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MORBIDE GALASSIE di Jacopo Fo - Capitolo 2

MORBIDE GALASSIE
La vera storia di Mikaijll Kandinski, dell'invasione del mondo e dei mostruosi Crow

Capitolo 2

A volte accade nella vita che un gesto compiuto chiuda una porta pesantissima dietro di noi, portando altrove il passato e lasciandoci davanti al futuro come di fronte a un foglio bianco.
Cosi' era successo a Mikaijll Kandinski. Mentre camminava per la strada si chiese cosa sarebbe stato di lui e se mai avrebbe rivisto quella donna. Ma il passato lascia sempre qualche traccia e cosi' Mikaijll si domandava anche cosa mai avesse voluto dire il saggio Kuo' Tane': "Vai, figliolo. Combatti i Crow."
Di certo stava andando, anche se non sapeva dove, e si chiedeva cosa c'entrassero i Crow senza trovare una risposta. Cosi', pensando a se', alla morte dell'amico, al suo misterioso sacrificio e al proprio futuro, cammino' tutta la notte e il giorno dopo, giungendo la sera seguente alla periferia della capitale senza aver trovato risposta alcuna. Le luci della Fiera d'Estate richiamarono i suoi passi cosi' che, oltrepassando un impercettibile confine, si trovo' immerso in una folla vociante e variopinta, intenta, col massimo sforzo e un notevole dispendio di denaro, al proprio divertimento.
Mikaijll camminava tra i baracconi del tiro a segno, gli stands della caccia computerizzata al dinosauro e quelli dedicati alle solidificazioni dei pensieri. Era attratto dai mimi che recitavano i loro spettacoli attorniati dalla folla, dai venditori di droghe e fusaje o di marchingegni miniaturizzati che permettevano di allacciarsi le scarpe senza chinarsi o radersi la barba giocando a ping pong coi battiti del proprio cuore. A volte era catturato dai sorrisi delle ragazze impomatate e discinte che attendevano i clienti.
Camminando distrattamente giunse davanti a un baraccone dove per sei mila piastre si poteva acquistare un Crow. Il banditore ne scandiva i pregi urlando in un piccolo altoparlante da polso: "I Crow sono gradevoli, indistruttibili e garantiti, danno subito un notevole benessere che cresce di giorno in giorno aumentando il successo personale e la resa nel lavoro!"
Sul baraccone giallo campeggiava l'immagine nera stilizzata di un corvo e le pareti del piccolo emporio erano interamente ricoperte di scaffali sui quali, in bell'ordine, erano disposte le ampolle semitrasparenti contenenti i Crow. Il venditore le indicava con entusiasmo, elogiandole alla folla. "Prendete anche voi un Crow, signori, non temete, da questa notte la vostra mente vedra' piu' chiaro e capirete meglio la vita. Un Crow nella testa vi ridara' la virilita' dei bei tempi e lei non vi chiamera' piu' coniglio! Forza belle ragazze, avrete seni piu' tondi, godrete veramente e gli uomini non vi faranno soffrire mai piu'! Forza gente! Se non vi piace vi restituiamo i soldi."

Una ragazza si fece avanti, pago' 50 piastre e si sedette sulla sedia rossa; mentre l'inserviente la preparava, il banditore elogiava la ragazza complimentandosi senza parsimonia di enfasi e insistendo nel fatto che l'operazione di inserimento del Crow era assolutamente indolore. L'inserviente punto' alla tempia della fanciulla una specie di grossa pistola spaziale nella quale l'ampolla di vetro, contenente il Crow, era stata collocata a mo' di caricatore. La ragazza sorrise. La pistola pronuncio' un massiccio cacl metallico. Tutta l'operazione si limito' a questo. L'inserviente stacco' la pistola dalla tempia della ragazza e la ripose nella custodia damascata. La ragazza rise. "Li' e' tutto pieno di colori!" Esclamo'. Si alzo' e se ne ando' via soddisfatta. Unico segno dell'avvenuto intervento: un piccolo neo scuro, una minuscola piastrina sulla tempia sinistra, quasi gradevole allo sguardo, una specie di perla rotonda, un brillantino tanto nero che mandava riflessi luminosi. Subito un altro giovane, con i tappi stereo nelle orecchie che gli pompavano un rock pesantissimo fin nelle ginocchia, si sedette per impadronirsi di un altro favoloso Crow. Mentre il banditore assicurava che bastava staccare dalla tempia il brillantino nero per liberarsi del Crow, Kandinski si allontano'.
