MORBIDE GALASSIE di Jacopo Fo - Capitolo 15
Inviato da Jacopo Fo il Mar, 04/18/2006 - 17:20MORBIDE GALASSIE
La vera storia di Mikaijll Kandinski, dell'invasione del mondo e dei mostruosi Crow
Capitolo 15
A volte la vita si ferma un momento, come distratta. Impigliata in una vena di piacere resta un secondo ferma a riposare; le ossa hanno il tempo di trasudare la fatica di vivere stando in piedi su questa terra in salita.
Cosi', quando Sun Yatz Zen entro' nella grande stanza, immersa nella calda penombra offuscata da incensi, trovo' Mikaijll sdraiato sull'ampio letto tondo, gonfio di spesse trapunte di cotone satinato color crema, morbidamente abbandonato tra quattro fanciulle. Se ne stavano cosi', nudi e semi abbracciati, parlando fitti come se la vita avesse cessato di tessere il suo intreccio e loro volessero sostituirla.
Sun sorrise sentendo la tenue tenerezza di quella situazione, per un istante fermo in dubbio se entrare in quel dolce consesso con il suo rapido bagaglio di incombenze. E per un attimo si chiese da quanto non si occupava del suo proprio abbandono, di sedare i suoi sensi stanchi del troppo aspro rincorrersi delle cose, impegnato in quello scontro con gli ostacoli, nel tentativo di impedire la fine del mondo. D'altronde, a volte, bisogna accettare le necessita' del bisogno. Rinunciare a se' stessi per far continuare, se non altro, la vita, acciocche' qualcuno poi, almeno, abbia la possibilita' di viverla ancora.
Cosi', visto che i Crow non avrebbero improvvisamente cessato di crescere e collegarsi nell'ombra e le stelle nel cielo stavano raggiungendo ormai la quadratura piu' propizia, (ed era trascorso quel tempo dovuto ai preparativi necessari dopo il rito del Badhdram) e la rivelazione era avvenuta, e i fratelli del Sentiero Luminoso erano tutti arrivati e la "forza" pareva essere al culmine, Sun Yatz Zen trasse un respiro e si fece avanti.
Lo scivolare ampio della vita, nel piccolo gruppo raggomitolato di corpi, si interruppe destato dall'improvviso avvicinarsi di qualcuno. Mikaijll guardo' Sun Yatz Zen e vide che quel breve interregno di pace era finito. Guardo' quelle dolci creature che per quattro giorni erano state cosi' tenere con lui e che, con baci e con carezze, l'avevano tratto fuori da quello strano stato psichico in cui era piombato, svenendo in quel rito, scassato dallo shock di aver aperto quello scrigno sperso e tempestoso, gelosamente custodito dentro di lui. Java, Sail, Schill e Mohe lo avevano curato come un bambino, come se lui per loro fosse stato qualcosa di bello, come se il piacere esistesse veramente in questo mondo.
Ora pero' non era possibile attardarsi oltre. Lui lo sapeva, loro lo sapevano, lo sapeva Sun Yatz Zen con la sua aria di essere fuori posto, quasi non volesse disturbare con quell'uragano di morti e di avvenimenti che urlavano per strada.
Sun rispose al saluto di Mikaijll e ai saluti delle ragazze, poi incomincio' a esporre le novita':
"Dunque Mikaijll, decodificando le frasi che hai pronunciato nell'antica lingua e inserendole nel computer, abbiamo determinato precisamente in quale corpo umano si insediato il Crow-capo. Si chiama Surry Magay. Vive qui sulla terra. Disattivando lui avremo la possibilita' di distruggere i Crow. Per fare questo e' sufficiente colpire questo principe, Surry Magay, con il raggio deostico. Il segnale che il Crow, morendo, lancera' ai suoi simili sara' sufficiente a sterminare quell'orrenda genia. Se cosi' sara', la razza umana sara' salva. La data fissata e' domani. Nella capitale, Surry Magay si sposa. E' un principe, un pezzo grosso e ci sara' una grande festa davanti al palazzo dei matrimoni. Saremo tutti li' e porteremo il raggio. Tu, Mikaijll, dovrai fare la tua parte."
