alcolizzato!
Inviato da Jacopo Fo il Sab, 11/03/2007 - 10:18Una volta sognavamo la Rivoluzione, il Mondo Migliore o almeno un Nuovo Modello di Sviluppo.
Adesso il massimo delle mie aspirazioni e' diventare alcolizzato all'ultimo stadio.
Voglio trascinarmi per strada con una bottiglia di gin di pessima qualita' nascosta in un sacchetto e non essere piu' in grado di ricordarmi chi sia Veltroni, Berlusconi, D'Alema.
Che altro posso fare per sopravvivere all'angoscia di una situazione politica che non va da nessuna parte?
Siamo immersi in una crisi mentale, sessuale e ideale.
Siamo prigionieri di una ghenga sincopata di politici bolsi. Il nuovo che avanza annega quotidianamente sommerso da dosi di merda diarroica.
E si staglia orrenda la prospettiva di rivedere la Banda Bassotti al governo, il partito dei nani e delle veline.
Non mi ricordo quando mi sono abbonato a una realta' che sembra un esperimento sulla schizofrenia dei ratti.
Ma checcazzo fa il governo? Checcazzo fa la sinistra, checcazzo fa Di Pietro?
Sono tentato di ripetere l'ansiogeno elenco delle leggi che ci aspettavamo fossero cancellate subito e di quelle che eravamo sicuri avrebbero approvato immediatamente. Ma mi astengo perche' riscrivere per la centesima volta quelle parole sarebbe orribile. Sessualmente depressivo.
E non ce la faccio neanche piu' a dire ai compagni del movimento che la protesta non basta e bisogna imboccare la via di un'opposizione vera. Si', perche' dopo il radioso Vaffanculo Day, ci si trova a brancolare nel buio emotivo della ripetizione della mobilitazione di piazza, inutile coazione a ripetere...
E pochi han preso sul serio i nostri appelli a un movimento perche', dopo aver protestato, si metta a costruire partendo dai gruppi di acquisto, dall'ironia di massa e dagli abbracci gratis.
Allora che faccio?
Smetto di scrivere di politica e mi do' alla letteratura occulta?
Chiedo l'eutanasia per non dover piu' soffrire come una bestia di fronte allo spettacolo osceno delle polemiche da telegiornale?
Sono seriamente in crisi.
Dal punto di vista professionale, come scrittore, non so piu' che cosa raccontare.
Da mesi mi rigiro in questo empasse, trappola emotiva per topi.
E scrivere queste righe non mi ha dato la soluzione.
Il massimo che riesco a immaginare e' questo sfogo.
La mia musa ispiratrice, la chimera che guida la mia anima, non so dove sia finita.
Da un anno ormai macino inizi di romanzi e racconti che mi si avvizziscono in mano perche' mi accorgo che mancano della forza necessaria per superare il cicalio dei mortiferi cellulari mediatici, per superare le vertigini che mi prendono guardandomi intorno, in questo ipermercato della desolazione.
La situazione italiana e' ingessata al di la' di qualunque incubo.
Il movimento progressista gira a vuoto in questa melma gelatinosa, la speranza respira solo con il polmone artificiale.
Che faccio?
Che dico?
Cosa sogno?
Mi rendo conto che non posso finire qui questo articolo.
Sarebbe un'istigazione al Valium totale.
E mi ricordo la nonna di Toni Barra che, citando Bertoldt Brecht, diceva che quando tutto crolla e il fango travolge le grandi speranze e' il momento di decidere se essere un ribelle e' veramente l'unica possibilita', qualunque cosa succeda.
Ma a cosa posso ribellarmi in questa tempesta di sabbia obnubilante?
Ho dovuto pensare un po' su questa domanda che mi e' uscita sullo schermo del computer, dettata dalla mia mente non razionale. Ho letto con la parte raziocinante le parole e, come a scuola durante l'interrogazione di greco, mi sono accorto di non avere nessuna risposta.
A cosa posso ribellarmi in un momento nel quale le ribellioni si infrangono su muri di gomma planetari?
Scartate tutte le ipotesi possibili restano soltanto le ipotesi impossibili.