Era disgustato, non avrebbe saputo dire cosa gli desse fastidio nei Crow ma di certo lo irritavano. Non capiva cosa ci poteva essere, in quegli stupidi giocattoli bionici, di tanto importante da indurre Kuo' Tane' a parlarne in punto di morte. Era impensabile che Kuo' Tane' avesse agito cosi' senza avere gravissimi motivi. Mikaijll cerco' di richiamare alla mente, passeggiando per i viali, vitalizzati dalle intermittenze luminose dei baracconi, tutto cio' che ricordava sui Crow. Ne aveva sentito parlare, per la prima volta, una decina di anni prima.

Inventati da un impiegato di banca canadese, certo Adam Smith, i Crow erano stati lanciati sul mercato come l'ultimo ritrovato per aumentare le facolta' della mente. Non aveva mai capito come funzionassero esattamente. Erano una specie di proiezione magnetica che si stabilizzava nel cervello producendo un'ordinazione dei processi mentali. I Crow erano in grado di limitare la caoticita' delle associazioni cerebrali, portando il pensiero umano all'interno di schemi equilibrati, davano al ragionamento una particolare efficienza, evitando distrazioni, omissioni e dimenticanze.
All'inizio alcuni si erano opposti al loro libero commercio sostenendo che, in quanto sostanze in grado di alterare la mente, erano da considerarsi pari alle droghe; cosi' per qualche anno si era sviluppato un mercato clandestino di Crow e qualche "spacciatore" era anche finito in galera. Poi, visto che i Crow parevano innocui per la salute e molto positivi invece dal punto di vista sociale, tutte le opposizioni finirono per cadere e ne fu liberalizzata la vendita. Alla fine, seppur con riluttanza, erano stati accettati anche dalle autorita' ecclesiastiche.
Mikaijll ripenso' al monaco contro cui aveva combattuto e perso il Mai Dei, anche lui aveva un Crow nella testa e forse non era riuscito a batterlo proprio per questo. Non aveva mai sopportato i Crow, soprattutto nella testa di un monaco. Trovava contraddittorio che si intraprendesse la via dello spirito e si usassero simili additivi meccanici.
Ripenso' alle parole di Kuo' Tane'. Forse i Crow facevano parte di una qualche trama diabolica ma gli sembro' una soluzione troppo facile per essere vera. Cosi' pensando cammino' ancora qualche ora nell'immenso Luna Park cosparso di vita, poi si fermo' assorto davanti a un baracchino di dolciumi. Non che avesse fame o sete, era avvezzo a ben piu' lunghi digiuni, ma aveva visto, in mezzo alle paste e alle torte farcite, un tipo di dolce di mandorla e zucchero tostato che qualche volta gli aveva fatto sua madre, in quell'impalpabile sprazzo di infanzia, prima che la sua vita fosse dedicata alle dure pratiche della devozione al Tempio.
Provo' un desiderio sfrenato di possedere una di quelle stecche prelibate ma, come gli era accaduto da piccolo, non aveva i soldi per acquistarla. Si volto' a guardarsi in giro, quasi in cerca di sua madre, che ormai non vedeva da diciassette anni e di cui non sapeva piu' nulla. Ovviamente non c'era. Un uomo invece lo fissava soppesandolo palmo a palmo. Piccolo, asciutto, con un paio di baffetti, un vestito doppio petto all'antica e un cappello Borsalino. Gli si avvicino' col fare di chi sa trattare con la gente e gli chiese:
"Tu sei un monaco veramente?"
