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MORBIDE GALASSIE di Jacopo Fo - Capitolo 9

MORBIDE GALASSIE
La vera storia di Mikaijll Kandinski, dell'invasione del mondo e dei mostruosi Crow

Capitolo 9

Mikaijll Kandinski stava seduto nel suo fantastico ufficio. C'era un disordine assoluto. Da 4 ore lui e Samuel erano chiusi li' dentro. Erano ubriachi fradici. Avevano capito che c'era qualche cosa che suonava falso... Ma non avrebbero mai immaginato...
Samuel stava dicendo: "Ma ci pensi, Mikaijll, quelle dodici ragazze erano macchine... Incredibile, Mikaijll, se tu me lo avessi detto (e bada che tu sei il mio miglior amico)... beh!, se tu me lo avessi detto, io non ti avrei mai creduto... Se chiunque me lo avesse detto non ci avrei creduto!!! E invece e' vero. Era tutta roba sintetica! Ma lo sai cosa mi ha detto Susan? Quella bionda coi capelli a caschetto che aveva uno stacco di gambe bestiale? Figurati che mi ha detto: "Amore mio, un giorno mi piacerebbe nascondermi con te e farlo sopra un albero. Quando ti guardo mi sento pulsare le emozioni dentro come il salire e scendere del sole..." e poi ha riso e ha detto: "Vedi che stupidaggini che mi fai dire?" ... Ma come fa un ammasso di bulloni a dire delle frasi cosi'..."
Mikaijll lo guardava di traverso, mezzo accasciato com'era sull'enorme poltrona di pelle magnetizzata. Apri' la bocca ma prima della voce gli usci' una specie di suono inarticolato:
"Le macchine sono una cosa fantastica... Fanno i cucchiai e i frullatori meglio di noi, perche' non dovrebbero fare meglio anche l'amore?"
"Sei una bestia senza sentimenti... Comunque dovremmo anche fare un discorso serio. Cosa ne facciamo dei Crow? Cosa ne facciamo della Morbide Galassie?"
"Mi sono dimenticato di chiederlo a Marilin 'O Connor... Aspetta che le telefono..."
"Senti, quella ha gia' rotto tutti i miei giocattoli... Non voglio fare nient'altro con lei... Piuttosto assalto il Parlamento armato di un sandwich al prosciutto!"
"Io ho un'idea geniale, ascolta Samuel! Le riattiviamo tutte! Apriamo un casino fantastico, lo chiamiamo: "La delizia delle regine Coan"! Sara' un successo Samuel! L'umanita' ci sara' grata... Loro non sanno cosa puo' farti un bimotore turbo se ci si mette d'impegno e poi quelle cambiano faccia come vuoi. Per una cifra iperbolica potremmo far scopare chiunque con una versione migliorata della donna dei suoi sogni, Ah! Buon Dio! Vedo gia' autotreni di denaro che ci arrivano da tutte le parti e tu che fai l'isterico perche' il piazzale e' gia' pieno e c'hai due miliardi di piastre in monetine da 7 centesimi che ti hanno inviato quei cretini della filiale di Baltimora..."
"Sei un imbecille, Mikaijll Kandinski. Dove li metti i Crow? Cosa facciamo? Li sterminiamo strozzandoli ogni volta che entrano nel nostro bordello?"
"Giusto! Facciamo cosi'! Per battere i Crow bisogna avere il potere! Giusto? Giusto! Allora noi non apriamo i casini; noi trasformiamo il potere in un casino; mandiamo tutte le ragazze al Parlamento con l'ordine di sbattersi tutti i capoccioni fino a che non firmano una legge che vieta i Crow! Se ci sono riuscite con noi due vuoi che non ci riescano col resto del mondo?"
"E quando ci mandano contro la Guardia Nazionale ci sbattiamo anche quella?"
"Ci sbattiamo? Nel senso di io e te? Samuel non avrai mica scoperto qualche cosa di latente?"
"Di latente qui c'e' solo la tua stupidita'... A volte sei scemo a volte sei idiota!"
"Sai perche' sei simpatico? Perche' non sei uno di quelli che stanno li' tutto il giorno ad adulare la gente... No, tu non sei cosi'!"
"Mikaijll, domani mattina 75.000 dipendenti della Morbide Galassie si presenteranno al lavoro... Cosa gli diciamo?"
"Diciamogli la verita'!"
"Non ci crederebbero, Mikaijll!"
"Allora mentiamo spudoratamente!"
"Troppo rischio! Credo sia meglio se facciamo finta di niente!"
"Tutte al mare! Se ci chiedono dove sono finite le ragazze, gli diciamo che sono andate tutte al mare!!!"
"Ok, Mikaijll, sono un idiota!"
"Non dire cosi'... Tutti possono sbagliare."
"Mikaijll dobbiamo riattivarle! Telefona a Marilin 'O Connor!"
"Non ho il numero di telefono!"
"Mikaijll Kandinski, alzati e combatti. Il genere umano ha bisogno di te!"
"Ok, Ok, non urlare! Guardo sull'elenco telefonico!"
Fu cosi' che Mikaijll Kandinski si alzo', non prima di aver fatto cadere, nel tentativo, quasi tutto quello che si trovava sul tavolo.