L'unico terreno sul quale la rivolta oggi puo' dare risultati immediati (necessari per evitare l'imminente annegamento) e' l'unico terreno sul quale non devo fare i conti con la marea nera dei veti incrociati.
Io.
Si', io. La soluzione ora mi appare chiara. Non e' un artifizio letterario.
Scrivendo queste righe mi sono accorto che posso essere fedele in un solo modo al desiderio di battere un nemico al giorno.
Oggi mi tocca ribellarmi a me stesso.
Si', perche' oggi non posso restare nella comodita' di attaccare qualcun altro.
Oggi tocca che mi scomodo.
Un soldato solo non fa la guerra.
Quindi devo chiedermi: in che modo sono complice dello stato di fatto?
Dentro di me si nasconde un briciolo di ne-carne-ne-pescismo veltroniano?
Sono affetto di caoticita' autodistruttiva dipietrista? Sono un po' nano e un po' psicotico anch'io? Oppure c'e' in me un sottile doppialamismo dalemiano? E, infine, ho la vocazione al sono-stato-bravo-ma-ho-perso-lo-stessismo-prodista?
La risposta e' si'.
Sento che questa melma mi ha corrotto.
In qualche modo ne faccio parte.
Torno indietro di 30 anni, a quando il peso delle esperienze negative non mi aveva ancora infeltrito la voglia.
E sento che avrei potuto essere piu' fedele a me stesso.
Troppe volte ho sacrificato la spontaneita' al ragionamento.
Questo stare chino sulla mia rabbia contro i potenti e' diventato spesso un alibi per sentirmi impegnato e giusto e magari rifiutare di inventarmi una giornata dedicata all'amore, al gioco, agli amici, ai figli.
Si', per molti versi il mio impegno politico di questi anni, battaglia donchisciottesca, e' stato un paravento per nascondermi dalla vita quotidiana, dalla sfida di portare nell'esperienza di tutti i giorni elementi nuovi.
Voglia di ribellarmi alla tendenza del mio rapporto d'amore di arrotolarsi su se stesso.
Voglia di ribellarmi agli anni della crescita delle mie figlie che scivolano via lasciandomi con la sensazione che avrei potuto vivermi piu' momenti con loro.
La rivoluzione: o la porti nelle tue giornate, sconvolgendo le priorita' che ti impone il sistema mentale della velocita' e della catastrofe incombente oppure, alla lunga diventa nevrosi rivoluzionaria, ninfomania politica.
Quindi oggi proclamo la mia personale giornata di lotta contro la perdita di ideali e tradimento del programma elettorale del mio personale governo interno.
Prendo su la famiglia e dopo mesi di superlavoro fotovoltaico ci andiamo a fare una gita. Andiamo a trovare Angese.it a Massa Martana, dove si e' costruito un favoloso pavimento di legno, intarsiando con le sue mani arabeschi. E andiamo a vedere uno dei piu' antichi ponti romani, che, completamente ignorato dalle promozioni turistiche, sta giusto li', sotto Massa Martana.
E cercheremo un buon ristorante e parleremo solo di questioni divertenti.
E poi, stasera, parlero' con mia moglie, la donna della mia vita, e le diro' di quanto sono stato stupido, a scrivere di ambiente piu' di quanto abbia scritto del nostro amore e del fatto, certo piu' di un mulino a vento, che ho avuto una grande fortuna a conoscerla e essere comunque riuscito a non rovinare tutto, e trovarmi ancora, dopo 12 anni, a desiderarla in modo selvaggio.
Il mio programma di lotta per l'inverno e' molto semplice: scherzare di piu', fare molto piu' sesso, raddoppiare i massaggi, costruire un grande igloo con le bambine e andare una settimana a Ginevra a vedere come fanno gli svizzeri a vivere senza burocrazia. E voglio dipingere 100 quadri di donne nude e scrivere il romanzo piu' scemo della storia del mondo.
Un romanzo che la gente lo legge e non riesce a smettere di ridere. E ride talmente tanto che si dimentica che viviamo in Italia, il paese dove galleggiano gli stronzi.
Jacopo Fo