"Lo ero, ho lasciato il Tempio."
"Fenomenale!" esclamo' il tipo mentre il suo viso si riempiva di soddisfazione. "Vuoi dire che tu conosci l'arte dell'amore tantrico?"
"Si', certo" ammise il monaco.
"Senti, ho una proposta da farti", prosegui' il piccoletto. "Gestisco un grande baraccone a cento metri da qui. Ti do duecento piastre al giorno se userai le tue arti al mio servizio e avrai altre cento piastre per ogni donna che incontrerai."
Mikaijll Kandinski non aveva particolari preconcetti morali e non trovo' la proposta molto diversa che se gli avessero chiesto di curare i malati, far piovere o scavare buchi per terra usando il vento cosi', non riuscendo a trovare motivi per opporsi, accetto'.
"Andiamo!" disse quasi urlando l'omino, vinto dalla soddisfazione.
"Aspetta ... " lo interruppe Mikaijll indicando il baraccone dei dolciumi.
"Voglio uno di quelli, prima!"
L'uomo coi baffetti era abituato a trattare con ogni sorta di individui, afflitti da tutti i tipi di stranezze, comunque lo guardo' un po' interdetto e affondando la mano in tasca chiese:
"Quale vuoi?"
"Quello!" rispose Mikaijll indicando il dolce di mandorle e zucchero tostato. L'uomo pago' tre ghinee alla grassa signora col grembiale bianco dietro il banco e porse al monaco il croccante.
"Andiamo?" chiese poi.
"Andiamo ..." acconsenti' Mikaijll.
Ma prima di muovere un passo il monaco si riempì la bocca con un generoso pesso di croccante.
Si mossero verso il baraccone degli incontri dolcissimi e, mentre camminavano, l'uomo coi baffi gongolava e si stupiva per l'audacia della sua iniziativa e l'insperato successo, vista la consueta riluttanza ed altezzosita' dei monaci verso qualunque proposta che riguardasse il lavoro o il denaro, figuriamoci poi sul sesso. Mentalmente pensava a quanti soldi un monaco amatore gli avrebbe fatto guadagnare e trasali' abbagliato dalla futura ricchezza.
Mentre con la consueta velocita' del mondo dello spettacolo si apprestava una nuova pubblicita' per l'inusitata attrazione, il monaco venne fatto accomodare, da una ragazzina sorridente che lo guardava di sottecchi e se lo mangiava con gli occhi, in una stanzetta rivestita completamente di seta e velluti rossi e quasi interamente occupata da un letto. La ragazzina cambio' le lenzuola con altre rosa come le precedenti. Il monaco, restato solo, si sedette di tre quarti, sul bordo del letto, assorto nell'assurdita' della situazione, di certo non si capacitava di cosa sarebbe successo. Da fuori ascoltava la voce felice dell'omino che lusingava le donne descrivendo le favolose qualita' erotiche dei monaci Kao. Passo' un tempo indefinito, poi un lieve scricchiolio si mosse alle spalle del monaco segnalando l'apertura della porta. Qualcuno stava entrando. La donna si chiamava Ester Schu Zai, era molto giovane, non aveva piu' di 21 anni ma vestiva sontuosamente gli abiti delle dame Kavite. Si mosse lentamente, con eleganza, nella stanza ristretta, un po' a disagio per la pacchianeria degli addobbi, con un sorrisino sulle labbra che segnava l'ebbrezza per quel gesto, sconnesso e superfluo, di gettarsi in un baraccone da fiera, attirata dal sesso di un monaco Kao. Chissa' poi se era veramente un monaco o il solito impostore... comunque era sempre in tempo ad andarsene nel caso la situazione non l'avesse convinta.