Marilin 'O Connor ci mise 10 ore a riattivare gli automi e a riprogrammare il circuito centrale che le governava. L'accordo era che la Morbide Galassie avrebbe continuato a esistere, nessuno aveva pero' le idee chiare sul da farsi... Ormai il progetto magico delle Regine Coan, evidentemente, era battuto. Era chiaro a tutti che si trattava di un'ipotesi troppo debole per avere successo. Marilin fu molto decisa su questo. Per avere qualche possibilita' di combinare qualche cosa bisognava saperne di piu'. Cosi' si decise che l'attivita' della ditta sarebbe continuata sul piano della ricerca.
I mesi che seguirono furono un continuo revisionare tutte le informazioni raccolte fino ad allora dalle Regine Coan alla ricerca di qualche cosa che fosse sfuggito loro; in fondo esse non cercavano veramente qualche cosa. Le loro azioni erano l'espressione di una intelligenza meccanica programmata secoli e secoli prima... Esse realizzavano soltanto un piano minuzioso, elaborato molto prima che il primo Crow iniziasse ad esistere.
Cosi' i 3 si divisero i compiti: Marilin avrebbe diretto le ricerche e la cervelleria, Samuel avrebbe garantito l'efficienza della ditta, Mikaijll avrebbe diretto l'attivita' commerciale e pubblica proteggendo la segretezza del loro progetto. La prudenza non e' mai troppa e non c'era motivo di fornirne ai Crow, qualunque cosa fossero, piu' informazioni del necessario.

Lavorarono tosto per molti mesi. Samuel nei momenti liberi continuava a rotolarsi con le sue 12 odalische; Mikaijll fece, ancora per un po' di tempo, l'amore con la pseudo-Ester ma dopo un po' si accorse che non gli piaceva piu', e smise. Chiaramente era autosuggestione ma sentiva odore di plastica. D'altra parte non fece piu' l'amore, neanche con Marilin.
Lei era bellissima ma la sua testa era altrove e non aveva l'aria di desiderarlo; forse era talmente convinta della sua bellezza che aveva voluto verificare se la sua fessura avesse proprieta' taumaturgiche e, visto che lui non era guarito dalla sua follia per l'altra donna, lei aveva perso ogni interesse. Comunque lui le era infinitamente grato per quello che aveva fatto. L'aveva scosso, strappandogli la crosta di grasso ghiacciato che gli ottundeva la mente.