Mikaijll stava fremendo: "Con chi si sposa Surry Magay?"
"Con Ester Schu Zai. Come mai ti interessa?"
Mikaijll rispose: "Niente, niente..."
E il suo cuore striscio' basso sulla spiaggia umida e ventosa. "Perche'?" grido' dentro. Il sipario della tristezza calo' sui suoi occhi mentre la sua anima annaspava via, cantando una canzone malinconica.
A volte la vita si ripone, poggiando i suoi piedi su piccole cose. A volte il complicato equilibrio delle energie e del divenire dei movimenti poggia tutto su fatti minimi. Cosi' l'universo intero sta sulle spalle dell'uomo insignificante che, distratto, si fa la barba e da come quello tagliera' i propri peli dipende l'andamento di tutta la vita in quell'istante, e tutto succedera' in conseguenza di quei gesti e sara' questo a decidere se l'uomo che cade morira' stupidamente oppure vivra' incredibilmente, cadendo dal decimo piano su un camion di materassi che avrebbe potuto passare con un secondo di ritardo, da come un altro muove un passo; se la cieca rivedra' la luce dopo il complicato intervento; e dal sapore del sugo che una ragazza sta cucinando su Vega.
Dipende se lui la incontrera' per caso in un posto qualsiasi e se lei, occhi di fiamma, lo guardera' sorridendo e il cielo dentro di lei si stacchera' dagli ormeggi scivolando sciolto dal vento e si accorgera' di amarlo improvvisamente. A volte la vita poggia su grandi fatti appariscenti a cui partecipano tante persone. A volte accadono grandi fatti che fanno enormemente rumore ma non hanno alcuna importanza. A volte la vita accade li' davanti ma uno la confonde, o non se ne accorge, o non capisce dove esattamente lei sia e scambia una cosa con l'altra.
Ester... stava seduta nella stanza, fermatasi un attimo nella complessa opera del vestirsi, tra corpetti, sottovesti, veli e ampie gonne che componevano il vestito bianco e profondo. "Sei felice?" si chiese; si', sono felice, si rispose. Sposava un bel giovane, dall'ambizioso futuro. Gli piaceva. Certamente gli piaceva. Era affabile, spiritoso, intraprendente, vivace, sicuro. Molto sicuro. Una sicurezza sulla quale si poteva contare lasciandosi trasportare come da una corrente. Le piaceva quella vita che le si apriva davanti, fatta di movimenti, dove tutto aveva un senso preciso e una precisa funzione e non ci si perdeva nell'incapacita' di decidersi. Surry Magay sapeva sempre cosa fare; aveva sempre un'idea su dove andare, su dove portarla, non perdeva tempo per decidere, era la sua forza.
Le piaceva pensare cosi', le veniva bene, a volte le sembrava di pensarlo veramente. Era entrata nel personaggio. E questo era bene; riusciva cosi' a tenere i suoi veri pensieri fuori da se stessa, separati dal resto di se', senza mai lasciarli entrare nel campo della mente. Lei sposava un Crow e cosi', pure lei, aveva preso un Crow. Era cosi' e lei sapeva che non avrebbe potuto essere diversamente. Sapeva che era necessario fare cosi', che era l'unica cosa sensata e che non poteva fare altro. Doveva continuare a seguire quella linea di minore resistenza, continuare a vivere come se niente fosse, come una goccia d'acqua, seguendo solo un sospetto, senza mai chiedersi niente, senza mai sapere veramente, perche' se avesse saputo non avrebbe piu' potuto tenere la coscienza di sapere fuori dalla sua mente, e allora loro, i Crow, l'avrebbero scoperta.
La grande piazza davanti al Palazzo dei Matrimoni era gremita di folla. Il principe, lo sposo, nonostante la giovane eta' era gia' giunto a cingere il suo ampio collo con il collare dei parlamentari. Era stato appena eletto e quel matrimonio, con una fanciulla cosi' graziosa e di una discendenza cosi' nobile, era un po' il coronamento, la festa, per la fortunata nomina appena avvenuta. Cosi' la cerimonia portava pubblicita' e la folla era accorsa particolarmente numerosa.