Lo guardo'. Le mostrava per lo piu' la schiena e la nuca coi capelli cortissimi e lo scorcio di un viso dai lineamenti minuti anche se pronunciati nell'assenza di grasso. Era assorto e la sua compostezza monacale la fece fremere dall'agitazione. Ritrovo' la calma propria della vera gran donna e si appresto' a schiarirsi la voce per dire qualcosa. Mikaijll Kandinski ascolto' il respiro sinuoso e disteso della donna nella stanza. Lentamente si giro' a guardarla. L'intera volta celeste del cielo si accese di tutta la luce possibile. La sua mente stava gridando frasi sconnesse e il vento vociando si lancio' contro l'acqua che sbraitava trasformando l'universo in un esplodere di schiuma.

Era lei!
Era lei!
Era lei!
Era lei!
Era lei!
Era lei!
Era lei!
Era lei!
Era lei, non vi era alcun dubbio. Era lei! Era impossibile ma era lei. La donna che sorrideva tra la folla. Oh Dio ti ringrazio! Grido' Mikaijll Kandinski, muto nel silenzio della stanza. Si alzo' in piedi restando immobile e comincio' a danzare senza muovere un passo, emettendo dalle mani stelline di luce e petali colorati e invisibili nello stesso tempo. La donna lo guardo'. Se ne stava immoto, davanti a lei, compostamente distaccato ma una luce strana gli brillava negli occhi. Si vedeva che era un monaco vero, o un grande impostore. Lei si chiese se fosse capace di improvvisare quel sottile tremore per ogni donna che entrasse in quella stanza e quante ne avesse amate in quel letto. La sua bocca si apri' ed ella chiese:
"Come vi chiamate?"
"Mikaijll Kandinski, mia stupenda signora."
"Siete molto galante. Di certo sapete mettere le donne a loro agio."
Mikaijll Kandinski riemerse dal nubifragio della sua anima rendendosi conto che, data la situazione, qualunque cosa lui avesse fatto o detto lei lo avrebbe frainteso. Inizio' allora a pensare, cercando qualcosa che potesse scioglierlo da quel malinteso.
Si porto' le mani al collo. Le dita frugarono un attimo sotto l'orlo della tunica e ne trassero un filo di cuoio dal quale pendeva un monile: una sottile piastra d'oro con incastonata una pietra rossa, trasparente. Si avvicino' e gliela mise al collo con un piccolo sorriso.
"Anche questo fa parte del prezzo?" mormoro' la fanciulla un poco sconcertata per il gesto.
"Questo vi ripaga del prezzo che avete pagato per incontrarmi. Non capite? Proprio non vi ricordate di me?"
"Per nulla!" esclamo' la giovane ma dicendolo si accorse che mentiva. Aveva gia' visto quell'uomo.
"Oh, vi prego" disse lui "fuggiamo da qui! Troppi aspetti di questo luogo rendono incredibili le mie parole."
La ragazza lo guardava perplessa, con quegli occhi leggermente a mandorla dai quali fingeva un lieve divertimento.
"Vi prego... se voi volevate passare con me alcuni istanti della vostra vita e vedendomi non avete cambiato parere, allora seguitemi. Fuggiamo fuori, viaggiamo nella notte. Vi mostrero' cose bellissime, bacche selvatiche e piccoli animali sconosciuti."
Egli guardo' i suoi occhi e la vide vacillare nell'indecisione e fremette sperando che accettasse. La mano di lui tendeva, da sola, verso la mano di lei desiderando spingersi contro il resto di quel corpo, premerla, sentire quanto fosse viva. Mai, nelle lunghe ore di disciplina, mentre imparava a far scaturire il nettare dalla propria bocca o a lanciare gli atomi uno per uno contro il muro, aveva provato un cosi' vivo e profondo senso dell'irrealta' della vita. Sospettava che quella donna non fosse vera carne e sangue fluente ma solo una beffarda immaginazione dei sensi.