Mikaijll non sopportava piu' di stare nella villa fortificata della ditta. Prese in affitto un appartamento nell'East-River vicino al quartiere universitario. Samuel gli disse che era pericoloso ma lui rispose che sarebbe stato piu' utile da morto che da non vivo. Li' dentro, in quel fortilizio popolato da automi, macchine e guardie armate, non riusciva piu' a vivere. Gli sembrava di udire un ronzio costante che non lo abbandonava mai e che gli succhiava l'aria.
Riusci' a trovare l'indirizzo di Ester, quella vera, quella con le carni pulsanti e la mente che poteva essere sconvolta dalle emozioni come una manciata di coriandoli lasciati su un tavolo, all'aperto, in una giornata di vento. Impiego' due giorni per scrivere a Ester una lettera lunga, piena di parole dolci, raccontandole del suo amore. Le disse che lo avrebbe potuto trovare la sera, la mattina e la notte a quell'indirizzo, Kubenstrasse 8, interno 16; quello che non le disse era che aveva saputo che lei frequentava la facolta' di fisica e che sarebbe andato a cercarla.
In realta' avrebbe voluto precipitarsi a casa sua ma l'orgoglio glielo impediva. Resisteva con tutte le sue forze a quell'impulso. Lui l'aveva sempre cercata, le aveva scritto e ora toccava a lei farsi vedere. Ma in realta' non riusciva a resistere completamente, percio' era ricorso a una mediazione, cercando la possibilita' di incontrarla, quasi per caso, in un terreno neutro. Cosi', quando aveva un po' di tempo, lo impegnava per andare all'universita' e girare per la facolta' di fisica sperando di incontrarla.
Mikaijll Kandinski girava per quegli immensi padiglioni per ore, soffermandosi talvolta ad ascoltare questo o quell'argomento di lezione, seduto in una classe, confuso tra la folla, con un ampio pastrano svasato e corto da studente. Stava li', fingendo interesse per i ponti a stantuffo di Pasternak, il trasparentismo della fine del 1900.
In realta' aspettava soltanto che la porta si aprisse e lei entrasse, bella come il sole e sorridente, con quei suoi capelli dipinti di biondo e d'argento. Buffa abitudine delle donne tingersi i capelli, astuto inganno, come sorridere con gli occhi pensando ad altro o dire:
"Ti voglio molto bene anche se non mi credi!"
Astuta soluzione, tra il dire e il fare, tingersi i capelli o portare strani anelli per potersene stare li' con gli occhi belli e far niente, senza che la gente ti chieda cosa fai. Ma lei non entrava. Ne' camminava nei corridoi, ne' beveva cappuccini al bar, ne' comprava avogadi ai banchi della frutta, ne' scendeva correndo dalle scalinate, ne' lo inseguiva urlando quando ormai lui se ne stava tornando a casa, ne' mai la incontrava sullo stesso autobus, ne' la trovava tornando a casa, che lei gia' l'aspettava, ne' lei arrivava mentre lui stava mangiando, ne' dopo, ne' piu' tardi, ne' poi.
E non arrivava mai la notte a svegliarlo mentre dormiva, ne' la mattina si infilava nel suo letto col cartoccetto del latte e le brioches. Ne' gli scriveva, nonostante lui avesse scritto il suo nome su una cassetta giu', nell'atrio, vicino alle altre. Ogni notte lei veniva a tormentarlo in sogno, amandolo con la passione dell'altra Ester, del robot, per poi tormentarlo, scherzando con altri uomini come una sgualdrina. E lui non capiva come poteva un tale sentimento essere cosi' forte. Sobbalzava ogni volta che sentiva l'ascensore fermarsi al suo piano. Ogni tanto gli pareva di sentire la sua voce e si voltava a cercarla con gli occhi... Ah... maledizione...! Mai la trovava!
A volte si chiedeva come Dio avesse fatto per inventare il suo seno. Che tipo di bevanda, o di droga, avesse sciolto le dita del creatore quella sera in quell'opera. Che giorno fosse stato, che luce avesse il sole, o quale malinconia avesse portato la notte quando Dio concepi' una cosa cosi' tenue.
Ah, volo di nuvole il suo sguardo sulle cose astruse meraviglie specchi profondi discosti come lune in un lago calmo la notte che il cielo si apri' volando e l'acqua cantava imitando la vita nel suo scorrere il mio cuore urla per la strada soffocando l'immobilita' delle cose la loro greve incoscienza. Gridi'o di rondini nell'alba fresca. Mai, stupide pietre, vi siete sciolte mentre lei vi guardava. Ignoranti cose! Come fate a non cambiare colore, innalzare il vostro peso, alzarvi e correrle dietro bruma dell'alba filistea bianca filo di vento spruzzo di mare nell'oceano immenso sublime concetto presagio di tempesta. Amen.

Mikaijll ogni giorno si impegnava come un bue nel lavoro per sfuggire la tensione che lo attanagliava. Il lavoro contro i Crow cresceva come un figlio cieco perche' ancora non si capiva se c'era un'appiglio contro i nuovi dominatori. Ogni notte cercava di riafferrare la calma interiore esplorando i suoi muscoli uno per uno, e i nervi e le vene e le ossa; non come il monaco che pratica la ricerca del nirvana ma come un turista giunto in un luogo sconosciuto.
Cercava un filo, in quel susseguirsi di segnali sensoriali, che lo conducesse in anfratti dimenticati di se'. Spiava ogni suo gesto osservando come guardava, come ascoltava, come sentiva gli odori. A volte provava piacere a volte orrore, stanchezza e noia. Come un tecnico elettronico che, aprendo una porta, si trova dinanzi all'esteso groviglio dei fili e dei cavi multicolori di tremila computer, ingarbugliati insieme tra di loro, sapendo che tocchera' a lui sbrogliare l'orrenda matassa. A volte tutto cio' gli sembrava inutile, tanto era stanco di spiarsi, incerto il risultato (come il continuare ad amare un amore non corrisposto). Era pazzo di lei.