Surry Magay era soddisfatto, molto soddisfatto. La vita era un affare e lui lo sapeva concludere. Lui sapeva com'era, bastava sedersi sempre a tavola come se ci si dovesse mangiare tutto. La vita e' debole, come le donne. Basta prenderle per averle. Il resto non esiste. Chiacchiere per gli stupidi e gli intellettuali, gente che non sa vivere e si limita a far marcire il tempo; e pensa, perche' non sa far altro.
Gli intellettuali non sanno alzarsi, comunque siano andate le cose, alzarsi da vincitori e vincere perche' incapaci di perdere, di piegarsi alla vita. Surry Magay scese dalla macchina lunga e nera, sorridente, fiero del suo bianco sorriso, della luce dei suoi abiti e del neo luccicante che gli imperlava la tempia. Non era un Crow normale il suo e lui lo sapeva e ne era felice; lo avrebbe portato lontano, in auto. Era il suo genio della lampada, il suo asso nella manica, il suo servo fedele.
Poi arrivo' la macchina della sposa coperta di fiori bianchi. Lei scese. Era favolosa: un mattino di sole. Seguendo il cerimoniale abituale dei matrimoni (coi testimoni, i pari e i paladini, le precedenze e le salutazioni) il corteo nunziale giunse, con gli sposi davanti, al cubicolo dell'officiante col suo vestito gessato, giallo e bianco. Mentre gli sposi si tenevano mano nella mano, in attesa di rispondere alla fatidica domanda, i presenti cominciarono a declamare gli auguri alla nuova coppia guidati dall' "oratore", un tipo abbondante ma dall'aria soda che si sbracciava per ogni frase, sporgendosi dal pulpito, nella sua ampia toga di raso rosso chiaro che pareva vivo per il continuo guizzare dei riflessi.
Poi vi fu il rito della purificazione. Furono sparsi incensi dondolanti, appesi alle catene d'argento alternato con l'oro portate appese a spingarde da chierichetti buffi, nei loro costumi di panno verde pisello tenue che li faceva rassomigliare a gnomi.
Finalmente la sala si raccolse in un silenzio composto, rispettoso, teso a cogliere l'attimo cruciale di tutta la storia.
"Vuoi tu, nobile Surry Magay, prendere qui, oggi, quale tua legittima sposa, la qui presente dama nominata Ester Schu Zai?" chiese l'officiante.
"Si', lo voglio" disse Surry Magay.
"Vuoi tu, nobile Ester Schu Zai prendere qui, oggi, quale tuo legittimo sposo il qui presente principe Surry Magay?"
L'officiante aveva quasi terminato di dirlo e certamente Ester avrebbe risposto "Si'!" ma in quell'istante, tra la fine di quella domanda e l'inizio di quella risposta, le grandi vetrate policrome del palazzo si infransero in un ampio spazio, sospinte da due piedi resi possenti dalla velocita' e dall'impeto. Mikaijll, Mikaijll Kandinski, vestito con l'abito scuro della rivalsa, balzo' sulla scena, aggrappato a una fune, piovendo dall'alto come un imprevisto accidente, una maledizione diabolica, apparendo dal nulla in un crepito di vetraglie, furioso di gelosia, disposto ad agire seguendo il diritto che gli dava la sua collera, mascherandola con scopi di vita e di salvezza del bene, ai quali quella crociata contro i Crow lo autorizzava. Ma in realta' era solo adirato, inferocito, desideroso di uccidere. Perche' lei, cosi' bella, non si era quel giorno vestita per lui ma per un altro? Perche' lui la voleva e lei non lo voleva?
Cosi', piombando dalla fune, nella sua parabola volante di vetri, si incocco' sul pavimento coi pesanti stivali di cuoio nero e sguaino' la spada e in un sol gesto l'appoggio' alla gola di lui. E quasi in quel gesto vi fosse lo sparo di un fucile: "Pam" disse. "Sei morto!" E lo guardo' con gli occhi crudeli e freddi di chi ha vinto, accigliato e deciso a farla finita comunque.
Surry Magay resto' immobile, ingessato dalla consapevolezza di avere una lama troppo vicina alla gola. Ester lo guardo': "Ancora tu!" grido'. "Ma sei pazzo! Ma mi vuoi lasciar stare? Non hai diritto di entrare cosi' nella mia vita!"