Alla fine lui la tocco'. Ma mentre lei lasciava che lui la toccasse allontano' il proprio essere da quella parte di lei, da quella mano che quell'uomo stava toccando. Mikaijll si trovo' tra le dita solo muscoli e carne e pelle che, sebbene fossero soavemente modellati, mancavano totalmente del pulsare della vita. Lei confuto' le apparenze con un nuovo sorriso. Mikaijll trovo' che non c'era tempo da perdere e, approfittando di quell'istante di vuota indecisione, la sospinse delicatamente trascinandola fuori di li', portandola via, mentre ancora l'ometto coi baffi strepitava al monaco di tornare indietro, mescolando preghiere a lusinghe e insulti.
Seguiti dalle luci eccessive del Luna Park arrivarono in un minuscolo, lurido boschetto abbandonato attorniato dall'ingorgo di uomini e stands. Lei sorrise stupita per la stupidita' della cosa, vedendo il monaco che si toglieva il primo strato della tonaca e pensando che quel matto volesse fare l'amore. Intimamente era fermamente convinta che non avrebbe mai fatto una simile sciocchezza. Non avrebbe mai fatto l'amore in un luogo simile. Ma quello, mentre intuiva divertito il corso dei pensieri di lei, stava progettando ben altro, nonostante le apparenze continuassero a essere contro di lui.
Cosi' stese per terra il pezzo di stoffa piuttosto ampio e le disse: "Sali!" Lei lo guardo' al colmo della riluttanza e sali' in piedi sulla stoffa mostrando il massimo dell'insofferenza. Lui si era gia' seduto a gambe incrociate e la guardava dal di sotto in su. "Su, ti prego, non fare cosi'. Vieni giu' anche tu. Dammi un istante di tempo. Non posso fare niente se tu stai cosi' in piedi."
Lei lo guardo' durissima non volendo degnarlo di una spiegazione sul fatto che non aveva nessuna intenzione di lasciarsi andare a pratiche sentimentali in un simile cespuglio. D'altra parte il suo sguardo di preghiera e la sua aria per nulla astuta la indussero a sospettare lievemente, per quanto non fosse sua abitudine, che in realta' quell'uomo avesse qualcos'altro per la mente. E questo nonostante fosse ben convinta che quando un uomo ti chiede di sdraiarti lo fa per una sola ragione, ivi compreso il tuo medico personale. Da cio' ne scaturi' una piccola curiosita' che unita all'insistenza del monaco porto' le ginocchia di lei a piegarsi ed il suo corpo ad accoccolarsi vicino a quello di lui mentre lui, proditoriamente, le cingeva i fianchi.
A questo punto lui la guardo' e si preparo' a compiere cio' che si era prefisso. Per prima cosa indugio' con lo sguardo negli occhi di lei, volendo in qualche modo prolungare quell'istante nel quale il sospetto e la curiosita' la rendevano cosi' bella, tanto che alla fine, non riuscendo piu' a sostenere la dolcezza dello sguardo della ragazza, pronuncio' le parole sacre. Lei lo osservava ancora, mischiando il sospetto al piacevole timore, ma quando si accorse che la stoffa si era alzata in volo (e che loro, come su un tappeto volante, stavano volando sulla folla allontanandosi veloci come uccelli), ella, dalla bocca sua rossa, esplose nel riso, emise un grido argenteo e chiaro, sguaiato forse per una signora di rango Kavita ma certo immensamente gradevole alle orecchie di Mikaijll che rideva di soddisfazione in tutta la sua anima e in tutti i pori della sua pelle.

Volarono insieme abbracciati nella notte nera, rischiarati solo a volte dal vento e dalla luna tra le nuvole bianche, nell'ombra. Ester Schu Zai lascio' cadere per un attimo le sue continue domande come pietre preziose sulla spiaggia, pronta a riprendersele e andarsene al primo accenno di pericolo. Ma in quell'attimo resto' accanto a lui, rapita, e insieme guardarono il cielo. E, forse, i loro cuori si toccarono per un istante prima che la stoffa atterrasse sui prati, in cima a uno dei colli dello Xai, la terra dove anticamente avevano dimorato i giganti. Lei aveva un forte profumo di vaniglia. Mikaijll adorava quell'odore.
