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LIBRI: La Società dei Desideri - Jacopo Fo

La Societa' dei Desideri
Jacopo Fo

Fai attenzione.
Ti stanno cercando.

Se ti trovano diventerai solo un ricordo. Se riesci a nasconderti abbastanza a lungo potrai raccontare di aver scoperto la verita'. E di essere ancora tra i vivi.
O forse no...
Ci sono problemi che non hanno soluzioni.
Per tutti gli altri puoi telefonarmi a qualunque ora del giorno e della notte. C'e' sempre qualcuno che risponde al mio numero ed e' pronto a fare qualunque cosa per te. E per il suo punteggio.
Questa e' la Societa' dei Desideri, dolcezza. Puoi chiedere tutto quello che vuoi. Entro certi limiti. Non chiedere mai a John come si e' fatto quella cicatrice che ha in faccia. Potrebbe raccontartelo. Poi la tua vita non sarebbe piu' la stessa.
Ero veramente a terra quando sono venuti a offrirmi il paradiso.
L'alternativa era annegare.
Era un'offerta che non potevo rifiutare.
Supponevo che da qualche parte ci fosse un imbroglio. Ma non sospettai minimamente la verita'.
Comunque stai allegro.
Se stai leggendo l'hai fatta franca. Per adesso.

Capitolo 1
L'Artigiano

Ero incantato dal suo viso.
Dalla lucentezza della sua pelle.
Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso.
Aveva gli occhi di un verde impossibile ed era sicuramente la donna piu' bella del mondo. Mi guardava dalla pagina di un giornale mentre pubblicizzava una saponetta di qualita' superiore.
Imburravo una fetta di pane alle noci leggermente tostato, spalmato con burro salato e con una marmellata di arance che avrebbe giustificato una guerra (ti sembra eccessivo che si combatta una guerra per una marmellata di arance? Documentati meglio).

Suono' il telefono trasparente che tenevo sul tavolo, tra l'acqua minerale piu' leggera del mondo e dei corn flakes che promettevano miracoli per la prostata. Lo guardai. Il telefono squillo' di nuovo.
Mi ero scordato di staccarlo per gustarmi la marmellata.
Risposi.
"Chi parla?" Chiese una voce femminile.
"Hai chiamato tu. Tocca a te dichiararti per prima," risposi. Quando voglio sono un po' stronzo. Lo so, ma ho sofferto da piccolo.
Lei non abbocco'.
"Jose'?"
"Si'."
"Sono contenta di sentirti."
"Anch'io, hai una bella voce."
"Grazie. Tu non mi conosci. Ma io dovevo assolutamente parlarti. Lo so che e' una telefonata assurda ma dovevo farla." Pausa.
"Cioe'?"
"Beh, tu non mi conosci ma mi hai molto aiutato..."
"E quando?" Sentivo puzza di scherzo ma la sua voce era sincera. Se recitava era bravissima. Sembrava una donna giovane, sui trent'anni, parlava senza accento. Una ragazza istruita.
"Beh, insomma. Nella tua vita, per motivi che non conosco, un giorno hai fatto qualche cosa. Un'azione che non riguardava per nulla me. Non avevi intenzione di fare qualche cosa di utile per me. Pero' e' successo. Tu inavvertitamente hai fatto qualche cosa che ha provocato una serie di fatti che mi hanno salvato letteralmente la vita.
Ho pensato di essere in qualche modo in debito con te e ho deciso che era giusto che tu lo sapessi. Non so niente di te, magari sei un depresso che pensa di essere inutile. Allora ho pensato che il minimo che potevo fare era dirti che per una serie di casi assurdi la tua sola presenza, il fatto che a una cert'ora sei passato in un certo posto, a me ha salvato la vita. Insomma, la tua semplice esistenza e' stata determinante per la mia."
"Grazie, ma..." Non ero riuscito a infilare una sola parola nel suo discorso.
"Non fare domande, e' una storia complessa e non e' ancora finita, non posso dirti niente. Pigliala cosi'. C'e' una persona nell'universo che ti e' grata e tu non sai perche'. Non cercare di sapere. Grazie. Ciao, ora devo andare. Non mi sentirai mai piu' ma grazie."
Feci tempo a dire "Ma..." e mi trovai a interloquire con l'eco muta delle linee telefoniche in tensione.
Checcazzo di telefonata.
Non capivo dove stesse lo scherzo.
Quando non ho il controllo delle situazioni mi innervosisco. E non ho quasi mai il controllo delle situazioni, soprattutto non ce l'avevo in quel periodo. Ero nella merda. Forse e' proprio colpa del mio eccesso di controllo. Ho utilizzato tutte le droghe possibili per cercare di perdere il controllo senza riuscirci mai.
Staccai il telefono perche' non volevo sentire il seguito di quella stronzata e mi dedicai alla fetta imburrata e immarmellatata. Era un momento delicato: dovevo percepire il livello di calore del caffelatte e poi affondare la punta della fetta dentro quel liquido, lasciando emergere dalla mia intelligenza inconscia l'impulso a estrarla nell'esatto istante nel quale era bagnata ma senza che la croccantezza del pane e la consistenza del burro andassero perdute.
A mangiare il caviale son buoni tutti, basta mettere in bocca e maciullare. Il pane, burro e marmellata invece richiedono la perfetta sensibilita' del degustatore. Il senso del tempo. Pane, burro e marmellata sono un sistema: una squadra che ha l'obiettivo di portare alla bocca il burro ancora ghiacciato e per raggiungere questo bersaglio usa la marmellata a mo' di corazza.
Addentai. Mi godetti l'esplodere del dolce e dell'acido insieme alla fragranza di un burro ottenuto solo da mucche con un'attivita' sessuale esagerata, che pascolano per campi verdi e biologici, curate da contadini che quando le mungono sussurrano parole d'amore.
La percentuale di caffe' arabico nella miscela di chicchi del commercio equo e solidale era perfetta, e anche il crocchismo della fetta di pane andava bene. E le scaglie delle noci erano anch'esse croccate giustamente e facevano quasi eco allo scocchiare della crosta tostata.
Ma tutto questo artifizio, duro e amarognolo, tutto questo burroso freddo scivoloso era un fondale cromatico che tendeva a sparire, come vuole la legge dell'eccellenza, davanti alla regalita' di quelle arance quasi caramellate nello zucchero sandinista grezzo e cooperativo, che si scioglievano in bocca e che davano fragranza alla mente. E avevano la buccia. Ma essa evaporava stupefacentemente raggiungendo la superfice della lingua.
Era un istante perfetto.
Quando giunsi all'ultimo boccone mi fermai, rollai una canna di marocchino e l'accesi con un movimento lento. Inspirai profondamente mentre con l'altra mano presi quel che restava della fetta e la pucciai nel caffelatte. Poi me la misi in bocca. Cosi' si deve fare se si vuole capire il senso della vita.
Troppe persone muoiono senza saperlo.

Fu esattamente quella telefonata che piombo' all'improvviso in mezzo a un pane, burro e marmellata, l'inizio di tutta la storia. Certamente non potevo intuire dal livello di agrodolce della marmellata che la mia vita era destinata a essere completamente squassata.
Quando mi trovai con una pistola in mano a puntarla nel buio verso un nemico invisibile, non mi ricordai di quel sapore. Eppure, non so come, sono sicuro che tutto fosse gia' scritto in quel gusto particolare.

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