Mentre la porta del palazzo si apriva sulla grande sala attonita e i fratelli del Sentiero Luminoso facevano entrare nella sala il cannone a raggio (che era stato fino ad allora camuffato da carro allegorico) Mikaijll per un istante la guardo' negli occhi infiammati: "Tu non sai nulla" le disse. "Tu non sai quanto ti amo."
"Parole" disse lei. E mentre il cannone a una decina di metri di distanza dai tre si preparava a sparare e veniva puntato contro Surry Magay e le migliaia di fratelli del Sentiero Luminoso si davano tutti la mano stringendosi per dare all'obice la potenza per sparare, Mikaijll continuo' a tenere la spada tesa contro la gola di quello, impedendogli di muoversi. Ed Ester lo insultava e lo malediva.
E proprio allora, quando il raggio stava per essere sparato cancellando definitivamente la questione dei Crow, Surry Magay senti' che, finalmente, il suo secondo cervello si era messo in moto. Aveva terminato di analizzare la situazione e stava trasmettendo un forte messaggio esterno. Chiamava i soccorsi. Proprio allora Magay si senti' soddisfatto e penso' che le cose andavano bene.
Sahub Chann aveva 47 anni, era nel Sentiero Luminoso dalla nascita, come suo padre e suo nonno. Essi erano una dinastia di tiratori. Era ovvio che ora toccasse a lui sparare. Era una vita che attendeva quel colpo per liberare il pianeta dai Crow e da tutta l'altra immondizia. Gli sembro' incredibile che sarebbe bastato un solo colpo; guardava dentro il mirino; aveva il bersaglio davanti agli occhi. Ormai era tutto pronto. Doveva solo schiacciare il grilletto e sparare.
La mente di Sahub Chann ordino' al suo dito di tirare la leva del grilletto ma il dito non si flette' mai. Egli crollo' a terra con la testa aperta da un colpo di fucile a lamine. Mikaijll alzo' gli occhi verso l'alto e li vide. La grande sala del palazzo dei matrimoni precipito' nel caos. I fratelli del Sentiero Luminoso cercavano scampo per ogni dove, gridando. I proiettili a lamine li inseguivano ovunque, sintonizzati sulla loro tensione psichica, avevano poche probabilita' di sbagliare il bersaglio. L'intero palazzo dei matrimoni e la piazza antistante erano completamente invasi da uno sciame sterminatore di uomini volanti, ronzanti di quel delicato insistente rumore dei motori a fotoni che azionavano i piccoli razzi gravitazionali. Erano migliaia, armati di tutto punto con armi a sintonizzazione psichica.
Pochissimi, tra i fratelli di Sentiero Luminoso, erano armati ma tutti avevano una forte determinazione psichica che li rendeva facilmente individuabili dai sensori. Piu' che una battaglia fu un episodio di bassa macelleria. Mikaijll resto' a lungo immobile, con la spada tesa allungata sulla gola di quel disgraziato, urlando: "Sparate! Sparate!" Sperando vi fosse ancora qualcuno vivo vicino al cannone a raggi.
Ester guardava la scena agghiacciata dal ronzare di quei grossi calabroni umani e dalle grida delle vittime. Mikaijll capi' che non c'era piu' nulla da fare. Fu tentato di affondare la lama nella gola di Surry Magay ma poi non lo fece. Ucciderlo cosi' non sarebbe servito a nulla.
Stavano perdendo, penso', ma almeno continuavano a sapere quale era il cuore del loro nemico. Cosi', invece di affondare la lucida lama, gli mollo' una serie tremenda di calci furiosi allo stomaco lasciandolo mentre si accasciava. Si giro' su se stesso cercando con gli occhi quella donna che lui amava e che stava per sposare un altro. La vide che si era accucciata dietro a uno scanno di pietra, sul lato della sala. Si avvento' verso di lei, la afferro' per i polsi e gridando nel franstuono delle grida di terrore, degli spari e delle imprecazioni dei feriti, disse:
"Perche'? Perche' non mi ami? Non mi cerchi? Perche'? Maledetta, perche'?"