Quando la stoffa si appoggio' morbidamente sull'erba lei stava ridendo. E lui allora le disse: "Adesso, signorina, dopo averla portata in volo sul mondo le mostrero' un piccolo spettacolo di mostri che ho or ora inventato proprio per te". Le diede un piccolo bacio. Attese un istante in silenzio per accrescere, astutamente, la sua curiosita'... Poi alzo' una mano aperta dalla quale spunto' una luce che, come un faro da teatro, illumino' una parte della stoffa sulla quale erano ancora seduti creando un'illusione di palcoscenico. Con la mano destra sfioro' leggermente il fianco della ragazza, poi inizio' a fare dei piccoli gesti, radenti al tessuto e da li' iniziarono a scaturire, uno per uno, una dozzina di piccoli mostriciattoli alti mezza spanna che si misero a ballare e saltellare dove la luce illuminava la stoffa. Erano piccoli cavallini a sei zampe, rinoceronti pelosi, cervi-coccodrillo, strane lumache a 8 zampe con decine di antennine e altri mostri ancora dall'aspetto piu' confuso che ridacchiavano mostrando file di dentini aguzzi.
Per un istante lei ebbe paura o forse finse soltanto; poi inizio' a parlare in una strana lingua coi mostriciattoli e loro le rispondevano molto compiti e gentili. A Mikaijll lei sembro' veramente adorabile. Dopo un po' gli animaletti con molti inchini e salamelecchi dissero che avevano sonno e dovevano andare a dormire e uno dopo l'altro scomparvero dietro un ciuffo d'erba. Fu allora che lei, girando la testa, senza smettere di ridere, lo bacio'. Era fresca e calda insieme. Parlarono, si baciarono, si abbracciarono e lui, per ripararla dal fresco della sera, genero' con un sortilegio un cerchio di fuoco che circondo' il tessuto sul quale stavano sdraiati. Peraltro la stoffa si mantenne sollevata di un poco dalla terra umida. Stettero li' a lungo, in silenzio, sconnettendo frasi da innamorati e lei gli disse che era un guerriero stupido, che ormai l'aveva scoperto, che era lui che era stramazzato a terra durante il Mai Dei, guardandola negli occhi, e che non aveva mai visto monaco piu' incapace.
Mentre lui cercava di distogliere l'attenzione di lei da discorsi per lui tanto faticosi, fabbricando con le dita fuochi d'artificio nel cielo e diluvi di petali di fiori, lei continuava ad elogiare la morbidezza del suo naso paragonandolo in modo inclemente alle sue possibili vigorie sessuali. Restarono assieme tutta la notte. Si amarono al mattino. A volte scontrandosi... prendendosi finalmente... Era tutto cosi' strano e la vita traboccava da ogni gesto tanto violentemente da destare sorpresa. E lei non capiva dove lui volesse arrivare e lui non capiva fino a che punto lei sarebbe voluta venire. E cosi' consumarono quell'incontro correndo su lame di coltello e cascando l'uno tra le braccia dell'altro.
Poi al mattino, quando il sole venne alto, si svegliarono da un sonno che li aveva catturati di sorpresa e lei lo lascio' fissandogli un appuntamento per la sera stessa, su quella collina dove si erano amati. Lei sarebbe arrivata in auto. Risalirono sulla stoffa volante e ritornarono in citta'. Poi si baciarono ancora in una via deserta, lei prese un taxi al volo e spari' dietro l'angolo. Lui raccolse una pietra da terra, la lavoro' con le dita e la trasformo' in un piccolo oggetto d'oro. Prima che il sole calasse del tutto aveva approntato, nel luogo dell'appuntamento, una tenda sontuosa, due cavalli pezzati e un pranzo degno dei re di Babilonia, tappeti per terra e regali per la dama e diecimila candele per rischiarare la notte.