Ma Ester non si fece mai vedere. Mai. Allora un mattino lui cedette al desiderio e ando' da lei. Si mise sotto casa sua e aspetto' di vederla uscire ma lei non usci'. Allora entro' nel palazzo. Il portiere lo blocco' e lui gli chiese di annunciarlo. Lei non lo fece salire ma scese. Lo saluto' come si puo' salutare un postino col quale si e' stati sposati un tempo ma al quale si e' legati, ora, soltanto dall'incresciosa formalita' della consegna della posta.
Uscirono per strada e lei lo guardo', mentre camminavano, come se non l'avesse mai visto bene in faccia. E lui si senti' come uno stupido a innaffiare con tanto amore una storia fatta di cosi' pochi, cosi' brevi, incontri.
"Cos'hai intenzione di fare adesso?"
"Come intenzione?... Che intenzione?... Perche' hai l'aria cosi' sospettosa? Cos'e'? Ti faccio paura?"
"Paura? Paura no! Io sono terrorizzata da te!!! Ci siamo visti tre volte! Mi prendi... Mi sbatti... Mi baci... Ogni volta che ti incontro succedono disastri, crollano case, mi fai volare... Mi trovo in mezzo a un massacro... Gente morta dappertutto... E poi chi ti ha chiesto niente? Ma tientelo il tuo amore... Mi scrivi che mi vuoi leccare! Ma tu sei pazzo credimi!"
"Non mi sembrava che ti dispiacesse volare!"
"Ok! Ok! Andare sul tuo tappeto volante e' stato carino! E, se vuoi, anche fare su e giu' con te e' stato carino! Ma adesso cosa devo fare? Mi devi venire dietro tutta la vita? Mica ti ho sposato! Cosa vuoi da me? Abbiamo fatto l'amore! Positivo! Ma adesso, se proprio mi vuoi bene, fammi il piacere di non scocciarmi piu'... E' chiuso! Ok?"
Lui la guardo' stupito come si guarda un albero che tira su le radici dalla terra e si mette a correre. La spinse leggermente in un portone aperto che dava sulla strada e, appena l'ombra di quell'anfratto li copri' un poco, la premette contro al muro col suo corpo e la bacio' come si bacia il proprio amore prima che l'universo finisca in maniera definitiva. Le labbra di lei negarono tutto quello che la sua bocca aveva appena detto e il suo corpo pure, stringendosi contro di lui.
Lui con il piede spinse il battente del portone che si mosse andando a chiudersi con un frastuono fragoroso che essi non ascoltarono, continuando a baciarsi. E lui le sollevo' la gonna e le strappo' gli slip di cotone trapunto; e lei comincio' a protestare e ansimare gemendo:
"No! No! Lasciami! Sei pazzo! Erano nuovi!"
E lui fece emergere quel che doveva dalla sua tunica color ocra chiara mentre lei lo colpiva con i pugni chiusi, ora continuando a baciarlo, ora imprecando esortazioni smozzicate. Lui si appunto' contro la sua rosa morbidamente straboccante e umida e lei continuo' a protestare anche mentre lui vi scivolava dentro. Poi lei sollevo' le ginocchia da terra restando avvinghiata soltanto a lui e al muro... Ma continuo' a protestare anche mentre stava venendo e si affievoli' solo quando incomincio' a venire lui.
Poi, dopo quel furioso minuto e cinque istanti di silenzio, lei riappoggio' i piedi per terra e lo fece sgusciare fuori. Si stacco' da lui e, chinandosi, raccolse i suoi slip bianchi, malamente lacerati, e gli disse:
"Sei proprio pazzo!"
E scivolando dal portale semiaperto spari' nella strada lasciandolo abbagliato dalla lama di luce che era riapparsa nell'androne buio e deserto. Era cosi' lei, penso' Mikaijll. Era come una carica di caprioli impazziti. Forse avrebbe potuto averla ancora cosi' ma forse non avrebbe mai potuto averla piu' di cosi'. Lei non sarebbe mai stata veramente sua, come niente sarebbe stato mai veramente suo in quel pianeta maledetto, in quella galassia impossibile fatta di forze magnetiche e palline di energia estremamente minuscole e veloci.