Lei rispose al suo sguardo cercando un mezzo sorriso tra le tonalita' del suo viso, come avesse tutto un mondo da raccontare senza sapere da dove iniziare. Poi disse:
"Tu fai troppe domande Mikaijll! Tu fai troppe domande..."
Mikaijll la guardo' e capi' che non vi era nulla da dire, nulla da fare. La vita scorreva da quella parte e, dove voleva lui, non voleva andare. Il fuoco gli avvampo' gli occhi vedendo che lei comunque restava cosi' bella pur non amandolo. Poi si mise a fuggire. Fuggire da lei, fuggire dagli uomini volanti che massacravano i cospiratori. Fuggire dalle grida dei feriti, dalle imprecazioni dei morti, dagli inutili tentativi di difendersi.
I fratelli del Sentiero Luminoso si erano sbandati, impreparati a qualsiasi difesa, tanto erano stati certi di vincere. Il loro schieramento in rotta, scappavano per i vicoli, con gli uomini volanti che li inseguivano, uno per uno, per finirli.
Non fu una sconfitta, fu un massacro. Sun Yatz Zen mori' col cuore squassato senza neppure il tempo di urlare. Mikaijll correva tra le centinaia di cadaveri sotto quel sole cosi' caldo quel giorno e tutto intorno a se' vedeva altri fuggire disperati e dal cielo, come feroci arpie, calavano quelli a uccidere, un istante in picchiata, un colpo certo e le lamine dei proiettori. Spargendosi nel corpo davano la sicurezza della morte.
Guidati dai loro sensori psichici i mostri volanti non potevano sbagliare. Erano ineluttabili. Nessuno colpiva Mikaijll, nessuno. Correva disperato come gli altri ma i sensori psichici non lo individuavano come obiettivo. Egli non era disperato per l'universo, non bruciava per l'odio contro i Crow, non serviva lo stendardo del bene, non tramava per la sommossa. Era disperato per gli stramaledettissimi cazzi suoi, e aveva paura di morire ma non aveva voglia di vivere. I sensori non lo videro neppure. Non era nella loro storia. Si confuse tra la folla qualsiasi che fuggiva senza motivo terrorizzata dal sangue. Cosi', ancora una volta, Mikaijll Kandinski, monaco spretato, amante inutile, si salvo' li' dove tutti i suoi compagni erano morti, incapace di essere con gli altri fino in fondo.
Mentre correva per la strada si sentiva un traditore. Un traditore un'altra volta, maledettamente vivo comunque. La morte non lo voleva, la vita neppure. Penso' di non essere un tipo di cui potersi fidare. Diffidando cosi' pure di se stesso continuo' a correre. E si chiese se non fosse per caso lui la causa di tutto, se non fosse lui stesso, a sua insaputa, uno strumento dei Crow. Se non fosse che i Crow in realta' potevano inserirsi nei cervelli senza farsi accorgere, dominandoli da dentro. Magari servendosi degli occhi di una donna potevano prendere la tua anima e trasformarti in una spia. Continuo' a correre fino a sera, trascinandosi dolorante, alla fine, ma continuando comunque a spostarsi, incapace di fermarsi. Poi, giunto in un parco nella zona est dell'enorme citta', si cerco' una macchia di cespugli, si nascose dentro e si addormento'.
Mikaijll si sveglio' ma non desidero' alzarsi. Mikaijll resto' li' senza pensare. Mikaijll senz'anima solo come uno che non ha piu' nessuno che lo conosca. Mikaiill resto' li' il giorno dopo e la notte e il giorno dopo e il giorno seguente e solo dopo si alzo' trascinandosi come un uomo senza strada, andando verso nessun posto a bere tutto l'alcool, a fumare tutto l'hashish e mangiare dolci fatti con i frutti morti. Cosa avrebbe potuto fare lui contro i Crow? Un nemico cosi' astuto e inconsistente, cosi' inconcepibile, annidato nelle teste della gente. Come avrebbe potuto vendicare i suoi fratelli crudelmente sterminati? Mikaijll se ne stava cosi', dubitando da un dubbio all'altro. E cosi', nel dubbio, decise di non scegliere l'errore e resto' li' senza far nulla, nudo in una casa diroccata, rannicchiato per terra, ubriaco fradicio, incapace di intendere e di volere, distrutto, disfatto, morto e sepolto, senza piu' aria dentro, dissellato, mangiando biscotti, piselli in scatola, olive e farina cruda. Urlava i nomi dei suoi amici, vedeva i visi dei fratelli nei vetri delle finestre e si svegliava la notte alle loro grida. Delirava, parlava da solo, vomitava. Entrava e usciva da tutte le porte della sua mente: la chiamava, le chiedeva di amarlo, di spogliarsi, di dargli da bere, di portargli del gin, dei fiori... Ma non sapeva dove Ester potesse essere. La cercava con gli occhi, con le mani, con la bocca. Dov'era lei? Angelo intermittente, giallo uragano... dov'era?