Finiti i preparativi si sedette ed incomincio' ad attenderla felice e confuso, pazzo di lei per l'amore dato e per quello che il suo sangue desiderava stesse per venire. E mentre attendeva parlo' ai fiori e racconto' la sua storia, e tento' di descrivere loro l'amore che nutriva per lei. E i fiori ascoltando le sue parole non poterono fare a meno di fiorire tutti e il vento si fece leggero per non disturbare. Ma lei non venne. Decine di volte, nell'attesa, a lui parve di udire un'auto avvicinarsi. Ma era solo il vento. Cosi' seduto nella posizione dei saggi, Mikaijll trascorse la notte pensando che nessun avvenimento terreno puo' sconvolgere la pace di chi vive in armonia con se' stesso e sentendo d'altronde la terra esplodergli nel ventre e le gambe staccarglisi dalle ginocchia. All'alba tutti quei fiori inutilmente sbocciati gli diedero un poco sui nervi. Si abbandono' sull'erba sotto il sole e lascio' passare sopra la vita il sonno.

La giornata seguente lo colse impreparato. Battuto sul tempo si era svegliato che il sole gia' cominciava a calare. L'aveva sognata, beffarda, e qualcuno gli aveva detto che era una prostituta e lui si era dimenato nel sonno cercando una via d'uscita dai labirinti di Knosso. Tento' di immergersi in quelle pratiche che, per anni, gli avevano dato la forza per vivere, si inginocchio' sedendosi sulle caviglie con il dorso del piede appoggiato sulla terra. Respiro' a fondo riempiendo i polmoni d'aria fresca, cercando l'abbandono dei muscoli e attendendo che tutta la sua attenzione si sciogliesse nella contemplazione della vita che scorreva dentro e fuori di lui. Resto' cosi' a lungo ma i pensieri saltellavano fuori dal suo ventre e il desiderio infuriava sulla sua fronte. Una noia profonda per tutte le cose della sua vita passata lo avvolgeva pesantemente.
Ando' a lavarsi. Ma che poteva la povera acqua sulla sua pelle che aveva sentito le mani di lei carezzarlo? Era stato un incontro grezzo, ben diverso dall'amore con le sacerdotesse Kao dove ogni gesto prestabilito era accompagnato da una consona respirazione.
Qualcosa dentro di lui disse: "La tua vita e' una smorfia bluastra". Sentiva ancora il profumo del suo respiro. Si erano dati addosso a sprazzi, sfuggiti e spaventati e il piacere si era mischiato al timore di non trovarsi; ed egli aveva sofferto l'ansia di non saper inventare un gioco che potesse soddisfarla. Ostinata nel fingersi forte in quel contatto che a volte pareva ferirla. Lei aveva paura, ma di che cosa? Questo chiaramente lui non riusciva a vederlo. Penso' che avrebbe potuto aiutarla insegnandole la via del Tao e le pratiche necessarie per superare gli attaccamenti della mente. Ma il ricordo della sua vita passata gli comunico', con un conato, che non vi era nulla che egli avrebbe voluto insegnarle. Aveva soltanto orrore per le lunghe ore, gli anni, trascorsi a impegnare quel pesante duello con la propria mente, coi desideri del corpo, coi limiti della propria condizione umana. L'unica cosa che in quel momento lo interessava era che si sentiva un animale. Pieno di vita e di rabbia come una bestia inferocita dall'amore.
Cosi' si alzo' e si incammino' in cerca di lei. Scese la collina camminando lentamente come i santi e cercando tra tutte le magie che conosceva quella che lo conducesse a ritrovarla. Ma non vi sono magie per chi e' innamorato che non siano nell'amore dell'amata. E lei in quel momento non lo cercava, non lo voleva, era fuggita spaventata da qualche cosa di lui. E lui si vergogno' immensamente che vi fosse qualcosa in lui che lei non amasse. Avrebbe voluto trovare questo qualcosa, estirparlo, ucciderlo. A volte gli tornava alla mente il rosa della sua pelle.

Cosi' giunse, per la seconda volta, ai margini della citta'.