Le telefonava facendo tutti i numeri, la cercava la notte nascosta sotto le macchine in sosta e sempre lei gli sfuggiva, saltando su un autobus che stava per partire. E la vedeva di lontano tra i bagliori, dietro i vetri dell'abitacolo. Innamorato. E tutta la strada era bagnata di sangue e solo morti incontrava sui marciapiedi. Folle ormai, la mente andata via, l'aveva lasciato. Sciolti gli ormeggi, nave senza vele, alba senza inizio, il niente tutt'intorno e dentro niente, soltanto niente.
La vita e' un rock molto duro e il sangue viene giu' dalle vene senza sosta. Non c'e' nessun posto dove la vita si fermi un attimo; non si puo' resistere, soltanto volare con lei. Cosi' pensava Mikaijll desideroso solo di non pensare piu' a niente. Mikaijll vagava per paesi e citta' e boschi e valli e luoghi che non avrebbe saputo definire. Non che a quei luoghi mancassero qualita' e caratteristiche chiaramente identificabili. Era al monaco che mancava una precisa facolta' di identificazione. Era come se il suo cervello fosse passato per un trita formaggio e in quel trattamento avesse perduto l'interesse per identificare le cose che gli stavano intorno. Da alcuni giorni, comunque, bivaccava in una foresta di gigantesche querce, faggi e olmi che sembrava non avessero mai conosciuto le frastuonanti lame a motore dei boscaioli.
Mikaijll Kandinski decise che voleva morire. Fu tutto inutile. Il suo corpo era diventato piu' duro dell'acciaio piu' duro. Voleva morire ma non sapeva come. Si lancio' da una rupe sopra una distesa di pietre aguzze, si schianto' al suolo ma non mori'. Cerco' di tagliarsi le vene con un coccio di bottiglia trovato vicino ai resti di un fuoco. Ma non mori'. Accese un grande fuoco e vi si getto' dentro ma i tizzoni ardenti non lo bruciarono, si getto' contro i muri fatiscenti di un rudere ma le pietre si sgretolavano sotto le sue testate, senza ferirlo. Terrorizzato comincio' a correre e a urlare. Ma le pietre sotto di lui si sfaldarono come una vasca di cenere. Allora prese un grande macigno e lo trascino' fino al fiume, ci si lego' e si butto' nell'acqua, per annegare. Anche con quella pietra continuo' a galleggiare. Non c'era niente da fare. Mangio' scaglie di vetro, funghi avvelenati, si lego' una corda intorno al collo e da un albero si butto' giu' per impiccarsi. Alla fine scavo' una fossa e sul bordo di questa accumulo' una montagnola di terra e sassi, trattenuta da alcuni rami, si stese dentro la buca e si fece precipitare addosso terra e sassi. Resto' li' sotto per giorni senza riuscire a morire. Poi comincio' a vagare come uno zombie.
A volte la vita e' troppo dura. Ti viene addosso tutta in una volta e non c'e' niente da fare. Puoi solo cadere. Morire stritolato. E cio' e' grande, l'ultima pieta' della vita, la morte, permette forse di rinascere, forse no, comunque permette di smettere di vivere. Mikaijll pensava questo, guardando il sole che nasceva, rosso, oltre le colline, presagio di notte. Mikaijll che non riusciva a morire. E viveva schiavo del suo orrore.